Non esistono supereroi. Davanti alla malattia siamo forti ma fragili
Il confine tra opinione e religione è fondamentale ma spesso sottile e permeabile
Condividere il proprio punto di vista e/o la propria esperienza di vita con gli altri è un diritto sacrosanto, un’esigenza legittima. Raccontarsi è utile sia per chi lo fa che per chi ascolta, ma solo tenendo sempre presente che una porzione di realtà non esaurisce il tutto.
Il vissuto di una persona è per definizione soggettivo, dunque le riflessioni che ne scaturiscono sono inevitabilmente relative. Proporle con i toni di un dogma e con l’ottusa convinzione tipica dei fondamentalismi può rivelarsi non solo inquietante, ma anche pericoloso. Specialmente se a proporsi a maestro di vita è un personaggio pubblico. In tal caso, infatti, il rischio di legittimare messaggi slegati dalla realtà è più che tangibile.
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Essere propositivi, allenarsi a trovare stimoli e frammenti di gioia anche nei momenti difficili è fondamentale per vivere appieno la quotidianità, ma non mette al riparo da qualcosa che è connaturato con l’esistenza stessa. L’ottimismo non ci rende immuni dalla malattia e dalla morte, per quanto questa considerazione possa toglierci il fiato (parola di ipocondriaca).
Partiamo da un presupposto: impedire al cancro di monopolizzare energie e pensieri continuando a lavorare e coltivare rapporti interpersonali è fondamentale per non identificarsi con la malattia. Tuttavia, definirla un dono, o una benedizione, come spesso fanno personaggi pubblici e influencer, è quantomeno azzardato, perché propone una scivolosa equivalenza tra la loro personale esperienza e quello di migliaia di malati e delle loro famiglie.
Il fatto che nel loro specifico caso il cancro abbia portato momenti e sensazioni positive non può oscurare l’altra faccia della malattia. Quella che aggredisce fulminea, famelica e rabbiosa, strappando a morsi giorni e speranze.
Definire i tumori “tutti uguali” e dichiarare che per lottare contro di essi è sufficiente l’ottimismo rischia di svilire il dolore e la memoria di chi ha avuto una sorte diversa.
I tumori non sono tutti uguali, e profonde disparità esistono purtroppo anche nell’accesso alle cure. Rivolgersi a chi ha affrontato o sta affrontando un’esperienza del genere esordendo con un oggi vi spiego come rischia di suonare quasi beffardo. E apre la strada a una banalizzazione che può rivelarsi dannosa.
Combattere il cancro è qualcosa di incredibilmente più complesso che installare sul pc l’ultima versione di Firefox. Non esistono i tutorial in stile Aranzulla, quando c’è in gioco la vita. A volte convincersi del contrario può dare un conforto effimero, ma la verità è che non esiste detergente in grado di lavare via interamente e per sempre le angosce che accompagnano l’esistenza.
Il libero arbitrio è un dono, ma ha dei limiti che dobbiamo accettare, e che spesso passano per il nostro corpo. Ogni malattia porta con sé un margine di fragilità che non possiamo né quantificare né cancellare. Prenderne coscienza è un gesto d’amore, forse il più difficile, che dobbiamo a noi stessi.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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