Visibile ma non in vista. Così la Stanza delle Idee lavora per aiutare le aziende in crisi
13.07.2017 15:54
Il peggior modo di affrontare un problema è affidarsi a proclami e dichiarazioni d’intenti superiori alle proprie forze. In un certo senso, si può dire che chi sceglie questo approccio, sostanzialmente, rinuncia a cambiare davvero lo stato delle cose.
Contestualmente, spesso le esperienze più autentiche e convincenti arrivano dal territorio, magari da realtà circoscritte che mettono a frutto le competenze di ciascuno e i rapporti sociali. Da qui nascono interventi correttivi mirati, specifici … e risolutivi. Buone prassi che, se rese note, possono rappresentare un esempio istruttivo per altri. Eppure, il corto circuito del sistema sembra essere proprio questo: una carenza/assenza di informazioni strategiche, come sottolinea Riccardo Palmerini. Qui di seguito la seconda parte della sua intervista. (Clicca qui per leggere la prima)
5) Collaborate anche con realtà che operano sul territorio con finalità analoghe? Penso ad esempio al Numero Verde InOltre promosso dalla Regione Veneto (https://www.formicargentina.it/news/il-primo-passo-per-uscire-dalla-crisi-e-chiedere-aiuto-l-esperienza-di-inoltre/ )
Il nostro orientamento è alla rete, con qualunque soggetto. Mettiamo in connessione i professionisti, le associazioni, le università e, in generale, chiunque voglia collaborare, fornendo supporto ma anche semplicemente sottoponendo domande che stimolino la ricerca di risposte. Interagiamo anche a livello istituzionale, con più riscontro di quanto normalmente non si sia portati a pensare.
Ogni volta che troviamo una risposta o la possibile soluzione a un problema, la diffondiamo all’interno dell’intera rete, così da mettere tutti nelle condizioni migliori per aiutare chi si trova in difficoltà. Questa iniziativa non vuole appropriarsi di nulla: piuttosto, intende aiutare a trovare strategie utili a prevenire problemi. Ignorare le difficoltà di tante piccole e micro-imprese sta di fatto falcidiando un’importante parte del tessuto economico del Nord-Est e di tanta parte di Italia, con conseguenze pesanti sulle persone e sulle famiglie.
6) Qual è lo stato di attuazione del Fondo Serenella?
I fondi sono di fatto due, a oggi. Uno nazionale, che ha recentemente visto l’estensione dell’accesso a chiunque abbia aperto un procedimento, trovandosi nelle condizioni di presentare denuncia per i reati previsti dalla legge che lo istituisce. Questo è il vero senso dell’iniziativa: incentivare la segnalazione delle anomalie. Non si tratta “solo” di aiutare chi si trova in crisi di liquidità per dolo di terzi, ma di identificare le storture e legiferare così da bonificare il mercato.
L’altro fondo, quello della Regione Veneto, ha chiuso la propria call a fine giugno, ma confidiamo in una riapertura dei termini.
Poca e insufficiente è stata l’informazione da parte dei soggetti che operano (e qui non mi riferisco alla politica). In ogni caso, a ora ci risulta che una ventina di aziende abbiano presentato domanda con titolo al fondo nazionale e una decina circa a quello regionale.
7) Qual è il bilancio provvisorio della vostra attività?
Oltre 40, tra ditte individuali e imprese di discrete dimensioni, si sono rivolte all’associazione. Alcune stanno lentamente uscendo dalla situazione di estrema difficoltà; altre vengono supportate per consentirli di arrivare a una chiusura che salvaguardi le persone e i beni personali, oltre che i creditori. Spesso sono proprio questi ultimi i più soddisfatti: aziende o banche, infatti, apprezzano il lavoro potendone direttamente misurare il risultato.
Stiamo intervenendo anche su proposte per un futuro più agevole per le imprese, su tavoli importanti e con confronti aperti e leali. Nessuno scontro, ma nessun buonismo. Non vogliamo guerre e cerchiamo di non alzare i toni; visibili ma non in vista.
Siamo abbastanza soddisfatti di quanto fatto in questo periodo, anche se siamo altrettanto consapevoli non sia abbastanza.
Serve fare un salto di qualità, mantenendo ben saldo il concetto di lavoro: in associazione si lavora non per incrementare il numero dei tesserati (anche se molti ci suggeriscono questa via), ma di chi chiede aiuto e di chi sia in grado di fornirlo.
Il peggior modo di affrontare un problema è affidarsi a proclami e dichiarazioni d’intenti superiori alle proprie forze
In un certo senso, si può dire che chi sceglie questo approccio, sostanzialmente, rinuncia a cambiare davvero lo stato delle cose.
Contestualmente, spesso le esperienze più autentiche e convincenti arrivano dal territorio, magari da realtà circoscritte che mettono a frutto le competenze di ciascuno e i rapporti sociali. Da qui nascono interventi correttivi mirati, specifici … e risolutivi. Buone prassi che, se rese note, possono rappresentare un esempio istruttivo per altri. Eppure, il corto circuito del sistema sembra essere proprio questo: una carenza/assenza di informazioni strategiche, come sottolinea Riccardo Palmerini. Qui di seguito la seconda parte della sua intervista. (Clicca qui per leggere la prima)
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Collaborate anche con realtà che operano sul territorio con finalità analoghe?
Il nostro orientamento è alla rete, con qualunque soggetto. Mettiamo in connessione i professionisti, le associazioni, le università e, in generale, chiunque voglia collaborare, fornendo supporto ma anche semplicemente sottoponendo domande che stimolino la ricerca di risposte. Interagiamo anche a livello istituzionale, con più riscontro di quanto normalmente non si sia portati a pensare.
Ogni volta che troviamo una risposta o la possibile soluzione a un problema, la diffondiamo all’interno dell’intera rete, così da mettere tutti nelle condizioni migliori per aiutare chi si trova in difficoltà. Questa iniziativa non vuole appropriarsi di nulla: piuttosto, intende aiutare a trovare strategie utili a prevenire problemi. Ignorare le difficoltà di tante piccole e micro-imprese sta di fatto falcidiando un’importante parte del tessuto economico del Nord-Est e di tanta parte di Italia, con conseguenze pesanti sulle persone e sulle famiglie.
Qual è lo stato di attuazione del Fondo Serenella?
I fondi sono di fatto due, a oggi. Uno nazionale, che ha recentemente visto l’estensione dell’accesso a chiunque abbia aperto un procedimento, trovandosi nelle condizioni di presentare denuncia per i reati previsti dalla legge che lo istituisce. Questo è il vero senso dell’iniziativa: incentivare la segnalazione delle anomalie. Non si tratta “solo” di aiutare chi si trova in crisi di liquidità per dolo di terzi, ma di identificare le storture e legiferare così da bonificare il mercato.
L’altro fondo, quello della Regione Veneto, ha chiuso la propria call a fine giugno, ma confidiamo in una riapertura dei termini.
Poca e insufficiente è stata l’informazione da parte dei soggetti che operano (e qui non mi riferisco alla politica). In ogni caso, a ora ci risulta che una ventina di aziende abbiano presentato domanda con titolo al fondo nazionale e una decina circa a quello regionale.
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Qual è il bilancio provvisorio della vostra attività?
Oltre 40, tra ditte individuali e imprese di discrete dimensioni, si sono rivolte all’associazione. Alcune stanno lentamente uscendo dalla situazione di estrema difficoltà; altre vengono supportate per consentirli di arrivare a una chiusura che salvaguardi le persone e i beni personali, oltre che i creditori. Spesso sono proprio questi ultimi i più soddisfatti: aziende o banche, infatti, apprezzano il lavoro potendone direttamente misurare il risultato.
Stiamo intervenendo anche su proposte per un futuro più agevole per le imprese, su tavoli importanti e con confronti aperti e leali. Nessuno scontro, ma nessun buonismo. Non vogliamo guerre e cerchiamo di non alzare i toni; visibili ma non in vista.
Siamo abbastanza soddisfatti di quanto fatto in questo periodo, anche se siamo altrettanto consapevoli non sia abbastanza.
Serve fare un salto di qualità, mantenendo ben saldo il concetto di lavoro: in associazione si lavora non per incrementare il numero dei tesserati (anche se molti ci suggeriscono questa via), ma di chi chiede aiuto e di chi sia in grado di fornirlo.