We are Social. Be social ☮

Ecco perchè YouTube Kids azzera l'apprendimento

Chiunque abbia un figlio di un’età che varia dai tre ai sei anni lo sa.

youtube-kidsSa che i pargoletti, quando arriva l’ora dei cartoni animati, possono diventare piccoli dittatori. E non demordono fin quando non si saranno accaparrati il computer o lo smartphone per guardare Peppa Pig o Masha e Orso.

Le nuove generazioni crescono ormai a pane e touch screen, abituati a una fruizione di contenuti che noi, ancora schiavi del palinsesto televisivo, non sognavamo neanche lontanamente.

Come poteva il sommo YouTube farsi sfuggire la ghiotta occasione di fidelizzare la larga fetta di pubblico infantile, a quanto pare la più consistente dell’intero globo? Ecco così nascere YouTube kids, app versione ridotta del fratello maggiore, con video filtrati in base all’età dei piccoli spettatori.

Cos’è

toys-unlimitedLa piattaforma permette di farsi largo nella giungla di video del web: l ’algoritmo alla base screma i contenuti pericolosi, tiene conto delle ricerche dell’utente e dei filmati già visualizzati.

In tal modo YouTube kids diventa un veicolo potente dei desideri dei bambini e una finestra aperta sulla loro psiche. I più cliccati sono spesso i video amatoriali, dove vengono costruite o svelate sorprese, facendo leva sull’amore dei bambini per la scoperta. 

Pensate che un video di Toys Unlimited (canale YouTube dedicato al mondo dell'infanzia) in cui di frequente gli adulti spiegano  ai bambini il funzionamento dei giocattoli tirandoli fuori da uno strato di plastica o rimuovendoli da un guscio di didò, è stato visualizzato 25 milioni di volte.

Un cane che si morde la coda

you-tube-kidsYouTube kids, per quanto sia una piattaforma interattiva che permette al bambino di fruire dei contenuti autonomamente (dando al genitore la sicurezza che il figlio non si imbatta in qualche video non adatto alla sua età), non ha una funzione particolarmente educativa. I bambini saranno portati a scegliere sempre lo stesso tipo di contenuto, dal momento che l’algoritmo fa apparire tra i consigliati contenuti simili a quelli precedentemente visualizzati.  

Non esiste peraltro una intermediazione umana che aiuti a selezionare i video migliori per quella fascia d’età. Quindi è probabile che se un bambino guarda video di scarsa qualità si ritroverà vittima di un circolo vizioso, in cui continuerà a guardare filmati poco stimolanti e dalla dubbia funzione didattica.

I video vengono infatti filtrati solo attraverso l’algoritmo di ricerca dei contenuti inappropriati. E questo può dar vita a macchine impazzite. Fece scalpore qualche tempo fa la circolazione di un video di YouTube kids in cui personaggi molto simili a Topolino si sparavano tra loro con le pistole.

Quali conseguenze?

youtube-kids-5YouTube kids consente in un certo modo, ai bambini di oggi, di creare il proprio palinsesto. Ma i contenuti on demand non sono che una forma di libertà vigilata. Ovvero l’algoritmo mostrerà sempre contenuti simili, rendendo difficile la crescita educativa. In più YouTube ha tutto l’interesse a spingere i video che aumentano i suoi introiti pubblicitari, seppur confezionati in maniera occulta.

Quali saranno le conseguenze di una maggiore interattività probabilmente fine a sé stessa? Resta una domanda aperta. 

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 
Continua...

Benvenuti in Giappone, dove gli amici si affittano ad ore

«Parlare con qualcuno che non conosco mi aiuta a capire meglio me stessa».

 Takanobu-NishimotoNodoka, giovane donna giapponese, sta incontrando davanti un cinema un uomo con il doppio dei suoi anni. Non è un appuntamento romantico, né un tête-à-tête per un caffè. O, perlomeno, non lo è in maniera gratuita.

loading...

Amici in affitto

Tokyo conta 35000 abitanti ma spesso ciò che si può o non si può dire, persino con parenti o amici stretti, è influenzato dai severi codici sociali e morali nipponici. Takanobu Nishimoto ufficialmente è docente di Moda e design all’Università di Osaka ma di secondo lavoro fa l’amico. L’amico a ore. 
 

Nessun riferimento sessuale. Il professionista nipponico ha clienti di ogni tipo ed età e la sua attività consiste principalmente nell’ascoltare qualsiasi cosa le persone abbiano da dire, da rivelare, da esorcizzare: dubbi, preoccupazioni, momenti di difficoltà esistenziale.

Si chiamano osaka, uomini dai 45 ai 55 anni che, per mille yen all’ora (circa otto euro), mettono a disposizione “cuore e orecchie”. Nishimoto ha elaborato il progetto anni fa e il suo network conta oggi sessanta rappresentanti per tutto il Giappone.

takanobu-nishimotu-3Sembra assurdo, ma molte persone li preferiscono a uno psicologo professionista. Takanobu e la sua squadra, dall'inizio dell'attività, hanno ascoltato più di tremila "bisognosi", da pensionati solitari, ad adolescenti innamorate e non corrisposte, a malati terminali. Chiunque ne abbia bisogno può registrarsi al servizio online e richiedere un appuntamento.

Idea bislacca? A giudicare dalla clientela, affatto. Nishimoto conta circa trenta-quaranta richieste al mese, di cui circa il 70% donne. «Una signora di ottant'anni "mi affittava" per qualche ora semplicemente per fare una passeggiata al parco. Sono diventato una specie di figlio per lei».

Non esiste una clientela tipo. Gli habituè di Takanobu vanno dal pescatore stanco di aspettare una preda in solitaria, uno studente del college con grandi ambizioni ma a cui manca il supporto della famiglia, un bizzarro impiegato che non sa come comportarsi con il capo autoritario.

 

Perché il Giappone

hkikomoriIl Sol Levante non è certo avulso a problemi di incomunicabilità e difficoltà nelle relazioni interpersonali della sua popolazione. Conseguenza probabilmente di una società troppo rigida e inquadrata;  Il Giappone infatti è il Paese degli hikikomori, adolescenti o giovani adulti che si chiudono in casa, preferendo di gran lunga passare la propria vita al pc o ai videogiochi piuttosto che stringere amicizia. 

Tale riservatezza sul proprio mondo emotivo ha ripercussioni anche a livello professionale. Il numero di morti suicidi per lo stress da lavoro (karoshi) è in costante aumento. Si potrebbe evitare una percentuale così alta se le persone si sapessero ascoltare un po’ meglio e non pretendessero così tanto da sé stesse?

Molti scelgono gli osaka perchè gli permette di dimenticare le aspettative altrui e parlare liberamente, rompendo determinati schemi sociali troppo rigidi. «C’è una me diversa per gli amici, la famiglia, il mio ragazzo» dice Nodoka. « Io plasmo me stessa in relazione agli altri.  Quando sono con Takanobu tutto questo scompare». 

L'abitudine di usufruire del tempo di qualcuno a pagamento non è nuova; ultimamente molte agenzie stanno offrendo il servizio affitta un amico, pagato ad ore, per qualsiasi occasione: matrimoni, funerali, feste. Se da un lato risulta un servizio utile, rimane l’amaro in bocca nei confronti di una società talmente isolata e controllata da non riuscire a esprimere sè stessa sul piano emotivo.

Mr Nishimoto ha pensato più volte di interrompere il servizio di ascolto. Ma ha capito che lui aveva bisogno dei clienti più o meno quanto loro avevano bisogno di lui. «Onestamente non ho mai avuto problemi con qualche richiesta strana. Anzi. Ho sempre avuto un sacco di esperienze emotivamente significative».

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

Che senso ha spendere tanti soldi per una maglia da calcio?

Diario di un web editor in vacanza.

Sei a Barcellona per goderti quattro giorni di relax e ammirare la bellezza del capoluogo catalano. Hai l’imbarazzo della scelta, tra i capolavori di Gaudì, Barceloneta, il Barrio Gotico, La Boqueria e monumenti vari.

Ti guardi attorno cercando di catturare ogni fotogramma per inserirlo nell’album dei ricordi. Per riuscirci costringi il tuo smartphone a un superlavoro, pregando che la batteria tenga botta fino al rientro in albergo.

Ciononostante ti accorgi che l’elemento comune in tutti i tuoi scatti non è un particolare stile artistico o architettonico. No, è la maglia di Messi. Ovunque ti giri trovi qualcuno che ne indossa una, dal neonato all’ultraottantenne.

Quand’anche il tuo spirito d’osservazione non fosse esattamente quello di uno Sherlock Holmes, ci sarebbero comunque i capillarissimi FCBarcelona Official Store a rammentarti che anche tu devi acquistare una maglia di quello che è definito “Més que un club”. Altrimenti non sei davvero nessuno.

Non hai nessuna intenzione di cedere, tuttavia ricordi che a casa ti aspetta un nipote calciofilo e a quel punto sei con le spalle al muro. Scendi alla fermata metro Catalunya perché Google ti ha detto che lì c’è un negozio del club azulgrana e mentre sali gli scalini per tornare in superficie hai un mancamento. Hai appena letto sul display che la maglia ufficiale da gara costa ben 140€ e il modello replica 85€.

Sei colto dallo sconforto e pensi a quanti pasti dovrai saltare durante il soggiorno per ammortizzare la spesa. Avvii l’app calcolatrice sperando che il responso non sia così grave ma tant’è: non te la puoi permettere.

Mani in tasca, vaghi per La Rambla come un cane bastonato, dando calci ai mozziconi di sigaretta rimasti a terra. Ma proprio quando ormai avevi perso ogni speranza, sul bordo di un marciapiede noti un telo con esposte delle maglie del Barcellona perfettamente identiche a quelle ufficiali.

Alzi lo sguardo e un ragazzo senegalese ti fa un sorriso. Gli chiedi quanto costa e lui candidamente risponde: «30€, amigo. Pero rapido, rapido!». Senti di volergli bene, è il tuo migliore amico. Fai l’acquisto ma subito dopo ti chiedi come sia giustificabile una tale differenza di prezzo, visto che il prodotto è praticamente indistinguibile dall’originale.
 

Come si determina il prezzo di una maglia da calcio?

Ormai qualsiasi multinazionale produce in Asia, che si tratti di abbigliamento, scarpe, oggettistica o elettronica di consumo. I prodotti confezionati in Occidente sono soltanto quelli d’élite, perché il costo della manodopera non è competitivo.

Una maglia come quella del Barcellona, il cui sponsor tecnico è la Nike, nel paese di produzione ha un costo di circa 7€. Il trasporto in Europa fa raddoppiare il prezzo, quindi alla dogana si potrebbe acquistare la casacca con appena 14€.

Cosa accade, poi? Il prezzo di vendita ai negozianti diventa 30€. Questi, a loro volta, stabiliscono un ricarico del 100% e oltre, per il proprio guadagno. A questo importo va poi aggiunta l’IVA, che in Italia è al 22%. Ed ecco qui che il costo diventa pressoché inaccessibile ai più.

Considerando che un club come il Barcellona è al primo posto nelle classifiche di vendita, con tre milioni e seicentomila maglie distribuite annualmente in ogni angolo del globo, si evince che questo è un giro d’affari di proporzioni bibliche.

Non ci sarebbe nulla di male se i prezzi non fossero così assurdamente gonfiati, dunque forse vale la pena fare qualche riflessione prima di lasciarsi trasportare dall’onda emotiva. Anche perché dietro a ogni prodotto c’è una rete di sfruttamento della manodopera che fa rabbrividire.

Il mondo è dei furbi.

Chi guadagna, in questo business, sono solo i mercanti, ossia coloro che non fanno nulla se non contrattare. Chi invece realizza il prodotto mettendoci ingegno e sudore, viene ricompensato con un pugno di riso e fagioli, un caffè e qualche dollaro al giorno di salario.

Spesso ci sentiamo dire che non dobbiamo acquistare prodotti contraffatti, poiché in questo modo finanziamo persone che sono legate ad associazioni a delinquere o nella migliore delle ipotesi evadono il fisco.

La domanda, però, nasce spontanea: non sono le multinazionali stesse ad agire illegalmente e ad aver creato il fenomeno della pirateria? Se i manufatti costassero il giusto, la gente non avrebbe alcuna necessità di rivolgersi alla “concorrenza”. Ergo quest’ultima non avrebbe modo di esistere.

Il prezzo onestissimo che il ragazzo senegalese mi ha proposto lungo La Rambla è quello che chiunque dovrebbe pagare nello store ufficiale di ogni squadra di calcio blasonata. Mattiamoci sopra un’altra quindicina di euro, magari, per essere magnanimi.

Quel che è certo è che una maglia non può costare così tanto solo perché nel percorso che va dalla fabbrica allo scaffale passa di mano in mano e acquisisce un valore che, di fatto, non ha. Paghiamo il marketing, non la qualità: questo deve essere chiaro a tutti.

La qualità vale 7€, come abbiamo visto, e non possiamo lasciarci accecare dalla passione regalandone ben settantotto a faccendieri senza scrupoli che non creano nessun valore aggiunto, con la loro attività.
Cuidado, amigos!

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
 
Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci