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Dear catcallers, l'account Instagram per immortalare i molestatori da strada

Un progetto a metà fra il grottesco e la denuncia sociale.

dear-catcallers-1Tutte le ragazze, che siano belle o brutte, alte o basse, more o bionde, hanno sentito almeno una volta, mentre camminavano per strada, il classico fischio, normalmente seguito dal richiamo: «Ciao bella!».

Per quanto alle volte tale appellativo faccia piacere, soprattutto se abbiamo indossato quella fantastica camicetta nuova, dipende sempre in che modo, dove, e soprattutto da chi viene rivolto. Difatti il riferimento all’avvenenza spesso si trasforma in vera e propria allusione sessuale, fonte di disagio e fastidio.

Cari fischiatori

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In lingua anglossassone i “molestatori da strada” si chiamano catcallers. Noa Jansma, studentessa olandese, ha deciso di aprire un omonimo account Instagram (dear catcallers) riempiendolo di selfie con tutti quelli che, mentre passeggiava, le hanno rivolto una qualche avance. Un crescendo, dal fischio alla richiesta di numero di telefono fino alla proposta di un rapporto sessuale.

I'll never be silent: mai più abusi sulle donne

Le foto mostrano uomini di tutte le età e nazionalità. L’intento della ragazza è far notare quanto sia naturale per un maschietto rivolgersi ad una donna come se fosse esclusivamente oggetto del suo desiderio. «Volevo far qualosa che mi desse potere su di loro». Per Noa è infatti diventato un gesto di ribellione contro la prepotenza.

 

Quasi una foto al giorno

dear-catcallers-4L’esperimento, che fa il paio con il test portato avanti su YouTube da una giovane di New York, è durato un mese: 24 foto in totale. Gli “spasimanti", lusingati  perché pensavano che la ragazza stesse rispondendo alle loro avances, erano ignari di quale fosse il vero obiettivo degli scatti. La studentessa, immolatasi per tutte le ragazze, sembra aver raggiunto il suo scopo: l’account conta oggi 30.000 followers.

Leggi anche: La mia gonna non giustifica il tuo stupro

Dopo aver messo insieme il bizzarro album, Noa ha invitato altre ragazze a far la stessa cosa. L’esperimento ha suscitato un dibattito su cosa possa essere definito molestia. Alcuni pensano che una frase come “Che bella ragazza” sia solo un apprezzamento. Il problema è che le osservazioni di frequente non si fermano a questo livello soft.

I soggetti in questione non sembrano particolarmente pericolosi. Ma nessuno può sapere cosa succederebbe davvero se gli venisse data maggiore corda. 

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di Irene Caltabiano

 

 

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To be honest? Basta con le app per timidi o pavidi

Che Sarahah sarebbe caduta in fretta nel dimenticatoio era prevedibile.

to-be-honestMa per ogni app che muore ce n’è sempre una neonata, pronta ad ammorbarci. Così la versione autunnale di Sarahah è spuntata come un fungo sui cellulari degli adolescenti americani e, garantito, ci metterà poco a diffondersi a livello mondiale.

Si chiama To be honest e fa leva sugli stessi meccanismi della piattaforma sorella: curiosità e anonimato. La differenza è che stavolta il cyberbullismo va per esclusione.

 

Cioè?

adolescente

To be honest funziona per sondaggi. Si tratta di domande poste in positivo e in qualche modo spinge gli altri a scegliere i personaggi più popolari della propria cerchia di contatti. 

Non c'è spazio per insulti o cattiverie o, perlomeno, non in maniera diretta. I quesiti sono del genere: "Chi ti fa ridere di più?" "Chi organizza le feste migliori?". Ci metto la mano sul fuoco che i looser, i presunti sfigatelli, i timidini o i tipi con l’acne adolescenziale saranno comunque esclusi dai giochi.

ScopriIl meccanismo ha un limite di tempo (si può rispondere solo a un certo numero di domande per un periodo preciso). Quando un utente citato nel sondaggio viene votato riceve delle gemme che può utilizzare per sbloccare altre funzioni, al momento non sviluppate. Le gemme sono rosa se la provenienza dei voti è femminile, blu se maschile.

La piattaforma, messa sul mercato e inventata dall’azienda Midnight Labs, ha scalato velocemente le classifiche dell’app store. Al momento è disponibile solo per iOS e in alcuni Paesi degli Stati Uniti ( Florida, Washington, Texas, California, Connecticut) ma è probabile diventi presto disponibile anche per Android.

Controindicazioni?

anonimatoMi sembra di sentire la trama di un high school movie. Non vieni “citato” da nessuno sull’app in questione, indi rimarrai fuori dalla cerchia dei giusti. 

To be honest… riprendere il coraggio a due mani ed evitare di filtrare il pensiero attraverso uno schermo?Non sarebbe meglio, anziché concentrarsi sull’anonimato (elemento che ultimamente fa impazzire i genietti della Silicon Valley) tornare a metterci la faccia e avere il coraggio delle nostre opinioni, positive o negative che siano? Soprattutto in un periodo come quello adolescenziale, fondamentale per la costruzione della propria personalità. 

O si corre il rischio di crescere dei pavidi che non avranno il coraggio di esprimere a chiara voce ciò che pensano.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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Neo-diciottenni, sfruttate subito quel bonus cultura

Invidia.

bonus-culturaSana invidia. Questo ho provato nei confronti di chi stava per affacciarsi alla maggiore età e riceveva in regalo il bonus cultura. Cinquecento euro. A diciotto anni. Da spendere in libri, musica, concerti, spettacoli…CINEMA.

Avessero detto a me, a diciott’anni: «Tieni, con questo dovrai sborsare al massimo i soldi per i popcorn» oppure «Non avrai bisogno di centellinare i cinquanta euro risparmiati dalla paghetta o dal volantinaggioPotrai comprare l’edizione gold e i classici più famosi di Marquez. E leggerli mentre fai la fila per la mostra di Picasso».

Mi sfugge qualcosa. Risulta infatti che il buono messo a disposizione dal governo Renzi sia stato sfruttato appena dal 61% degli adolescenti in procinto di affacciarsi alla maggiore età. Bene. Ma non benissimo. Ma il restante quaranta? Perché diavolo, miei cari millenials, non siete corsi a sfruttare quest’opportunità?

Qualcuno attribuisce il flop alla difficoltà di ottenere SPID, ovvero l’identità digitale che serve per registrarsi a 18-app,giovani-smartphone la piattaforma che distribuisce i buoni da sfruttare in differenti negozi. Pensiamo davvero che in un mondo in cui i ragazzini sono connessi almeno dodici ore su ventiquattro i problemi riguardino il gap digitale? A controprova che l’argomentazione sia un tantino debole, molti vorrebbero sfruttare quei soldi per comprare elettronica, smartphone, tablet. Peccato che non vedo esattamente un nesso diretto con la cultura.

Qualcun altro sostiene invece che il nocciolo della questione siano stati i pochi i commercianti ad aderire all'iniziativa. Ma anche questa non regge. Nonostante in alcuni comuni si possano davvero contare sulla punta delle dita, su Amazon e Ticketone si può comprare  di tutto.

La cultura...della truffa

bonus-cultura-4Ma, se i rivenditori a prender parte all'iniziativa sono pochi, molti neo-diciottenni invece conoscono benissimo l'arte della rivendita. Online esiste infatti un vero e proprio mercato nero di bonus. Quei soldi, i malcapitati, non sanno proprio come spenderli. Ma come fare se l'incentivo è nominale? I genietti del raggiro hanno pensato anche a questo. 

Uno di loro, Gennaro, scrive su un forum di “scambio-compro-vendo” libri usati. “Il meccanismo è semplicissimo. Tu scegli i titoli su Amazon, dividi per due il prezzo, mi fai la ricarica Postepay e, arrivato l’accredito ti faccio l’ordine. Tempo due o tre giorni e il libro è a casa”. E allega gli screenshot di chi ha già usufruito del servizio. “Io ci guadagno, visto che non leggo” .

Risultato?

ragazzi-che-bevonoProbabilmente il bonus cultura non verrà emanato per la terza volta. Dei 290.000 stanziati ne sono stati spesi 12, 5 circa. Esperimento fallito.

Importerà davvero qualcosa ai nati nel 2000?Direi che l’inghippo si può riassumere nell’ultima frase di questo ragazzo che fra poco avrà diritto al voto:

“Io ci guadagno, visto che non leggo” .

Per cosa utilizzerà quei soldi Gennaro? Forse per comprare le sigarette? Accessori per lo scooter? Come i libri, non credo gli interessino troppo neanche cinema, teatro e compagnia bella . È come quando mamma e papà ci davano i soldi per fare la spesa e noi volevamo le caramelle. 
 

Se non c’è richiesta di cultura, se ne deve creare il bisogno. Con iniziative apposite che stimolino i ragazzi a spegnere Netflix e immergersi nella magia del teatro. A guardare da vicino le pennellate di Caravaggio anziché relegarle a un insieme di pixel su Google immagini. 

Oppure studiare forme nuove attraverso le quali i giovani si possano avvicinare al mondo dell’arte, se è ancora possibile. Un buon tot di cialtroni forse rimarrà. Ma ho fiducia che valga almeno la pena tentare. In alternativa, anche i ventottenni quei buoni  li accettano più che volentieri. 

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di Irene Caltabiano

 

 
 
 
 

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