We are Social. Be social ☮

Giocare consapevolmente al Gratta e Vinci (Seconda parte)

Studiando s’impara.

Facciamo allora un po’ di chiarezza (e di vera informazione) prendendo in esame il Gratta e Vinci 100X, uno degli ultimi nati tra le serie di “fascia alta” che al prezzo di 20€ promette di far vincere fino a un massimo di 5.000.000€.
Ogni lotto emesso si compone di 17.760.000 biglietti, di cui 6.166.790 sono vincenti. La tabella seguente mostra il numero di tagliandi relativi a ciascun premio presenti in un singolo lotto e le probabilità di vincita corrispondenti.

Come si nota, c’è soltanto una probabilità su 8.880.000 di vincere i premi che vanno da 50.000€ a 5.000.000€, ma ciò vale solo inizialmente, a bocce ferme. Per chiarirci le idee, concentriamoci per un attimo sul premio massimo, quello più ambito.

LEGGI ANCHE: Giocare consapevolmente al Gratta e vinci ( prima parte)

Nel momento in cui il lotto entra in vendita sappiamo che esistono solo due biglietti vincenti da 5.000.000€ ed è senz’altro vero che la probabilità di vincita è di 1 su 8.880.000 (pari cioè allo 0,000011%). Tuttavia è altrettanto vero che man mano che i tagliandi vengono venduti (e nessuno si aggiudica il primo premio) le probabilità di vincita aumentano (da 1 su 8.879.999 in poi). Idealmente, qualora rimanessero invenduti solo i due biglietti vincenti, la probabilità di vincita diventerebbe addirittura del 100%. Lo stesso discorso vale per tutti gli altri premi da 50.000€ in su.

La cosa fondamentale che nessuno fa notare, dunque, è che non si può stabilire a priori quali siano le probabilità di vincita, poiché queste cambiano in continuazione e possono anche diventare significative. Non è come nel gioco del Superenalotto, in cui una volta estratti i sei numeri vincenti si azzera tutto e si riparte con una nuova estrazione due giorni dopo. Ciò significa che vincere i 5.000.000€ al Gratta e Vinci 100X è molto più probabile che centrare il fatidico 6 (di almeno settanta volte). Non ci si può meravigliare che le persone tentino la fortuna grattando, quindi, anche perché il fatto che due giocatori diventeranno milionari è un evento certo, non una pia illusione. Anzi quattro, considerando gli altri due premi da 1.000.000€ presenti nel lotto.

Bisogna saper fare i conti.

Eppure contro lo Stato continuano a piovere critiche per i guadagni che scaturiscono dalle lotterie istantanee. Andiamo allora a sviscerare un altro po’ di numeri per capire se ciò sia legittimo o meno, onde evitare di prendere una posizione senza cognizione di causa. Un lotto di Gratta e Vinci 100X frutta un ricavo di 355.200.000€ di cui 298.054.000€ (l’83,91%) vengono restituiti ai giocatori. Nelle casse dell’Erario, dunque, restano 57.146.000€ (ossia il restante 16,09%).

I premi che ridistribuiscono la maggior parte dei soldi incassati sono ovviamente quelli di taglio più basso (da 20€ a 1.000€). È evidente che debba essere così, altrimenti salterebbe il banco. Molti critici, tuttavia, sostengono che l’alta frequenza con cui si vincono i premi minimi istighi il giocatore a tentare di nuovo la fortuna, alimentando il meccanismo di compulsione. Tale sottolineatura, però, è inaccettabile poiché cozza contro l’aritmetica più spicciola.

Nessuno organizzerebbe mai una lotteria, infatti, se le uscite superassero le entrate. Così come nessuno aprirebbe mai una panetteria sapendo fin dal principio che andrà a rimetterci. Come si può pretendere che su un lotto di 17.760.000 di biglietti ce ne siano, ad esempio, trentamila che garantiscono una vincita di 5.000.000€? Anche il solo pensarlo è pura follia! Eppure è di questo che si lamenta il partito dei “contro”: troppo poche vincite di alto cabotaggio e troppi introiti per l’Erario.

Semmai ci si potrebbe interrogare sulla percentuale di guadagni che si assicura lo Stato, pensando di ridurla di qualche punto, ma la sostanza non cambierebbe poi molto, ai fini del gioco. Ci sarebbe giusto qualche premio in più da distribuire ai giocatori ma le probabilità di diventare milionari cambierebbero di pochissimo.

Conclusioni.

I numeri non lasciano spazio a interpretazioni, per quanto in rete fiocchino invettive di tutti i tipi contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: un gioco che restituisce l’83,91% dell’incasso e trattiene il 16,09%, garantendo sempre quattro vincite milionarie, non è una truffa, né una tassa sulla stupidità (come sostengono in Germania).

Il Gratta e Vinci è una lotteria come un’altra (probabilmente una delle più oneste), per cui non ha senso demonizzarla. O si decide di abolirle tutte o la si accetta, perché nessuno punta il fucile alla tempia di qualcuno per obbligarlo a comprare i biglietti. Ciò che conta davvero è essere sempre pienamente consapevoli delle proprie azioni, il che implica studiare e informarsi. Come recita un vecchio adagio, infatti, “la cultura è l’unica droga che crea indipendenza.

Se sei padrone dei motivi per cui partecipare a una lotteria istantanea equivale a fare un salto nel buio, acquisterai un numero congruo di tagliandi nell’arco di un anno solare (oppure nessuno) senza aspettarti che la cosa in sé debba per forza cambiarti la vita. Nell’eventualità in cui poi ciò dovesse accadere, farai i salti di gioia, altrimenti ti sarai divertito senza minimamente compromettere la tua esistenza. Se invece guadagni 1.000€ al mese e ti cibi di pane e ignoranza, spendendoli tutti in Gratta e Vinci, devi assumerti la responsabilità di ammettere che hai un problema da risolvere presso un bravo psichiatra. E, perché no, ripassando un po’ di aritmetica nei ritagli di tempo.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
 
Continua...

Giocare consapevolmente al Gratta e Vinci (Prima parte)

Cinquantasei sfumature di lotteria istantanea.

La maggior parte delle persone ha bisogno di soldi, odia la matematica e ama fare bei sogni: si potrebbe rispondere così a chi s’interroga sul perché i biglietti Gratta e Vinci abbiano tanto successo. In Italia se ne vendono in media sessanta al secondo (oltre cinque milioni al giorno) e sono davvero in pochi, ormai, a potersi “vantare” di non averne mai comprato uno.

Ne esistono ben cinquantasei tipi diversi, da quelli grandi come un biglietto dell’autobus (al costo di 1€) a quelli che somigliano a un lenzuolo (al costo di 20€). Ognuno ha un tema specifico e i nomi hanno un forte potere evocativo, tale da risuonare con le speranze e le ambizioni di tutte le fasce di clientela. L’esempio più classico è quello del vendutissimo “Turista per sempre”: chi non ha mai sognato di mollare tutto, scappare su un’isola deserta e vivere di rendita?

Anche i colori e la grafica sono studiati in modo da catturare l’occhio e convincere perfino i più scettici a tentare la fortuna almeno per una volta. Le dimensioni del biglietto, poi, crescono all’aumentare del prezzo per dare allo scommettitore la sensazione che non stia sprecando i suoi soldi. A livello inconscio, infatti, l’essere umano associa a un formato più grande un valore maggiore (aspetto arcinoto a chiunque si occupi di marketing).

Leggere attentamente le avvertenze.

Naturalmente tutti sanno che qualsiasi lotteria organizzata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha come finalità quella di rimpinguare le casse dello Stato e anche il più sprovveduto dei giocatori intuisce che diventare milionari con un Gratta e Vinci è un onore di pochi. Ciononostante gli italiani continuano a sborsare fior di milioni dalle proprie tasche (per giunta col sorriso sulle labbra) convinti che presto o tardi la dea bendata bacerà la loro fronte.

Poiché più di qualcuno si è ridotto sul lastrico per via della sindrome da gioco d’azzardo compulsivo, in seguito alle denunce del Codacons e altre associazioni a tutela dei consumatori i Monopoli di Stato hanno deciso di apporre sui biglietti una dicitura che invita a giocare consapevolmente e responsabilmente.
Questo monito ha più o meno lo stesso effetto di quello riportato sui pacchetti di sigarette: la gente se ne infischia e continua a fumare. Come mai accade questo? Perché un banale avvertimento non va alla radice del problema e, anzi, crea un conflitto che finisce col fomentarlo.

Ma cosa significa “giocare consapevolmente”?

Sono in pochi a essere a conoscenza delle reali probabilità di vincita che si hanno nel momento in cui si acquista un Gratta e Vinci, anche perché sul retro dei biglietti queste informazioni sono riportate in modo poco chiaro. Tale “ignoranza” apre le porte all’illusione che diventare ricchi grattando una pellicola argentata non sia poi così difficile ed è lì che nasce la certezza di diventare poveri, in alcuni soggetti psicologicamente vulnerabili.

Neppure in rete ci si riesce a chiarire le idee, dacché ognuno esprime il proprio giudizio sulla base di analisi superficiali con l’unico intento di perorare la causa del “pro” o del “contro”. Un po’ come accade per il cibo, infatti, ci si divide in vegani e carnivori senza conoscere approfonditamente il tema in oggetto, finendo spesso con l’inveire l’uno contro l’altro. Il risultato, manco a dirlo, è la confusione più totale.

Giocare consapevolmente significa essere a conoscenza delle regole e di quello che ci si deve aspettare riguardo all’esito della giocata. Inoltre vuol dire rendersi conto che quello del grattatore o scommettitore professionista non è un lavoro ma solo un piacevole svago da concedersi di quando in quando (compatibilmente con le proprie finanze). Non si può pretendere di affidare il proprio destino al caso e, qualora questo non ripaghi le aspettative, arrabbiarsi e rivendicare dei diritti o pretendere di essere rimborsati.

Quel che dovrebbe essere chiaro a tutti è che nulla si ottiene in cambio di niente, nella vita, e che per avere un’esistenza dignitosa bisogna lavorare, impegnarsi. È la natura stessa che ce lo insegna, attraverso le stagioni: nulla accade senza sforzo e senza aver aspettato la quantità di tempo necessaria affinché accada.
Nella seconda parte di questo articolo analizzeremo un caso specifico relativo ai Gratta e Vinci per dimostrare che la conoscenza è l’unica via per diventare giocatori consapevoli ed evitare di rovinarsi la vita.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
 
Continua...

Moda fa rima con status sociale

Il dizionario della lingua italiana afferma che la parola vetrina indichi una miscela di sostanze trasformate in vetro, usata come rivestimento di prodotti ceramici. Ma si intende solo questo? Non nelle regole imposte dalla società.

Essenza o apparenza?

moda1Spesso gli abiti che indossiamo rappresentano ciò che scegliamo di mostrare agli altri. “Ovvio, si tratta di vestiti o accessori” penserete. C’è, però, un senso più profondo da scovare in una ( apparentemente) superficiale scelta quotidiana. Il pantalone skinny oppure il jeans acquistato lo scorso anno? Il bracciale di punta di questa primavera o quello regalato dalla tua amica per il compleanno? Non è una questione di ceto sociale (se ancora di questo si può parlare, nel 2017), appartenenza geografica, di vivere in centro o in periferia. È tendenza. Moda. Soprattutto nella fascia giovanile, fra i quattordici e i venticinque anni, è molto diffusa la volontà di esibire qualcosa che racconti di noi, che descriva chi siamo. Quando poi questa scelta viene emulata dall’amico, compagno di classe o follower di Instagram in questione, ecco che non si tratterà più di mostrare chi siamo, ma chi seguiamo.

Dimmi cosa indossi e ti dirò chi sei

 Immaginate una società suddivisa in gruppi: ognuno con un proprio stile, ciascuno caratterizzato da un elemento principale moda2(magari un jeans skinny?) in grado di attirare più o meno persone che si vogliano identificare in quel gruppo. Dunque non siamo quello che indossiamo, ma chi indossa ciò che più ci piace. O almeno, vorremmo esserlo.

Viviamo in una società in cui l’apparire è più forte dell’essere. La verità è che queste due condizioni dovrebbero risultare l’una lo specchio dell’altra ma, di frequente (purtroppo) l’apparenza si rivela essere solo un mezzo efficacissimo per nascondere, dietro un’immagine superficiale, insicurezze o debolezze. Così, immaginarsi in una maniera estranea al nostro modo di pensare ed essere, ci porta ad apparire del tutto diversi da quelli che siamo.

Il tocco magico

moda3L’era dei social network e della notorietà coinvolge tutto e tutti. Il follower digitale si trasforma in fisico, il like ad una foto o un post passa direttamente da Facebook, il mondo virtuale alla realtà, il vero mondo sociale. Non si tratta solamente di apprezzare e condividere un modo di vivere altrui, ma di acquisire  un vero e proprio status scegliendo di imitare qualcosa o qualcuno.

Come in una vetrina da osservare mentre siamo a passeggio: ci attira per l’originalità, i colori, gli abbinamenti. Ma oltre a spiarla da fuori entreremo davvero in quel negozio? Forse sì o forse no. Magari il prossimo avrà una vetrina che ci mostra di più, che sa vendersi meglio. La scelta è sempre nostra… ma l’identità?

 

di Giorgia Sollazzo

 

 
 
 
Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci