Le Università italiane producono falliti!
Qual è lo stato attuale delle Università italiane?
e quali sono i cambiamenti che tutti desideriamo?
L’Università deve essere un investimento!
I giovani devono poter mettere il loro futuro nelle mani delle Università italiane ed essere sicuri di avere in cambio preparazione, competenza e tutto quanto occorra per l’inserimento nel mercato del lavoro.
E’ un dato di fatto che le nostre Università vengono considerate vecchie in tutti i sensi, (tanto da scendere troppo in basso nelle classifiche) come vecchia è anche la nostra scuola e che per potersi mettere al passo con le quelle del resto del mondo devono essere riformate.
La riforma deve prevedere che finalmente il merito possa prevalere nelle nostre società e nelle nostre Università, che i privilegi dei professori e delle "baronie" non si perpetuino, lasciando, invece, spazio ad un cambio generazionale, che la produttività scientifica del nostro paese non sia più marginale ma all’avanguardia, che il sistema dei finanziamenti al mondo accademico sia maggiormente legato a singoli progetti di ricerca e non solo finalizzato al finanziamento degli stipendi e della gestione delle Università, che ci sia più immigrazione intellettuale, anziché emigrazione.
E, infine, che le nostre Università siano completamente indipendenti dalla politica!
I punti sui quali dovrebbe concentrarsi la riforma
Liberare gli atenei dai vincoli del pubblico impiego, sburocratizzare il sistema Universitario, rafforzare i criteri di selezione e valutazione dei docenti, magari valorizzando maggiormente le esperienze internazionali, creare un coordinamento di tutta la ricerca svolta in Italia, incentivare gli atenei a disfarsi delle proprie sedi distaccate, ma soprattutto potenziare il diritto allo studio.
Mr.Matteo Renzi sembra aver compreso questa situazione avendo dichiarato che: "Il 2015 è l’anno costituente per gli atenei".
Ma la domanda è: "riuscirà in questa impresa?"
Ricordiamo, infatti, che il maggiore ostacolo di questa riforma sta nel fatto che così si andrebbero a toccare le garanzie acquisite dai dipendenti degli atenei oggi inquadrati come pubblici impiegati.
Francamente, la vedo difficile anche che si accetti il coinvolgimento di soggetti privati nella governance e nei programmi universitari.
Simona
Blogger laureata per caso