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«Il corpo non è una sofferenza, ma una fonte di piacere»

Corpi femminili perfetti.

intimissimiCartelloni pubblicitari con ragazze che ammiccano, fisici maschili scolpiti e desiderabili. Nonostante siamo quotidianamente sovrastimolati, di sessualità e delle sue mille sfaccettature sappiamo ben poco. E se l’eros a volte è un tabù per chi non ha nessun tipo di difficoltà fisica, figuriamoci per le persone che, dalla nascita o per le circostanze della vita, non possono vivere l’intimità nel modo canonico. Se poi esiste davvero, questo modo canonico.

Assistenza sessuale, una lunga battaglia

maximilian-ulivieri

Sesso e disabilità. Un tema che mette a disagio perché, nell’immaginario comune, chi ha handicap fisici non fa sesso. Anzi, non desidera nemmeno una vita sessuale.

 È sempre stimolante scoprire qualcosa che invita a riflettere su argomenti lontani dalle percezioni quotidiane, realtà che sfidano gli schemi sociali. Ciò che mi è capitato stamattina con un articolo sugli assistenti sessuali per disabili.

Non sex worker, ma figure professionali complesse, che certamente necessitano di regolamentazione ufficiale. Un mestiere già ufficializzato in Danimarca, Olanda, Svizzera, Germania e Austria ma non ancora riconosciuto in Italia, dove in Parlamento dorme un disegno di legge mai calendarizzato.

La strada da fare è lunga e, come spesso avviene, società e istituzioni non avanzano alla stessa velocità. Dunque, se Maometto non va alla montagna, tocca ai soggetti interessati spezzare le catene dei luoghi comuni.

«Finora abbiamo aspettato la politica, perché avremmo preferito muoverci nel quadro di una legge nazionale e regionale. Ma nessuno ci ascolta, quindi abbiamo deciso di auto-autorizzarci» dice Max Ulivieri, in un’intervista rilasciata a Repubblica. Quarantasei anni, web designer, è tra i fondatori di Lovegiver, prima associazione italiana a svolgere corsi professionalizzanti per assistenti sessuali.

Chi sono gli OACS

assistenti-sessualiIl primo si è tenuto da giugno a novembre a Bologna, un weekend al mese. I partecipanti? Persone molto diverse fra loro, di qualsiasi orientamento sessuale, ma con una qualità in comune: la capacità di entrare in profondo contatto con gli altri.

“L’assistenza alla sessualità a persone con disabilità rappresenta un concetto che racchiude allo stesso tempo “rispetto” e “educazione”, che solo per un paese civile può rappresentare la massima espressione del “diritto alla salute e al benessere psicofisico e sessuale”. Queste le prime righe del sito sul corso che forma gli OACS  (Operatori all’emotività, all’affettività e alla sessualità delle persone con disabilità) .

Definirli semplicemente assistenti sessuali infatti sarebbe riduttivo. Gli aspiranti operatori si sottopongono a un’accurata selezione e una lunga formazione. L’attenzione non è legata al processo “meccanico” del rapporto ma coinvolge la sfera sensoriale-affettiva. Il primo obiettivo? Far riscoprire il corpo come fonte di piacere e non di sofferenza.

«In quattro anni abbiamo raccolto 2137 richieste, gran parte da parte di genitori di ragazzi con disabilità sia fisiche che cognitive. Ci sono madri costrette a masturbare i propri figli, altri ricorrono alla prostituzione. Spesso negli istituti di cura vengono somministrati calmanti. Sono storie tristi e io mi sono stufato di ascoltarle» dice Ulivieri.  

Un intero mondo di piacere alternativo

Non si tratta di fornire prestazioni sessuali tout court, ma di esperienza erotica e sensuale. Attraverso il contatto con l’altro, si arriva alla scoperta dei propri centri di piacere passando dal semplice massaggio fino alla stimolazione di determinate zone per giungere all’orgasmo. Il numero di incontri tra “cliente e assistente” è stabilito fin dall’inizio, pratica utile a mantenere un certo distacco emotivo da parte di entrambi.

«C’è un intero mondo di piacere alternativo. È importante la fantasia. E distendersi sopra un corpo, che trasmette calore, può dare le stesse emozioni del sesso» dice Lisa, 45  anni, alle spalle anni di volontariato con i ragazzi down e allieva del corso per diventare assistente professionista.

 

Nel suo caso la scelta è stata determinata da un particolare evento personale, un inaspettato punto di svolta che l’ ha spinta ad avvicinarsi a questo specifico mestiere. «Ero in moto, in montagna, con il mio compagno. Davanti a noi viaggiava un altro motociclista. La strada era stretta: un’auto che arrivava dalla parte opposta ha invaso la nostra corsia. Il motociclista l’ha schivata, ma è finito nel burrone. Il pirata non si è fermato: noi siamo stati i primi e unici soccorritori».

Il ragazzo rimasto vittima dell’incidente si è salvato ma purtroppo è rimasto in carrozzina. «Aveva una trentina d’anni ed era bellissimo. Siamo diventati amici. È entrato presto in confidenza con il mio compagno, e dopo qualche mese gli ha raccontato di quanto gli mancasse la sfera sessuale».

Da qualche mese Lisa si era già avvicinata all’associazione Lovegiver e, parlandone con il compagno, lui stesso gli ha suggerito di sperimentare ciò che aveva imparato con l’amico comune.  «Io ho accettato, e il mio compagno l’ha proposto a lui, che in un primo momento era incredulo, poi è stato felice.Quell’esperienza ha dato molto anche a me. Mi ha dato energia, emozioni. Mi sono sentita veramente utile, ed è difficile che succeda, in un mondo regolato dagli interessi materiali. Sai di fare felice una persona».

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 
 


 

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Alessandro Proto, il re delle fake news che ci ha fregati tutti

In questo periodo si fa un gran parlare di bufale.

 

Basti pensare che il dizionario Collins ha inserito fake news come parola dell'anno 2017. Nell'era in cui la notizia falsa è dietro l'angolo e gli organi di stampa sono troppo pigri per verificare anche solo una fonte, il nome di Alessandro Proto è l'emblema di come le falle del giornalismo e il potere della suggestione possano ancora essere sfruttate a proprio favore.

 

Proto-tipi

 

impostoreAvete presente il film di Steven Spielberg Prova a prendermi? Potremmo considerare questo personaggio come il Frank Abagnale italiano.

 

Solo che, nel suo caso, l'obiettivo non è solo diventare ricco, ma anche ricevere tutto ciò che questo status comporta. Accedere agli ambienti esclusivi e sentirsi parte di essi, avere una fama sociale inattacabile. Una storia che sembra già di per sé il soggetto di un film.

 

Difatti la vita di Alessandro Proto è diventata un libro edito da il Saggiatore intitolato “Io sono l'impostore. Storia dell'uomo che ci ha fregati tutti”, scritto a quattro mani dallo stesso protagonista e dal giornalista Andrea Sceresini.

 

Leggi anche: La post-verità: come i media ci hanno reso irrimediabili creduloni

 

Lungi da me dall'osannarlo, Proto non manca certo di fantasia e dimostra che la forza di volontà, unita a una certa conoscenza dei meccanismi di stampa, consentono di costruire non uno, ma una consistente quantità di credibili alter ego.

 

Le sette vite di Proto

 

Cresciuto a Lambrate, nell'hinterland milanese, Proto non ha possibilità oggettive di risalire la scala sociale. Una mamma infermiera, un padre in carcere per piccole truffe e con solo il diploma di terza media, il suo nemico numero uno è sempre stato la povertà. Vuole distaccarsi a tutti i costi dalla sua condizione di disagio.

 

christian-greyProto, con l'aiuto inconsapevole della stampa, si è costruito una realtà parallela in cui di volta in volta è stato il boss di un'impresa immobiliare, pieno di contatti con l'elite della finanza mondiale, amico di Berlusconi e Donald Trump, membro della RSC, candidato alle elezioni del Pdl e in un impeto da latin lover, il vero Christian Grey a cui si sono ispirati per scrivere Cinquanta sfumature di grigio. Un intero universo di bugie costruito dalla piccola casa della nonna da cui mandava comunicati stampa.

 

Una notizia è tale...

 

...Finchè non viene smentita. Nel libro si racconta che la prima intuizione (sperando poi che sia la verità) avviene in un periodo in cui Proto abita a Lugano, dove possiede una piccola agenzia immobiliare ( prima era venditore di enciclopedie porta a porta).

 

Un giorno si presenta alla sua porta una coppia di avvocati incaricati da George Clooney di vendere la sua villa sul lago di Como. Era loro desiderio rivolgersi ad una società svizzera, dal momento che quelle italiane sono meno affidabili.

 

L'agente immobiliare sapeva di non avere possibilità oggettive di chiudere l'affare ma ha un'illuminazione: pubblicare la notizia sui giornali per far pubblicità. Non solo il comunciato è stato prontamente diffuso, ma insieme a quest'ultimo anche una chicca (naturalmente inventata da Proto) su un presunto interessamento di David Beckham all'appartamento. Il gioco è fatto: se i giornalisti abboccano, posso fare credere alla gente qualsiasi cosa.

 

Leggi anche: Polygree,il social che aiuta a controllare le fonti

 

 

Prova a prenderlo

 

alessandro-proto-notizieCosì la sua fama cresce, a suon di bugie. La cosa più penalmente rilevante che ha fatto? I soprannominati "Proto-boys". Ragazzi ventenni, in molti pescati dalla strada, addestrati come venditori di accessi per entrare nel suo club esclusivo.

 

Ovvero un circolo da cui non si ottiene nulla se non una vaga possibilità di trarre vantaggio dai contatti che Proto millanta di avere con diverse personalità della politica e del mondo dello spettacolo. Circolo che, anche in questo caso, non esiste.

 

Ma una cosa è giocare all'estero, l'altra è giocare in casa. Quando Proto finge di candidarsi al Pdl, il momento di massima fama coincide con l'irrimediabile discesa. Si comincia ad indagare seriamente sulla sua società immobiliare, (da cui Zuckerberg avrebbe persino comprato un appartamento!) e crolla il suo castello di carte.


Ma niente ferma quest'uomo. Anche dopo il suo arresto per truffa, fonda un giornale online ( Il Contropunto, oggi chiuso) che usa per attaccare i giornalisti che svelano le panzane che racconta. Con questo trucchetto, riesce addirtittura a farsi mandare uno stagista dalla Scuola di giornalismo di Milano. Paradossale. Nel frattempo si aggira negli hotel bene del capoluogo lombardo per farsi additare come assiduo frequentatore.

 

Chi è il vero colpevole?

 

kevin-spaceyMi torna in mente il leit motive del film American beauty: "per avere successo bisogna proiettare costantemente un'immagine di successo". E se gli organi ufficiali ti aiutano ad alimentarla, hai fatto bingo.

 

Tuttavia, in tutta questa storia, la cosa più grave non sono le truffe di Proto ma il serio malessere che serpeggia nella stampa italiana. Se un giornalista non va a fondo su un argomento, il suo lavoro non ha più senso di esistere. Ma nell'era di Internet tutto è concesso.

 

E chissà quanti altri Alessandro Proto potrebbero esistere senza che nessuno ne sappia nulla.

 

irene-caltabiano

 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 


 

 

 

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Temporary nap bar, se la pennichella diventa un business

Pisolino ristoratore

temporary-nap-barQuanti di noi, durante i giorni lavorativi, avrebbero voglia di farsi una sana pennichella post-pranzo? Da questo momento in poi, perlomeno nel torinese, sarà possibile staccare la spina anche solo per mezz’oretta.

Si chiamano temporary nap bar e sono locali in cui puoi schiacciare un pisolino in qualsiasi momento della giornata.  Una buona abitudine che aumenterebbe la capacità di concentrazione, risvegliando il metabolismo e diminuendo i livelli di stress.

L'Italia? Più ore, meno produttività

Idea "rubata" al Giappone, in tutto il mondo è già un business temporary-nap-5consolidato. Tokyo, Dubai, Londra, Parigi, New York, Bruxelles e, recentemente, anche Madrid. Il primo italiano è stato aperto a Nichelino ( provincia di Torino) grazie al brand nostrano Perdormire.

Pare infatti che nel Bel Paese lavoriamo più ore della media europea ma siamo meno produttivi e più stressati. In prima posizione per qualità della vita la Danimarca che, a fronte della settimana lavorativa più corta del mondo ( 32 ore a settimana), vanta  impiegati più sereni e salari alti.

 

Come funziona il temporary nap bar

temporary-nap-6La clientela riguarda soggetti compresi tra i venti e i quarant'anni, variando tra studenti e lavoratori. Una volta entrati, sarà possibile riposarsi su amache, poltrone o veri e propri letti all’interno di camere ricche di ogni comfort. 

Disponibili anche tappi per le orecchie, mascherine, dentifricio, spazzolino, scrivanie per studiare o leggere un libro, connessione a Internet e caricatori per qulasiasi device mobile.

Sempre più servizi

Peraltro, con l’aumentare della clientela migliorano anche i servizi: poltrone massaggianti, sauna e altre comodità. Sonotemporary-nap-8 stati inaugurati persino nap bar per sole donne o locali di lusso, con possibilità di riposare su letti da 9mila dollari l’uno.

Ma tranquilli, nessuna cifra assurda per staccare la spina anche per poco. I nap bar costano solo pochi centesimi al minuto, con sconti per clienti abituali. E se dovete tornare a lavoro, non temete: verrete svegliati allo scadere del tempo.

Speriamo si diffondano presto lungo tutto lo Stivale (in modo da evitare di collassare sul duro legno della scrivania).

 

di Irene Caltabiano

 

 

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