Torno a Messina e apro una fattoria urbana. La storia di Marzia e di Villarè
Nostos, il ritorno
Ci sono momenti del percorso scolastico che rimangono impressi, parole magiche che sembrano segnare un destino.
Ricordo una delle prime interrogazioni sull’Odissea, se non la prima, in cui mi si chiese quale fosse la parola chiave nel brano che avevo appena letto.
Un po’ per fortuna, un po’ per istinto, risposi "nostos", che in greco significa "il ritorno".
Come l’asanisimasa di felliniana memoria, il ritorno, il dietrofront è diventato un mantra che tanti illustri scrittori (tanto per dirne uno, Elio Vittorini nelle sue "Conversazioni in Sicilia" o in tempi più recenti "Addio fantasmi" di Nadia Terranova) hanno affrontato come tematica anche in tempi recenti, quelle radici che diventano croce e delizia, che ci tengono ancorati ai profumi, agli odori, ai sapori della nostra terra.
Una nostalgia che, dopo qualche mese, abbiamo bisogno di colmare, a suon di granita, braciole e di immersioni nelle limpide acque tra Scilla e Cariddi, quasi ricaricassimo una bombola di ossigeno.
Come novelli Ulisse, tanti siciliani intraprendono il “viaggio”, con Itaca nel cuore. C'è chi però, dopo aver girovagato, come il prode eroe, intraprende la via di casa, arricchito dalle esperienze vissute.
Non sempre il ritorno è scevro da difficoltà, come cercava di dirci metaforicamente anche Omero secoli fa. Così, anche chi sceglie consapevolmente di costruire una vita sull’isola, deve combattere contro "i Proci" della diffidenza, della burocrazia, della mancanza di mezzi adeguati.
Villarè, la prima fattoria sociale di Messina
La nostra Ulisse questa volta si chiama Marzia Villari, intraprendente giovane che, dopo aver peregrinato tra Milano e Roma, ha deciso di tornare in riva allo Stretto, dove fonda e gestisce Villarè, fattoria urbana e azienda agricola, insieme a papà Angelo.
Come ho già sottolineato, e come ha rivelato la stessa Marzia durante una bella intervista su TempoStretto.it, uno dei principali giornali online locali, compiuta la maggiore età è quasi una tappa obbligata per aprire gli occhi sul mondo.
L’isola ti protegge ma ti fa vivere dentro una bolla. Non capisci bene come funziona "il mondo oltre la siepe", con abitudini diverse, un altro fermento culturale, e anche con una maggiore possibilità di scoperta.
Una bolla che Marzia ha purtroppo ritrovato una volta tornata in città. La sensazione che tutto fosse rimasto cristallizzato nel tempo, con pregi e difetti. Con una differenza: avere un progetto, una prospettiva.
Dai prodotti bio alla fattoria didattica
Villarè si potrebbe infatti definire il primo modello di fattoria sociale della città siciliana. La struttura è situata a Minissale, zona di campagna da sempre coltivata a vigneti, frutteti e ortaggi.
In questa meraviglioso terreno non solo si producono conserve, pane e sottoli con le verdure dell’orto, ma c’è un’attenzione particolare all’educazione di bimbi e adulti.
C’è la Fattoria delle Carezze, dove si può stare a contatto con la natura e scoprire tutte le curiosità sugli animali, il progetto Naturè, che riprende il concetto nordico di asilo nel bosco, con la didattica all’aperto e la natura come vera maestra, ed esperienze come la Green Bubble Room, che consente di fare gampling con la vista unica dello Stretto o ancora, Agrè, lo “chic-nic”, ovvero un’apericena dove si possono degustare tutti i prodotti dell’orto.
Nel periodo invernale si svolge al Mercato Coperto del Muricello, dove vengono venduti anche i prodotti dell’agriturismo, mentre d’estate il gustoso aperitivo si può prenotare direttamente sul posto. Ma le opzioni sono veramente tante, vi invito a visitare il sito per scoprirle tutte.
Insomma, chapeau a Marzia e alla sua famiglia, che hanno trasformato l’ormai tristemente famosa frase “A Messina non c’è nenti”, in un’opportunità.
Partendo dal niente, con una buona dose di impegno, coraggio e creatività, si può costruire qualsiasi cosa. Dando a Itaca la possibilità di evolvere. Magari, stavolta, restando.
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