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La pausa perfetta per ricaricarsi è di 75 minuti. Parola dei deputati inglesi

Vi è mai capitato di fare pausa pranzo e pensare: oddio, ma è già finita?

stress lavorativoO tornare in ufficio più “assenti” di prima, incapaci di concentrarvi e dare il meglio di voi?

Secondo quanto suggerito dai deputati inglesi, un break adeguato migliorerebbe le nostre prestazioni, rendendoci più produttivi e concentrati.

Lo studio, presentato dai parlamentari in riferimento al tempo di pausa nelle scuole, nasce da un rapporto incentrato su un progetto dedicato all’ “infanzia sana e in forma”.

bambiniI parlamentari hanno criticato i tagli effettuati al tempo di break dei bambini nelle scuole, eroso sempre di più, tanto da essere addirittura eliminato in alcuni istituti scolastici.

Il tempo di inattività lontano dalla classe, soprattutto se all’aria aperta, sarebbe invece fondamentale per la salute e la forma fisica degli alunni. Da qui la proposta di stabilire per legge un diritto legale a settantacinque minuti di pausa ogni dì, ovvero un’ora e un quarto al giorno. Una proposta volta a estendere tale diritto anche agli adulti, per renderli più sani, felici e produttivi.

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Ma perché settantacinque minuti?

pausa pranzo12Secondo gli studi, sarebbe questo il tempo giusto per ricaricarsi al meglio e tornare a essere produttivi e concentrati.

Ma quali sono i benefici di un break giusto per ogni lavoratore?

Come dimostrato da diverse ricerche una pausa un po’ più lunga della canonica, per varie categorie di lavoratori, porterebbe a giovamenti quali l’aumento della produttività, la diminuzione dello stress e dei problemi di sonno dei dipendenti. Oltre che all’opportunità di instaurare relazioni sociali tra colleghi.

Altri studi avevano già confermato come fare brevi pause, soprattutto se si lavora davanti al computer, ogni 20- 40 minuti, riduca significativamente i dolori fisici, soprattutto quelli a collo e spalle.

Questo perché la nostra concentrazione cala fisiologicamente durante la giornata: se verso le 11 raggiungiamo il picco di produttività, alle 16 c’è un crollo di attenzione e prendersi il giusto break potrebbe rappresentare la ricarica migliore.

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E in Italia?

pausa pranzo12Da qui l’importanza di questa legge, che favorirebbe il miglioramento della qualità del lavoro rapportata al tempo dedicatogli.

Un’iniziativa che meriterebbe di essere adottata anche qui in Italia, specialmente all’avvicinarsi della stagione estiva, in cui le energie si dimezzano a causa del caldo e della stanchezza accumulata durante l’anno. Ma ci sarà mai in Italia una legge così?

Intanto, nell’attesa di ottenere il “diritto” a una pausa più lunga, potremmo cominciare a sfruttare il nostro “break” in maniera intelligente, chiacchierando con i colleghi, appisolandoci qualche minuto o facendo una passeggiata.

Senza spendere troppo tempo sui social, un’attività che spesso non è la soluzione per far evadere il cervello, anzi…

È proprio il caso di dire… take a break! Ma fatelo in modo intelligente!

magda mangano

 

di Magda Mangano

 

 

 

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Momento di crisi? Prova la monk chat!

Parla con il monaco

monkchatIn un precedente articolo avevo scritto una lista di rimedi contro stati d’ansia e depressivi (per chi non l'avesse ancora letto, eccolo qui)

Uno dei modi migliori per combattere lo stress era da ricercare nella meditazione e in generale nel buddismo. Oggi, siccome mi piace la cioccolata e la coerenza, sono dello stesso avviso, e navigando navigando ho scoperto che esiste la Monk chat!

Facciamo una premessa doverosa. Se siete in un momento della vostra vita in cui avete per la testa più domande che risposte e se Alexa non è riuscita a illuminarvi in modo soddisfacente, chissà che questa pratica non faccia al caso vostro.

In qualche paese, (non molti in realtà), è possibile fare una “chiacchierata con il monaco”. Si può quindi parlare di ciò che volete con un monaco buddhista.

Come funziona?

monk chat12Si tratta di un’abitudine diffusa soprattutto nel Nord della Thailandia, più precisamente a Chiang Mai.

Ci sono incontri organizzati fra i monaci e chiunque voglia parlare con i simpatici santoni. L’incontro dura 15 minuti.

So cosa state pensando.

Farò ore e ore di aereo e spenderò una fortuna, per cosa? Per un quarto d’ora di chiacchierata con un monaco?! Intanto visiterete la Thailandia che pare sia bellissima.

Inoltre rallegratevi: c’è gente che spende soldi per andare a Medjugorje e sentir parlare la Madonna.

Potreste scegliere inoltre o di fare cionversazione con un monaco random oppure con il monaco anziano che essendo più grande e saggio immagino che abbia più buddità da donare.

Leggi anche: Elisir di lunga vita? Imparate dai monaci tibetani

Quanto costa?

monk chat 12Non costa, nel senso che si lascia un’offerta libera (quindi mi raccomando non fate i soliti spilorci!)

 A volte, durante le sessioni di incontro, può capitare che se sei proprio un caso disperato, il monaco ti può invitare a seguirlo nel parco.

In quel caso non ci sono limiti di tempo (e significa che siete proprio messi male). Immersi nella natura e senza rotture, il monaco parla con te perché ha visto un interesse vero, insomma si deve creare la connessione, tipo quella fra i Na'vi e gli animali in Avatar.

 I pochi fortunati che hanno avuto il privilegio di parlare nel parco raccontano di un’esperienza unica.

Mollo tutto, scopro l'India e insegno meditazione ai manager

Le domande più gettonate

buddha1I quesiti da porre sono molti e si può chiedere ciò che si vuole. Per i più curiosi e meno spiritualisti, si possono fare domande sulla vita dei monaci, tipo: perché proprio l’arancione, perché senza capelli? ( io vi consiglierei, dopo essere arrivati fino in Thailandia, di chiedere qualcosa di più personale).

Se c'è in voi una certa vis polemica, potete anche chiedere perchè tutti sacerdoti e dove siano le sacerdotesse.

Se invece siete sulla trentina e pensate che Alessandro Magno alla vostra età aveva già conquistato mezzo mondo, deprimetevi a dovere e poi magari schiaritevi le idee, cominciando quantomeno a conquistare un posto lavorativo.

monk chat22Comunque è vero che una delle domande più gettonate riguarda il come si faccia a diventare monaci. Non c’è un’università di buddismo e di fatti chiunque può diventarlo. L’età non conta ma comunque non prima dei 21 anni.

Attenzione però: esistono regole ferree sul modi di approcciarsi ai monaci. Noi donne per esempio, se incontriamo un monaco non possiamo semplicemente fermarlo e parlarci. Bisogna rispettare i voti di castità e quindi evitare di “distrarlo”. Ciò nonostante possiamo fare la Monk chat.

Ai monaci inoltre bisogna lasciare il posto sull’autobus, cercando di non toccare, baciare, abbracciare, lettera o testamento.

 Le Monk Chat sono nate qualche anno fa e rispondono all’esigenza mostrata dai diversi turisti che in passato arrivavano in Thailandia e restavano ammaliate dalla cultura e dalla religione buddhista.

Gli scopi del dialogo?

Il primo, naturalmente, è avvicinare lo straniero a questa meravigliosa cultura, capire la religione, lo stile di vita dei monaci etc.

Il secondo scopo è consentire al monaco di turno di fare pratica con l’inglese.

Ah non ve l'ho detto? Prima di chiudere la valigia assicuratevi che ci sia un vocabolario dentro, si parla solo in inglese!

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di Sara Salini

 

 

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Housing first: la casa è un punto di partenza

Home sweet home… ma sarà davvero così?

caseQuanto può essere importante avere un tetto sopra la testa? Sentirsi accolti in un luogo protetto e sicuro?

Cosa si prova a non avere una casa in cui tornare la sera?

Housing First si basa su questo concetto per contrastare la marginalità sociale: la casa è un punto di partenza per la riqualificazione sociale ,non un punto di arrivo.

Housing First è un’iniziativa nata in Finlandia ma che si è velocemente diffusa in tutta Europa, arrivando a straordinari risultati.

Leggi anche: Passivdom, una casa nuova ed ecologica in sole 8 ore

La casa è un diritto

housing first"La casa prima di tutto "è un progetto nato circa dieci anni fa per iniziativa di un sociologo, un medico, un vescovo e un politico che intervennero nel rapporto Nimi Ovessa (il tuo nome sulla porta).

I quattro cercavano una soluzione a lungo termine per garantire una casa a chi non l’aveva, consci del fatto che le politiche adottate fino a quel momento si erano dimostrate fallimentari.

Soluzioni temporanee in cui i senzatetto venivano ospitati durante i mesi freddi e i centri di accoglienza divenivano luoghi in cui violenza e degrado dilagavano, facendo preferire ai clochard di dormire in strada anziché essere ospitati in luoghi ancora più pericolosi.

Leggi anche: Homeless tourism, gli itinerari alternativi dei senza tetto

La casa come punto di partenza

housing firstMolti programmi di accoglienza poi richiedevano requisiti che i senzatetto non riuscivano a soddisfare, come l’aver risolto dipendenze da droghe o alcool: chi vive per strada e non ha un lavoro cade spesso in questi tunnel e uscirne non è facile.

Housing First invece ha scelto di partire da una nuova consapevolezza: la casa non come punto di arrivo, ma come partenza per consentire alle persone di ricostruire la propria vita.  

“Ho vissuto in alcune comuni, ma tutti si drogavano e sono dovuto andarmene. Ho avuto relazioni sbagliate, ho dormito sul divano di mio fratello. Sono stato in un dormitorio. Non ho mai avuto una casa mia. Questa per me è una cosa fantastica”.

Ha dichiarato Tatu Ainesmaa, un 32enne che ha ottenuto la casa grazie a questa iniziativa.

Requisiti necessari per Housing First

housing first13Le abitazioni, di proprietà del comune di Helsinki e spesso frutto della riconversione di ostelli o strutture ricettive preesistenti, che vengono date in affido senza troppe condizioni per un periodo di prova di tre mesi, a seguito dei quali, viene somministrato un contratto di affitto.

Se l’inquilino ha una fonte di reddito, gli sarà richiesto in parte di contribuire alle spese.

Per quanto tempo i senzatetto potranno usare queste case?

A tempo indeterminato. A patto che non si infrangano certe regole, come quella di non introdurre in casa alcool o droghe.

Una volta “allocati”, i nuovi inquilini saranno accompagnati in un percorso di reinserimento sociale e lavorativo che prevede la risoluzione di eventuali dipendenze e la ricerca di un’occupazione.

L’iniziativa ha creato 3.500 alloggi, riducendo del 30% il numero dei senzatetto finlandesi.

È proprio il caso di dire che certe volte una casa può salvarti la vita!

magda mangano

 

di Magda Mangano



 

 

 

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