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Un museo dell'empatia? L'antidoto all'egocentrismo

Prima di giudicare, prova a fare un miglio nelle mie scarpe.

museo-dell'empatiaÈ sulla base di  questo proverbio inglese che a Londra nasce il primo Museo dell’Empatia. Nell’era dell’egoismo da social, dell’odio puro nelle parole avvelenate di molti hater, del like come misura del valore personale, quanti fanno davvero lo sforzo di mettersi nei panni dell’altro?

Forse l’empatia non risolverà i conflitti mondiali, ma potrebbe risultare una valida chiave per comprendere le scelte altrui. Da un’idea della perfomance artist Clare Patey, lo staff dell’Empathy Museum conta membri illustri: dallo scrittore Roman Knarzic, uno dei pensatori più quotati degli ultimi anni, a Lorraine Gamman, professoressa di design alla University of Arts di Londra.

L’esposizione, che ha aperto i battenti da appena cinque mesi, consente fisicamente di camminare con "piedi" altrui. Esiste infatti un vero e proprio negozio in cui si possono prendere in prestito le scarpe di un’altra persona, che sia un banchiere, un contadino, un surfista, una prostituta. I visitatori sono invitati a passeggiare sulle rive del Tamigi mentre in cuffia passa la storia del proprietario di quel paio di calzature.

Ma l’iniziativa A mile in my shoes non è certo l’unica risorsa dell’originale museo, che, peraltro, vuole diventare itinerante per a-mile-in-my-shoesdiffondere “il verbo empatico”. Il progetto A thousand and one books, ad esempio, mette a disposizione di chiunque voglia leggerli libri donati da chi ama quella storia e pensa che anche altre persone dovrebbero assolutamente leggerla. O, se si preferisce, si può sempre “leggere una persona”. Il progetto Human Library infatti consente di “prendere in prestito” qualcuno per fare conversazione.

Nel mondo di oggi dunque connessione non è sinonimo di relazione. Pur avendo possibilità di comunicare con chiunque, in qualsiasi momento e luogo, la nostra capacità empatica (en= dentro, pathos= sentimento) diminuisce in maniera preoccupante. È importante perciò tornare ad esercitarla. 

Il Museo dell’empatia ci invita a fare non solo un miglio, ma milioni di passi verso una dimensione più solidale.D’altronde, come diceva Platone, ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.

di Irene Caltabiano

 

 
 

 

 

 
 

 

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Fate largo, arrivano le grey models!

Avete presente La morte ti fa bella?

<img src="ttp://files.la-formica-argentina.webnode.it/200004287-ef69bf061a/la-morte-ti-fa-bella.jpeg" alt="la morte ti fa bella" />Nel film del '92 Meryl Streep e Goldie Hawn sono due cinquantenni ossessionate dalla paura di invecchiare, tanto da comprare un elisir che garantisca loro l’eterna giovinezza. All’epoca il regista Robert Zemeckis volle fare una critica allo star system hollywoodiano, per cui la perfezione diventa regola. All’apparire delle prime rughe comincia il panico da dimenticatoio. E via di botulino e chirurgia plastica.

Chi ha detto che la bellezza non può essere anche over 40? Affermarlo è facile, dimostrarlo si fa più complicato. Eppure negli ultimi anni la moda si sta aprendo alla novità, spezzando i rigidi canoni di passerelle e sfilate. In Gran Bretagna si stanno facendo avanti le vere cinquanta sfumature di grigio, le modelle hanno i capelli argentati  e mostrano con fierezza le mappe che il tempo gli ha disegnato addosso. L’agenzia Grey models di Rebecca Valentine è convinta che sia ora di estrapolare la bellezza dal range 20-40 e mettere i riflettori sulle eleganti signore over 50. E non solo.

Si sa che le donne sono particolarmente sensibili all’argomento. Molte sono convinte, causa determinate pressioni sociali, che dopo una certa età sia “sconveniente” , addirittura “di cattivo gusto” mostrare il proprio corpo in maniera sensuale. Figuriamoci su copertine e riviste patinate. Eppure è bastato un incoraggiamento, un annuncio, perché molte non giovanissime facessero richieste di rientrare nei book.  

«Immaginavo mi avrebbero contattata solo compagnie assicurative o aziende per promozione di prodotti della terza età». E invece alcune delle sue modelle sono state chiamate alla London Fashion Week.  Il caso più eclatante? Frances Dunscombe, le bellezza di 82 anni, mai calcato una passerella in vita sua. Fino al 2015, quando Prada la chiama per la sua campagna autunno-inverno. A dimostrazione che nella vita c’è sempre tempo per sperimentare.

Tuttavia gli stereotipi sono duri a morire e nessuna agenzia tradizionale ha voluto le affascinanti signore in grigio per spot pubblicitari. La Grey Models ha tentato lo stesso esperimento sugli uomini che, nonostante tutto, hanno riscosso meno successo. Al momento l’agenzia non ha rivali e, forte della sua unicità, vorrebbe espandersi in tutto il mondo, rivoluzionando il concetto di bellezza.

Senza bisogno di elisir di lunga vita. 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 
 
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