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Gli unicorni non esistono ma sono una miniera d'oro

Harry Potter ha riportato in auge gli animali fantastici.

unicornoMa di unicorno vi è traccia persino nella Bibbia. Nell’immaginario cristiano infatti il cugino bello del rinoceronte è simbolo di saggezza e si narra potesse essere ammansito solo da una vergine. Nel Medioevo invece compare sugli stendardi di ricche famiglie, nei bestiari e persino nella documentazione papale.

Oggi l’animale dal manto bianco e dalla criniera multicolor è diventato un tormentone, una miniera d’oro per i brand. Impazza sui social, sulle passerelle, fra i VIP. Nicole Kidman ha indossato un abito a tema unicorno firmato Alexander Mc Queen durante i Country Music Awards, le fashion blogger hanno fiutato il trend e hanno cominciato a fioccare le T-Shirt con l’animale magico.  Su Instagram impazza l’hashtag #unicorn e #unicornsarereal. Il cartone animato My Little Pony fa strage di cuori non solo fra i bambini.

L’unicorno-mania è sfociata anche su YouTube, tra foodblogger e nail artist, con adorabili biscottini, macarones e unghie macaronesdalle mille sfumature. I più audaci puntano addirittura su un hair-look multicolor. Il binomio unicorno-arcobaleno deriva probabilmente dall’espressione inglese rainbows and unicorns, risposta che solitamente si dà alla domanda come stai (ad indicare sarcasticamente quando qualcosa non sta andando per niente bene).

carne-di-unicorno

 

Dai prodotti più semplici si arriva alle vere e proprie chicche: la felpa –zaino con cappuccio ad unicorno, passando per le "sobrissima" cover, fino alla carne del pregiato animale( che in realtà è un peluche all’interno di una scatola di latta). Etsy, mercato online su cui è possibile acquistare prodotti fatti a mano, è sicuramente il paradiso degli amanti della bestia multicolor: cappellini da festa, pupazzetti di maglina, pennelli da trucco, bacchette per cibo cinese e chi più ne ha più ne metta. Infine non dimentichiamo che anche Whatsapp e Instagram gli hanno dedicato un'apposita emoticon.

L’unicorno ci riporta ad una dimensione magica, infantile, fatata. Un mondo in cui va tutto bene, nessuno può farci del male, e tutti sono gentili, disponibili come se vivessero dentro un musical. E senza bisogno di alcol e droghe per vedere il mondo in multicolor.

 

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 
 
 
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Pif e quel vaffa alla mafia del favore

Siamo handicappati, non cretini.

Anche solo questa slogan, mostrato con rabbia e amarezza su uno striscione, potrebbe riassumere la protesta del gruppo di disabili che si è svolta ieri in piazza Indipendenza a Palermo. Uno scontro in cui abbiamo visto l’altra faccia dell’ex iena Pif, generalmente così pacato e tranquillo. Un Pierfrancesco Diliberto rosso di rabbia che urla contro Gianluca Miccichè, ex assessore regionale al lavoro, dimessosi proprio in seguito a due servizi della trasmissione Le Iene in cui veniva immortalato mentre scappava dalle “grinfie” di due fratelli affetti da tetraparesi, Alessio e Gianluca Pellegrino. Non so con quale coraggio sia tornato pochi giorni dopo a casa loro promettendo ancora assistenza 24/h ma a una condizione: aiutarlo a conservare la propria poltrona.

L’episodio parla da sé: già il fatto che sia un programma dal taglio satirico a dover smascherare le magagne di un politico è imbarazzante. Pif tuona: «Un diritto non è una merce di scambio. Vaffanculo, non si fa così. E mi rivolgo al caro Gianluchino che si becca i suoi 11mila euro al mese. È una vergogna, una persona senza dignità. È una merda e tutti i parlamentari dovrebbero reagire».  Ma il regista de La Mafia uccide solo d’estate e del recente In guerra per amore non si ferma qui. Rincara la dose dicendo che il presidente della regione Crocetta ha già fallito se ci sono dei disabili a aspettarlo da ore sotto il sole per ciò che dovrebbe essere un dovere dello Stato.


«Se lei non è capace di trovare i soldi, si dimetta.  È  il suo lavoro dare un’assistenza a questi disabili. Non abbiamo più pazienza! Se queste persone devono andare a pisciare, hanno bisogno di assistenza.  È un loro diritto. E se lei non è capace di garantirlo, si dimetta». Uno scontro che è continuato in un pomeriggio dai toni sempre più accesi, terminato con la promessa di un incontro tra due mesi in cui Crocetta deve aver definitivamente risolto la situazione.

La sfuriata di Pif mi ha fatto riflettere. Mi ha fatto pensare a come troppo spesso rimaniamo anestetizzati di fronte a qualcosa che dovrebbe essere dovuto ma troppo spesso passa come favore. Una parola che ha una triste storia nella società siciliana. Ci risvegliamo dal torpore solo quando qualcuno ha il coraggio di gridare “ Il re è nudo”. Ma la cosa che brucia ancor di più è che l’obiettivo nello smascherare le becere azioni di Miccichè era spronare a cambiare e risolvere la situazione in tempi record. Non certo le ennesime dimissioni o elezioni.


Sono certa che qualcuno accuserà Pif di essersi eretto a paladino della giustizia, di aver ormai creato il personaggio per fare audience, per ingraziarsi ancor di più i favori del pubblico. Invece io dico grazie Pierfrancesco. Grazie perché un bel vaffanculo è sacrosanto, in un Paese dove si difende con i denti quel poco ( sempre meno) che si ha e si guarda con sospetto a chi alza la testa, si ingoiano bocconi ogni volta più amari solo per non disturbare il quieto vivere. In una Sicilia che deve dire basta alla mafia, che non è quella di Don Vito Corleone né delle statuette con coppola e lupara vendute nei negozi di souvenir.

È mafia voler rimanere attaccati alla propria poltrona chiedendo favori a persone che dovrebbero ricevere assistenza per una vita che è già stata abbastanza dura con loro.  Uno Stato che dovrebbe risolvere i problemi non crearli. Dovrebbe. Abbiamo perso la capacità e la grinta di urlarla quella parola. Se detta al momento giusto, non è una parolaccia, ma una liberazione. 

 

di Irene Caltabiano

 
 
 
 
 
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Io sto con Chiara Ferragni

La bellezza c’entra e su questo nessun dubbio.

Ma non credo che arrivare a fatturare oltre dieci milioni di euro l’anno sia una casualità. Tempismo, passione, perseveranza associate a un pizzico di fortuna hanno fatto di Chiara Ferragni, con il suo The Blonde salad, uno dei personaggi under 30 più influenti d’Europa. 

Vogue le ha dedicato almeno venti copertine in diversi paesi, le griffe la pagano profumatamente per indossare le loro collezioni, due milioni di follower su Facebook, 1,37 milioni su Twitter, 2,5 su Instagram

L’ "insalata bionda" più amata d’Italia ha tenuto recentemente una lezione agli studenti di Harvard. Ed ora è anchela moglie di Fedez, con figlio a carico. O forse sarebbe più giusto dire che lui è diventato da poco suo marito, dal momento che la fama della ragazza a livello internazionale oltrepassa di gran lunga quella del rapper.  Ma come ha fatto Chiara, la nuova "tigre di Cremona", a venir fuori dal calderone del web?

L’amore per i selfie

Anche gli autoscatti evidentemente sono una passione che si può far avanti già in tenera età. La blogger dagli occhi azzurri cielo confessa che le è sempre piaciuto fotografarsi; hobby che ha indiscutibilmente ereditato dalla mamma Marina, che immortalava di continuo le figlie ( Chiara ha due sorelle, Valentina e Francesca) e successivamente metteva in ordine le immagini, scegliendo primi piani e dettagli. «Diceva che un giorno le saremmo state grate per tutto questo lavoro e aveva ragione. Io, poi, sono diventata come lei».

 

Una laurea in giurisprudenza alla Bocconi e una gran passione per il mondo della moda hanno portato Chiara ad avvicinarsi al mondo delle prime community online, su cui ha raggiunto da subito un gran seguito con le foto dei suoi outfit. 

Fondamentale è stato il tempismo: nel 2009 i blog non erano ancora diventati fenomeno di massa soprattutto quelli di moda. The Blondesalad.com oggi conta uno staff di venti persone. La Ferragni ha realizzato diverse capsule collection, ( Yamamay, Guess, Levi’s), una sua linea di scarpe ed ora è anche testimonial per Pantene. Scusate se è poco.

Io sto con Chiara 

Un vero è proprio fenomeno, diventata in soli sei anni una voce influente e strapagata del mondo del fashion. Ovviamente, come per ogni personaggio che ha raggiunto il successo in tempi relativamente brevi non sono mancate le malelingue: gli « ma se non fosse stata bella»,accompagnato dai relativi «è solo un fenomeno gonfiato dalla rete, presto si appiattirà» insieme a troll, haters, parodie e commenti al veleno per screditarne l' immagine.

Io sto con Chiara.  Probabilmente se ci conoscessimo non potremmo essere amiche, per il semplice fatto che il mio concetto di fashion si ferma ai tacchi alti messi rigorosamente e unicamente ai matrimoni (e tolti dopo la prima mezz’ora). 

Perché se la gente mi vedesse girare allo stesso modo con cui la star del web è atterrata all’aeroporto di Cambridge chiamerebbe il 112. Perché se riesci ad essere trendy anche in vestaglia e pantaloni di acetato, classico outfit da domenica-male-di-vivere, hai vinto.

Non gli invidio il fatto che probabilmente deve passare metà della mattinata a sbrogliare i capelli dai piercing di Fedez. Ma la apprezzo. La stimo perché ci ha provato e ci è riuscita. Perché è sempre così evergreen criticare le persone che hanno raggiunto i loro obiettivi e poi guardare quanto velocemente giri i tuoi pollici in senso orario e anti-orario. Perché forse siamo talmente disillusi e crediamo così poco al mito della self made woman che preferiamo la valanga di pregiudizi anziché esser contenti per lei e cercare di carpirne i segreti come hanno fatto gli americani.

L’invidia è una brutta bestia (ma anche le pellicce leopardate non scherzano).

 

di Irene Caltabiano

 

 

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