Tutelare le colture simbolo dell’Italia a rischio? Difficile ma non impossibile
Si dice che l’uomo sia ciò che mangia
Probabilmente tale constatazione, solo apparentemente banale, ha influito profondamente sulle nostre abitudini, negli ultimi anni. Così, consapevolezza e qualità sono diventate imperativi travestiti da parole d’ordine.
In veste di consumatori, però, difficilmente ci fermiamo a riflettere su quanto investimento, materiale, umano e di tempo, sia necessario per preservare l’eccellenza agricola. D’altra parte, egoisticamente, chi non vorrebbe trovare al supermarket sotto casa i limoni della Costiera Amalfitana e il passito di Pantelleria, possibilmente a prezzi degni di Lidl ed Eurospin?
Queste produzioni, veri e propri fiori all’occhiello dell’italianità, si sono viste riconoscere una denominazione emblematica, ovvero quella di agricoltura eroica. Nelle prossime settimane il settore potrebbe essere, per la prima volta, mappato, contribuendo a una preliminare ma utile analisi delle sue dimensioni e peculiarità.
Agricoltura eroica: quando il nome dice già tutto
Tale concetto riguarda colture particolarmente significative sotto il duplice profilo territoriale e alimentare. Prodotti quali i limoni di Amalfi e l’uva di Pantelleria costituiscono veri e propri baluardi dell’eccezionale biodiversità che caratterizza l’Italia.
L’agricoltura eroica è quindi uno strumento prezioso, nell’ottica della tutela e della diffusione di tradizioni antiche e localmente radicate. Come definire diversamente i contadini che, testardamente, dedicano passione e fatica fisica a prodotti che vedono la luce su terreni poco fertili e inseriti in contesti geografici ostili, dove è praticamente impossibile utilizzare macchinari moderni?
Agricoltori Custodi sono invece denominati coloro i quali portano avanti produzioni di eccellenza avviate dagli antenati. Un compito non facile, dovendosi confrontare quotidianamente con le pretese di perfezione estetica e conservabilità che animano il mercato.
Per difendere un tesoro bisogna prima portarlo alla luce
Recentemente il Ministero per le Politiche Agricole ha attivato le procedure di censimento dell’agricoltura eroica. Fino al prossimo 12 marzo, infatti, le aziende che ritengono di appartenere alla categoria potranno compilare l’apposito form presente sul sito istituzionale, indicando i propri contatti, l’attività svolta e l’area geografica di riferimento.
L’intento del Ministero è tracciare un quadro delle colture eroiche presenti in Italia, così da evidenziare le caratteristiche peculiari del settore e le criticità più comuni.
Il provvedimento, pur meritorio sulla carta, ha comprensibilmente suscitato alcune perplessità a causa delle tempistiche. Infatti, si era cominciato a parlare di un censimento un anno e mezzo fa; inevitabile, quindi, ricollegare l’improvviso “attivismo” ministeriale con l’imminente scadenza elettorale.
La mappatura potrebbe comunque dischiudere scenari interessanti, se si innescherà dal basso una spinta propulsiva e di condivisione. Il potere contrattuale e morale degli agricoltori eroici sarebbe ineludibile, se questi facessero rete; l’esigenza di riappropriarsi delle punte di diamante dell’italianità e valorizzarle è infatti ormai insopprimibile, non solo per una questione di orgoglio identitario, ma anche e soprattutto nell’ottica di un irrobustimento dell’economia e della creazione di nuovi posti di lavoro.
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