Pomodori cinesi nelle salse made in Italy? Ecco la verità
Pomodoro cinese o italiano?
Questo è il dilemma. Il servizio delle Iene di circa un mese fa ha reso due milioni di spettatori nostrani sospettosi sulla salsa di pomodoro che comprano. Nadia Toffa, front woman del video, afferma che i prodotti con la dicitura made in Italy sono realizzati in Italia in minima parte.
La materia prima verrebbe importata dalla Cina, dove i produttori commerciano concentrato di pomodoro in tutto il mondo. La pasta grezza, una volta arrivata a destinazione, verrebbe diluita da qualche stabilimento nostrano e venduta sugli scaffali del supermercato, con l'etichetta di grandi marche. Circa 20 mila tonnellate per 800 milioni di kg di prodotto finito. Ma c'è di più: le leggi orientali sui pesticidi non sono le stesse del Bel Paese; i limiti entro i quali le sostanze sono ritenute dannose per l' organismo umano hanno una soglia molto più alta. Un'operazione che viene fatta a favore dei prezzi bassi, cosa che confermano gli stessi esportatori del Sol Levante.
Attenzione però. Anche se il servizio è molto efficace, grazie alla parlantina della Toffa e al montaggio incalzante, le informazioni diffuse non sono del tutto vere. Ciò che sembra suggerire il video è che tutti i prodotti italiani vengano fatti con pomodori cinesi, mentre gli incriminati sono i sughi pronti, il ketchup e altre preparazioni. Qual è la differenza? Bottiglie di polpa o passata non c'entrano niente.
Grazie a una contro-intervista del Fatto Alimentare vengono messi in luce gli elementi deboli della tesi. Nel 99% dei casi i pomodori utilizzati sono coltivati e lavorati in Italia, come risulta dalle etichette dei brand più famosi. I barili blu riempiti di concentrato presenti nel filmato, che si afferma contengano pesticidi pericolosi e arrivino in Europa senza troppi controlli, non convincono. Nei dati del sistema rapido di allerta europeo, con sede a Bruxelles,si riscontrano solo due segnalazioni e entrambe non riguardano presenza di pesticidi o parassitari. Nel primo il carico era maleodorante, nell' altro si registrava presenza di istamina, causa di infiammazioni e allergie.
Inoltre, in nome del sensazionalismo, il problema viene ingigantito. Le reali importazioni dalla Cina sono un numero ridicolo, lo 0, 28% del totale. La maggioranza del carico arriva da California, Spagna, Portogallo e Grecia, pomodoro che viene utilizzato per il mercato europeo e non per prodotti in cui è ingrediente fondamentale. Inoltre, ci informa il team del Fatto alimentare, il misterioso richiamo a importatori italiani non è certificato. Potrebbe trattarsi di piccole aziende e non marchi noti al grande pubblico.
Il servizio include un'intervista anche a un noto produttore cinese che afferma di esportare in Italia circa 60mila tonnellate l'anno. Peccato che i dati ufficiali ne riportino solo 14mila. Le conseguenze del video potrebbero essere peggiori dei benefici, un autogol significativo per l'industria italiana poiché lo spettatore non ha spesso né la voglia né i mezzi di verificare le fonti.
Nadia Toffa rincara la dose con una petizione su Change. Org rivolta al Ministero e al premier Matteo Renzi. Nel testo si richiede che per ogni prodotto alimentare venga indicata l'origine degli ingredienti, come accade per l'olio extravergine. Ma sulle bottiglie viene specificato semplicemente se le olive sono di coltivazione europea o extra europea, elemento insufficiente per sostenere il marchio made in Italy. Forse, anziché fare allarmismo, sarebbe meglio concentrarsi su come viene prodotto il vero made in Italy, sicuramente più presente e diffuso della minoranza cinese.
Va bene che il pomodoro si sposa bene con la bufala, ma solo su un piatto da portata.
GUARDA Il VIDEO
di Irene Caltabiano
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