Quanto pesa una parola?
Buono, onesto, serio. Opportuno, adatto, utile. Stesso lemma, tre sinonimi. A testimonanza che un termine può suscitare reazioni e avere risonanza diversa in base a modo e contesto in cui viene utilizzata.
Oggi siamo tutti prodighi e generosi di parole. La comunicazione rapida, immediata e indipendente a cui i social hanno dato accesso crea polveroni di like e cuoricini. Le emozioni si sono trasformate in emoticon, il dibattito passa attraverso interlocutori che non siamo obbligati ad ascoltare e opinioni che possiamo cancellare e modificare a nostro piacimento. Un punto di vista si riduce a centoquaranta caratteri, in slogan e parole in evidenza, all'interno di un'arena virtuale che ha molto in comune con le lotte dei gladiatori. Pollice in su, vita, pollice in giù, morte. Uno spazio in cui, superando l'apparente forza dei fendenti, quel che resta è solo eco e polvere.
Che fine ha fatto la retorica?
Il senso comune l'ha ormai relegata a un termine dispregiativo. Ma la retorica, in origine è "l'arte di parlar bene", disciplina che studia il metodo di composizione dei discorsi. “Organizzare la lingua naturale secondo il criterio per il quale a una proposizione segue una conclusione”. Non bastano le frasi effetto, non bastano una serie di paroloni presi e buttati a casaccio come una manciata di lenticchie. Scriviamo di fretta, senza leggere, senza fermarci a pensare. Arbitri analfabeti e esperti di qualsiasi argomento.
La pubblicità, nemica pubblica
In principio era lo slogan. Facebook e i social hanno dato a tutti gli strumenti per pubblicizzarsi, un mercato in cui ciascuno deve spremere le proprie meningi per trovare il motto migliore, qualcosa che rinchiuda in sé il concetto “Guardatemi, ci sono anche io”, non importa a quale prezzo. Pensate che la parola slogan significa "grido di battaglia contro i nemici". Uno stile linguisticamente mediocre ma immediatamente comprensibile atto a convincere della bontà del prodotto. Ma che succede se la merce siamo noi? Che peso hanno le parole mediate da uno schermo e digitate su una tastiera?
La pubblicità, lo slogan, ciò che era retaggio esclusivo dell'economia è diventato orizzonrte culturale dell'intera società, determinando povertà di linguaggio e totale predominanza dell'immagine. Se le parole hanno il potere di determinare la realtà, in che mondo psicotico stiamo vivendo? Tutto ciò è stato possibile solo con la scissione del discorso dall'esperienza fisica. Qualche tempo fa girava un video nel quale si ipotizzava cosa sarebbe successo se avessimo agito e parlato nel mondo reale come facciamo sui social. Risultato? Ne viene fuori l'immagine di totali psicopatici.
La grande illusione
Meno relazione , più connessione. Qual è la conseguenza? Nessuno è più in grado di esercitare il silenzio, la non-parola. Anche quello è potere e a volte è molto più efficace della continua chiacchiera e presa di posizione. Un utilizzo della parola ridondante e schizofrrenico in cui è molto difficile esprimere un pensiero e operare un confronto profondo. Troppe cose a cui star dietro e troppo poco tempo, in un turbinio di frasi che tutto è fuorchè comunicare, ovvero "mettere in comune, mettersi d'accordo". Un disperato bisogno di essere riconosciuti, in un continuo mordi e fuggi in cui la parola si prostituisce all'immagine.
Sei più viaggiatore o turista?
08.02.2017 16:18Non sempre quando si parte per un viaggio si ha la stessa visione organizzativa.
C’è chi è più choosy, chi si accontenta di un campeggio, chi prenota solo in prima classe e chi farebbe volentieri l’autostop. La fumettista Sarah Cooper, autrice del blog di successo The cooper review lo sa bene. Dopo una vacanza con il marito scopre di essere lei la vera traveller, più pronta e disposta della dolce metà a prendere le cose con entusiasmo e a trovare soluzioni quando serve.
L'artista, metà colombiana e metà cinese, ha sempre sognato di fare la performer. Ha lavorato come grafica per diversi colossi come Yahoo e Google fin quando non ha scelto di rimanere a New York, aprendo finalmente il suo spazio online di satira e umorismo. Ha anche pubblicato un libro: Cento trucchi per apparire intelligente durante le riunioni.
Godetevi le sue simpatiche vignette.
Hater, l'amore ai tempi dell'odio
07.02.2017 15:15L’odio che move il sole e le altre stelle.
E anche le app, a quanto pare. Stop a like, cuoricini e smile. Vogliamo il "ti odio", "ti detesto", il "sei brutto come la fame". La gentilezza, cari miei, è un prodotto fuori moda. Basta farsi un giro sui social per averne la conferma. Fastidio e disprezzo regnano sovrani e la comunità non si crea in base agli interessi comuni ma sulla scorta del nemico condiviso. Ma può l’odio trasformarsi in amore?
Make hate not love
Brendan Alper, geniale creatore di Hater, ha cavalcato l’onda generando l’app che ti consente di trovare l’anima gemella in base a ciò che odi. Non sopporti le piscine, ricettacolo di funghi e dermatiti? In mezzo a quegli account potrebbe esserci un altro ipocondriaco. Broccoli e cavolfiori ti fanno venire il voltastomaco? Trova la tua anima gemella e ingrasserete felici nutrendovi solo di pasta al forno e patate fritte.
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