Gli italiani.
Quanto poco ce la tiriamo? Quanto stiamo a guardare se l’erba del vicino sia più verde della nostra? Quanto siamo poco nazionalisti?
Una cosa però è indiscutibile: quando sentiamo di un compaesano che ha fatto la storia qualcosa si risveglia nel nostro cuoricino patriottico. E, soprattutto, se la sua fama non è universalmente riconosciuta, avvertiamo una voglia di riscatto. Del genere: il mondo deve sapere quanto Trump abbia torto sull’immigrazione, dal momento che alcuni dei simboli dell'America, se non ci fossero stati gli immigrati, non sarebbero nemmeno esistiti.
Così, dopo il caro Leonardo Chiariglione ( se non sapete chi è, leggete qui), l’italiano poco famoso-ma-che-dovrebbe-esserlo del giorno è Luigi Del Bianco. Avete presente il monte Rushmore nel Dakota del Sud? I simpatici faccioni di Roosevelt, Jefferson, Washington e Lincoln?
Una delle sculture non solo più viste (pensiamo a film del calibro di Intrigo internazionale) ma più citate, dall’animazione ai videogiochi (Mars Attack, I Simpson, Metal gear solid), è opera delle sapienti mani di questo sconosciuto intagliatore di Pordenone.
La storia
Un italiano che valeva, secondo il suo superiore, lo scultore Gutzon Borglum, "quanto tre uomini che si possono trovare qui in America". Luigi nasce a La Havre, in Francia, ma è originario del Friuli. Compie i suoi studi tra Vienna e Venezia e appena diciassettenne, emigra.
«In America c’è lavoro» afferma un cugino. E così, dopo qualche piccola mansione e una guerra nel mezzo, il cognato gli procura un impiego nel cantiere del Monte Rushmore, monumento volto a celebrare i primi 150 anni di storia americana.
I carpentieri all’opera erano 400, ma Del Bianco si distinse subito. A lui venne infatti affidato il compito più importante: dar vita alle espressioni dei volti. Un compito che svolse con maestria incredibile, ancora visibile sotto gli occhi di tutti. Il suo talento gli valse persino l’avanzamento di grado rispetto agli altri lavoratori, facendolo diventare ufficialmente portavoce del gruppo.
L'uomo dietro al granito
Un ruolo che solo adesso è stato ufficializzato dal National Park Service americano, anche grazie all’insistenza della famiglia. Un riconoscimento anche morale, dal momento che l’artista è morto a 78 anni di silicosi, malattia dovuta alle polveri inalate nel corso dei lunghi anni passati con lo scalpello in mano.
«Tutte le persone che osservano il monumento mi dicono che c’è umanità in quel granito» è il commento soddisfatto di Lou Del Bianco, nipote di Luigi e autore del sito LuigiMountRushmore.com, che ripercorre la sua storia.
Recentemente è stata celebrata una cerimonia di riconoscimento nel quale i Del Bianco hanno ricevuto una targa che attesta quanta parte abbia avuto Luigi nell’opera monumentale.
Una bravura certosina non priva di sforzi. In un’intervista all’Herald Statesman, nel 1966 lo stesso Del Bianco dichiarava :«Potevo vedere solo da dove mi trovavo ciò che stavo facendo, ma l’occhio di Lincoln doveva sembrare giusto da molti chilometri di distanza. Conosco ogni linea e cresta, ogni piccolo urto e tutti i dettagli della sua testa».
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