Non tutti i musulmani sono cattivi
17.11.2015 09:22
Trasformare l’odio in energia positiva.
Susan Carland, docente alla Monash University di Melbourne, ha scelto di trasmettere al mondo tale messaggio. Troppe volte è stata negativamente etichettata sui social per la sua fede islamica. I tweet di disprezzo che quotidianamente riceveva sul profilo, dopo i recenti avvenimenti parigini, sono spaventosamente aumentati. La giovane professoressa ha così trovato il suo antidoto al risentimento: donare un dollaro a Unicef per ogni insulto ricevuto. Una soluzione pacifica e intelligente per reagire alla spirale di crudeltà che si può innescare di fronte a eventi come gli attentati del 13 novembre.
«Ricevo giornalmente messaggi, sia su Twitter che su Facebook, da parte di “coraggiosi sostenitori della libertà” che si nascondono dietro a account anonimi, in cui vengo accusata di amare l'oppressione, la guerra e il sessismo » ha raccontato la Carland. «Mi dicono che devo andare via dall'Australia, che devo morire, che sono una jihadista».
La caritatevole insegnante è in realtà una fervente sostenitrice dei diritti delle donne; viene infatti frequentemente invitata
dai canali di informazione mondiali a parlare dei suoi studi sul rapporto tra Islam e femminismo. Il marito, Waleseed Aly, è anch’egli una sorta di celebrità. Presentatore, maestro e dottore in Legge, copre eventi di attualità che spaziano dalla politica, al divertimento allo sport. Ci si riferisce spesso a questa giovane coppia come ai “Brangelina” musulmani: giovani , belli e interessati ai temi sociali. Eppure sono entrambi oggetto di astio da parte della comunità musulmana-australiana per non essersi dimostrati degni rappresentanti delle diverse etnie islamiche presenti nel Paese. Carica che peraltro nessuno dei due si era mai assunto. Nonostante le loro lotte sociali, ancora ricevono lettere di odio da chi non è d’accordo con le loro opinioni. Contemporaneamente sono guardati con sospetto dai cittadini d’oltreoceano proprio perché appartenenti a tale religione.
La conversione all’Islam non è mai stata un’imposizione per Susan, ma ha rappresentato una scelta. « A diciassette anni ho iniziato a studiare le diverse religioni. Quella musulmana la ritenevo sempre molto violenta, ma perché la mia conoscenza si limitava alle cose che avevo sentito nei film o che i media ci avevano raccontato. Un giorno in tv veniva trasmesso un documentario sull’argomento. Questo programma mi ha spinto a documentarmi. Pian piano, conoscendo di più tale fede, mi sono accorta che è la religione dell’amicizia e della pace. La cosa più importante era il fatto che i suoi insegnamenti, al contrario del Cristianesimo, parlavano di un Dio unico e non di una Trinità».
Susan ha affrontato molte difficoltà e ha perso quasi tutti i suoi amici decidendo di credere in Allah. E la sua battaglia non è ancora finita.
Tramite la sua iniziativa di raccolta ha finora accumulato mille dollari, ma la somma andrà probabilmente a crescere. « La maggior parte degli utenti che mi attaccano sono uomini. Persone infelici: la gente serena non fa queste cose».
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