L'Italia parla LIS: il nuovo corso di laurea a La Sapienza
Sicuramente un passo avanti per la didattica universitaria pubblica.
Da questo autunno, a La Sapienza di Roma, ci sarà un corso che punta all’inclusione e all’accessibilità al mondo lavorativo attraverso la formazione.
Ci si potrà infatti iscrivere al primo corso universitario in Italia sulla lingua dei segni. Il percorso includerà lo studio della semiotica e della filosofia del linguaggio, delle lingue segnate e parlate, dagli aspetti psicologici legati alla disabilità e degli aspetti normativi in merito.
Non si tratterà certamente di un corso solo teorico, gli studenti impareranno in modo pratico la lingua dei segni, quella tattile e avranno la possibilità di seguire degli stage formativi.
Quali sono le differenze con il corso dell’Ente Nazionale Sordi?
La triennale permette di acquisire competenze teoriche e pratiche per diventare un vero professionista nella mediazione linguistica e culturale.
Al termine del corso, i neolaureati avranno acquisito competenze che consentiranno loro di tradurre dalla LIS all’italiano e viceversa e potranno lavorare come interpreti, consulenti, accompagnatori turistici in Lingua dei Segni.
Già dal secondo anno ci saranno stage da 48 crediti formativi, per immergersi subito nel mondo del lavoro. Come sbocchi lavorativi ci sarà sempre più bisogno di figure con capacità critica per aiutare persone con disabilità e relative famiglie.
Il corso dell’ENS è qualcosa di più pratico e breve, se si hanno già determinate competenze e magari si vuole semplicemente una skill in più.
«Per la nostra Università è un motivo di grande orgoglio essere riusciti a costruire per primi questo nuovo percorso di laurea» ha dichiarato Antonella Polimeni, rettrice dell’Università.
«Gli iscritti acquisiranno specifiche competenze sia teoriche sia applicate che permettono di operare, in maniera critica e consapevole, nei vari ambiti della mediazione linguistica e culturale con la comunità segnante costituita da persone sorde e udenti e da persone con disabilità e comorbilità. Si tratta per la Sapienza di un impegno che non è solo didattico e scientifico, ma anche, vorrei dire soprattutto, civile e sociale».
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