Quelle dighe che distruggeranno l'Amazzonia
L'Amazzonia e la sua gente sono in pericolo.
Il progetto del governo brasiliano prevede la costruzione di un’enorme diga sul Tapajos , fiume che scorre lungo 800 Km nel cuore della Stato di Parà, al nord della nazione. Alta cinquanta metri, lunga 7,6 km, avrà una capacità di ottomila megawatt, ed è solo una delle 40 dighe che verranno costruite.
Il maxi quadro edilizio sommergerà 400 km quadri di foresta pluviale, con abbattimento di alberi pari a un'area di circa 2.200 km. La struttura non solo deturperà il paesaggio, ma danneggerà anche le popolazioni locali con rilascio di metano, gas serra molto più potente della CO2. L’emissione nociva non solo ha già inficiato su diciotto popolazioni indigene, ma contribuirà all’aggravamento della situazione climatica mondiale. Il progetto del governo brasiliano diventa fine a sè stesso: l'inquinamento riduce la portata dei fiumi e se l’acqua diminuisce, non si riuscirà a produrre la quantità di energia prevista.
- ESISTE UN' ALTERNATIVA?
Se il governo brasiliano si sforzasse di investire sulle fonti eco-sostenibili ( eolica o solare) tali devastanti progetti non sarebbero più necessari. La soluzione migliore sarebbe stravolgere la politica energetica, ma è un'obiettivo che sembra ancora molto lontano. Nonostante l’IBMA ( Istituto Brasiliano delle Risorse Naturali Rinnovabili e Ambientali) avesse diffidato le autorità dall’iniziare il progetto, la valle del Tapajos non può ancora considerarsi al sicuro. La diga di Belomonte è stata bloccata in diverse occasioni ma adesso i lavori sono in corso. Un disastro di dimensioni impressionanti, compiuto senza il consenso dei Munduruku, popolo originario di quelle zone, che verrebbe automaticamente allontanato. La diga sarebbe la terza più grande del mondo dopo quella cinese delle Tre gole e quella di Taipu, tra il Brasile e il Paraguay.
Il progetto vede coinvolte diverse multinazionali, fra cui anche l’Eni, che ha infine rinunciato. Aziende che in Brasile sono già sottoprocesso per corruzione e tangenti.
Greenpeace sta chiedendo di fermare quest'abominio con la raccolta firme Amazzonia sbarrata. Basta sentirsi sollevati dalle responsabilità solo perchè, se accade dall'altra parte del mondo, non è affar nostro.
Irene Caltabiano
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