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Poca memoria o creatività? Forse soffrite di afantasia

Immaginate di non poter immaginare.

Il 98% della popolazione mondiale reputa assurdo non riuscire ad associare parole e figure. Ma c’è un 2% che, al sentire per esempio il termine torta, non riesce a visualizzare nella sua mente la fragrante leccornia.

Gli scienziati hanno da poco scoperto che esiste una patologia, ribattezzata afantasia, che comporta la totale mancanza di immaginazione. Le cause sono ancora da capire ma sembra sia legata a un deficit di alcuni circuiti cerebrali relativi a memorizzazione e creatività.

Il case study

La ricerca su questa malattia del sistema nervoso ha preso il via dopo che un 65enne, in degenza post-operatoria, si è reso conto di non riuscire più a costruire immagini mentali. Un dramma per una persona che prima possedeva un’ottima memoria visiva. Il signore si rivolge così ad Adam Zeman, neurologo inglese, per trovare la soluzione al suo problema.

La notizia si diffonde rapidamente e cominciano ad interessarsi all’argomento testate importanti come il New York Times, che pubblica un approfondito articolo a riguardo. Ventuno persone, dopo averlo letto, si rivolgono allo specialista. Unica particolarità? Loro, al contrario del primo caso, sono così dalla nascita.

La storia di Jean Pierre Mooney

Australiano di 34 anni, Jean Pierre è nato senza fantasia. «È come una stregoneria. Se la mia fidanzata sparisse e la polizia mi chiedesse un identikit, non saprei come farlo». Leggere che esistevano persone con lo stesso problema l’ha aiutato a capire perché non si ricordava mai numeri dei piani, paesaggi, volti.

Da quando ha individuato la ragione del black out si è messo alla ricerca di una cura. «Ora so cosa mi manca e voglio provare che vuol dire avere l'occhio della mente». Altro aspetto curioso della ricerca  è la capacità di queste persone di sognare; riescono dunque a immaginare involontariamente ma non il contrario. Non appena sveglie infatti, i ricordi svaniscono.

Tuttavia, chi soffre di afantasia, compensa con una buona immaginazione spaziale. Jean Pierre trova facile ruotare gli oggetti nella mente e sostituire alla capacità visiva le sensazioni tattili (per esempio pensa a cosa sentirebbe se si girasse un oggetto fra le mani). L’unico lato positivo della situazione è il sentirsi raramente in ansia. Ciò avvalora la tesi per cui le persone dall’agitazione facile abbiano una capacità immaginativa superiore alla norma.

La soluzione?

 I ricercatori, dopo aver focalizzato il problema, stanno cercando di guarire chi è affetto da questo deficit. Hanno osservato come, attraverso l’applicazione di corrente elettrica sul cuoio capelluto sembri aumentare la forza delle immagini mentali. Se l’immaginazione è ciò che ci porta dappertutto, i malati di afantasia ne hanno di strada da fare.

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 
 
 
 
 
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Questo gesto vi farà credere alla solidarietà sul lavoro

Avere un figlio con una grave malattia è già di per sè un peso non indifferente.

duprè Quando si deve riuscire a conciliare lavoro e tempo con l'esigenza di stargli accanto, la sfida si fa spesso ancora più difficile. Per Jonathan e Marina Duprè era molto dura passare del tempo con Naelle, la figlioletta con importanti problemi di salute, senza perdere lo stipendio.

Time Republik, il tempo è la più grande ricchezza 

Tuttavia non si deve mai smettere di avere fiducia negli altri. In Francia è infatti possibile scambiarsi giorni di ferie tra colleghi. I compagni di lavoro hanno così organizzato una “colletta di tempo” per regalare alla coppia la possibilità di vegliare sulla loro bimba. Un gesto di vera amicizia in un mondo in cui i minuti stanno diventando l’unico bene che scarseggia.

skype

Si riflette poco su questo aspetto; i mezzi tecnologici hanno semplicemente dilatato il tempo liberandolo da una dimensionespaziale. Avere più ore a disposizione è una semplice illusione perché possiamo scrivere, chiamare, vedere una persona tramite uno schermo in qualsiasi momento.

Ma la vera rarità è riuscire a stare sia fisicamente che col cuore accanto ad una persona. Per questo il tempo rimane il più bel regalo. 

 

 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

 
 
 
 
 
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Quando la morte mi chiamerà

Sicura è la morte.

ghostNonostante la sensazione di inquietudine che ha sempre suscitato questo proverbio, è la pura verità. Siamo esseri mortali. Al di là di tecnologia, bionica e esperimenti scientifici. È dunque giusto ritirare in ballo i cari estinti anche dopo che questi ultimi hanno raggiunto la pace dei sensi?

 Internet è un crocevia di notizie su app che ricreano avatar e personalità del defunto. Addirittura esiste un social dove puoi inserire dati personali per continuare a inviare auguri di compleanno e mail anche da morto. In principio era Ghost e adesso anche serie tv di enorme successo (vedi Black Mirror) hanno attinto a piene mani da questo tema, che fa sempre molta presa sul pubblico. In effetti, cosa c'è di più condivisibile della triste mietitrice?

Life beyond: quarantasette morto che parla

With me, selfie con il morto

with_me

L’utlima trovata sul fronte aldilà arriva dalla Corea del Sud. Si chiama With me e, presentata  al Mobile World Congress di Barcellona, ha suscitato  la curiosità di molti. L’app è stata messa a punto da Elrois, azienda specializzata in tecnologie 3D; la piattaforma consente infatti di tenere i defunti “a portata di smartphone”.  Tutto ciò che serve è scannerizzare una foto del caro estinto dopodichè, grazie a With Me, appare il suo avatar digitale in 3D. L’immagine virtuale può essere ad esempio utlizzata per scattare foto insieme quando si sente la mancanza della persona cara. 

Ma c’è di più. Grazie all’intelligenza artificiale viene simulata una chat con il defunto. «Abbiamo progettato l’ app per chi ha perso un membro della sua famiglia» ha spiegato Eun Jin Lim di Elrois in un'intervista alla Bbc.«Per esperienza personale, ho perso mia nonna qualche anno fa e rimpiango molto di non avere alcuna foto insieme a lei. In quel caso sarebbe stato bello poter usare i nostri avatar».

La tendenza a “resuscitare i morti” però non è un chiodo fisso degli asiatici.  La collega russa di Eun Jin Lim si chiama Eugenia Kuyfa, ed ha sviluppato l’app Luka in seguito alla morte di un amico. La ragazza, già esperta di chatbot, avatar virtuali che usava generalmente come assistenti personali, ha messo insieme messaggi, foto, articoli che riguardavano Roman, investito da una macchina un anno prima. Ha così ricostruito virtualmente la sua personalità e, quando vuole, può chiedergli come sta o scherzare con lui.

I nuovi Lazzaro

Luka

Nonostante la bontà di intenti e presupposti continua a sembrarmi un’idea piuttosto inquietante illudersi che una persona sia ancora qui. Resta la domanda se parlare con i morti possa davvero aiutare amici e parenti a superare un lutto o se renda semplicemente il processo più lungo e difficile. Forse è meglio e più sano abbandonarsi alla dolcezza dei ricordi e darsi il giusto tempo per metabolizzare la scomparsa di chi amiamo. 

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

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