Nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma
03.09.2015 14:57
Raccolgo quest’altra estate ormai agli sgoccioli.
La immaginavo differente.
Le avevo affidato dubbi e tormenti provando a convincermi che si sarebbe presa il suo tempo per poi restituirmi il lavoro fatto.
Invece nulla.
Mi riconsegna il pacco con questo bigliettino: «spero tu abbia recuperato le forze per la risoluzione del tuo cubo di Rubik. Al prossimo anno».
Insomma, vi sembra corretto? Mi tocca fare i conti ancora con tante piccole piccole frustrazioni irrisolte (e fingiamo siano piccole).
Credo il mio problema sia che non sono una di quelle donne che porta cipria e rossetto in borsa. No, non vado a incipriarmi il naso ogni venti minuti per restare impeccabile. Anche perché impeccabile non lo sono mai stata. Il pennello dell’ombretto lo intingo nelle espressioni, nei sorrisi e nelle lacrime. Coloro le gote con le risate che le sollevano o i giorni “no” che le tirano giù.
Sulle labbra ho il rosso acceso delle passioni che vivo o il pallore dei giorni in cui le mordo.
Certo, come tutte le donne conservo la mia percentuale di vanità, tuttavia, nelle mie borsette piene di caos, cipria e specchietti lasciano il posto a penne e block notes.
Già. Scrivere, annotare. Fermare gli istanti sulla carta… belli o brutti che siano.
Assurdo come si possa percepire il freddo sulla pelle in una giornata di fine agosto al limite dei trenta gradi.
Accade quando “senti” di dover mettere tutto ciò che hai e che hai sempre pensato di essere, in uno scatolone da chiudere con cura e riporre in un ampio armadio.
Sgomberare il campo da tutto ciò che è vecchio.
Una stanza vuota, un foglio bianco.
Dovremmo sempre essere pronti a scrivere una nuova storia. In fondo siamo in continuo divenire. «Nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma».
Ebbene sì, anche noi cambiamo continuamente; forse è per questo che trovo importante scrivere, avere sempre qualche ricordo appuntato, “un diario di bordo”.
Leggere le mie parole di qualche tempo fa mi insegna a conoscermi e a riconoscermi.
Identifico le costanti della mia personalità e le evoluzioni - talvolta le involuzioni - che ha subito.
Confesso che alcuni diari sono finiti dritti dritti nella pattumiera riletti a distanza. L’autocritica sembra non essere mai abbastanza e i ricorsi storici spesso danno noia. Ma anche quello è servito per aggiungere un tassello in più all’unica relazione che dura dal primo all’ultimo giorno di una vita: quella con se stessi.
Nessuno possiede il filtro della serenità, la ricetta del vivere bene.
Troppo ghiotta, a volte, la tentazione di abbandonarsi totalmente all’inconsapevolezza e alla superficialità, che regala anime in plexiglass “capaci” di trovare in modo meno faticoso un equilibrio. D’altra parte, il percorso verso l’autenticità è fatto di tante ferite e ginocchia sbucciate, ma ti dona il sole negli occhi e nel cuore non appena smettono di bruciare.
E voi? Da che parte state?