Come trasformare la guerra dei sessi in una vittoria per tutti?
Mettere piede in uno studio medico non è mai piacevole
Chiunque, potendo scegliere, preferirebbe impiegare il tempo dedicato a un consulto specialistico ad attività rilassanti e divertenti come un caffè tra amici, una mostra, o una gita fuori porta.
A incidere in modo sostanziale sul coefficiente di sgradevolezza di una visita medica concorrono svariati fattori, tra cui il tipo di consulto e l’approccio dello specialista a cui ci affidiamo. Così, gli scenari splatter vagheggiati prima di varcare la soglia di uno studio dentistico finiscono per essere quasi auspicabili, se confrontati con i possibili sviluppi di una visita ginecologica.
La mamma delle bizzoche è sempre incinta
Confesso di nutrire da sempre una certa diffidenza verso la sanità pubblica. Per anni mi sono chiesta se questo sentimento derivasse dall’ipocondria o fosse invece, più banalmente, conseguenza di esperienze poco felici con i medici convenzionati. Negli ultimi mesi, inaspettatamente, il caso ha congiurato per darmi una risposta, attraverso racconti e confidenze di amiche e conoscenti.
Ad accomunarle, lo scotto provocato dal mix di atteggiamenti bigotti, giudizi non richiesti e commenti in materia di maternità (e non solo) fuori luogo gentilmente offerto dai consultori. In confronto, la manualità degna di un camionista che ho sperimentato durante l’unico esame specialistico effettuato presso ASL circa 10 anni fa è apparsa quasi tollerabile.
Partendo dalla doverosa premessa che non è mia intenzione generalizzare o trinciare giudizi sulla sanità pubblica, che certamente presenta aree di eccellenza e professionisti umani e competenti, un fatto emerge con chiarezza. Un ambito quale quello della sessualità deve essere gestito da figure in grado di scindere l’aspetto sanitario da qualunque commento o valutazione personale collaterale. Ovvero, pago il ticket per fare il pap test e prevenire patologie che potrebbero compromettere la mia salute, non certo per sorbirmi la ramanzina di sconosciuti. Sconosciute, per la precisione.
Ho optato da tempo per un ginecologo privato: dover rinunciare a qualche uscita o a un pomeriggio di shopping mi pesa meno, se so di farlo per assicurarmi il supporto di uno specialista scrupoloso e che non parte per la tangente. Poco importa che appaia un po’ burbero.
Solidarietà femminile, questa sconosciuta
Ripensando alle numerose conversazioni sul collezionate sul tema, è stato inevitabile constatare, a malincuore, che effettivamente per noi donne è spesso difficile sviluppare autentica empatia. Dinamiche di competizione inconscia, come pure la tentazione di salire in cattedra esercitando una sedicente superiorità, per molte rappresentano un automatismo.
Si tratta quasi certamente di retaggi culturali, degli effetti collaterali di un’educazione spesso caratterizzata dal fatto che, quando un uomo agisce scorrettamente verso la sua compagna, si punta il dito contro l’altra, deresponsabilizzando completamente chi fino al giorno prima diceva di amarci.
Parità tra i sessi: NON basta la parola
Sconfortante ma vero. Ripetere come un mantra un’affermazione, colonizzare l’immaginario collettivo con una certa immagine, induce inevitabilmente la convinzione che tale rappresentazione abbia la consistenza di una realtà.
Così, l’icona imperante della bad girl, della donna che per sentirsi cool è impegnata in un costante braccio di ferro metaforico con gli uomini, accompagnato da una sistematica sessualizzazione, ha generato l’illusione plastificata che secoli di discriminazioni e abusi siano stati improvvisamente polverizzati. La quotidianità racconta però una storia diversa, fatta di femminicidi, processi sommari camuffati da visite ginecologiche, e casi cinematografici quali la saga delle Cinquanta Sfumature di.
Collezionare flirt come fossero paia di scarpe o orecchini non ci aiuterà a disintegrare il soffitto di cristallo. Tantomeno ci risparmierà commenti subumani del tipo “te la sei cercata” se subiremo attenzioni non gradite su un bus notturno mentre torniamo a casa.
La chiave di un reale cambiamento sta nelle mani di noi donne. Ognuna fare la propria parte. Chi è madre di figli maschi, ad esempio, partendo dalla loro educazione. Tutte, a mio modesto avviso, dovremmo avvertire – innanzitutto verso noi stesse – un imperativo categorico. L’eguaglianza tra persone non può prescindere dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle peculiarità dei generi, come pure dalla sincera volontà di ascoltare e comprendere l’altra versione della storia. Quella vissuta e raccontata dagli uomini.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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