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I food vlogger si mettono a nudo..e piovono visualizzazioni

Tra pentole e mestoli come mamma le ha fatte. O quasi.

Non serve mettere in mezzo femminismo o massimi sistemi. Non vale la pena. Ebbene, la nuova tendenza delle food vlogger è mostrare forme (non di parmigiano) e cosce ( e il pollo non c’entra niente). Roba da farci rimpiangere Antonella Clerici.

Stephanie Dail, in arte Sexy Chef Steph, sembra la protagonista di un porno anni Ottanta. Vestita solo di un grembiule nero,   “adora viaggiare, cucinare e restare nuda”. La  prima domanda che mi sono fatta quando è partito il video è: «Quando arriva l’idraulico muscoloso vestito solo in tuta da lavoro?» Video e utensili da cucina di bassissima qualità, insieme a ricette dalla dubbia bontà culinaria. Ma non importa. Ciò che conta è addentare un fungo in modo sensuale (?) strusciarsi il mestolo addosso e piegarsi fingendo di cercare qualcosa nel frigo. Risultato? Milioni di visualizzazioni. Per aver buttato in padella due petti di pollo affogati nell’olio .

Speravo vivamente fosse l'unico esemplare per non cominciare a pensare, per l’ennesima volta, dov’è l’esatto momento della mia vita in cui ho deciso che studiare per trovare un lavoro era la cosa giusta da fare. E invece mi è bastato digitare naked chefs su YouTube per scoprire un esercito di gentil donne che, pentole alla mano e sedere all’aria, collezionano visite e sciorinano ricette. Alcune con cognizione di causa, altre non sapendo letteralmente dove mettere le mani. Anche se dai commenti, i fan saprebbero esattamente dove.

Così ecco Cooking Naked, Sexy Chef Wendy,Chef naked Tv.  Abbiamo persino un orgoglio nostrano: Zia Flavia Food and Boobs che rende il binomio cibo-tette manifesto già nel nome della pagina. Procace napoletana residente a Milano, cerca di ritrovare il calore della cucina meridionale a suon di…pere. Devo ammettere che però in cucina ci sa fare e perlomeno le boobs le fa intravedere solo a fine video. C’è anche chi ha reso l’accoppiata socialmente utile: la pagina Facebook Tette e cibo ( e in effetti il seno è solo ciò che vediamo del soggetto in questione), considerato il successo raggiunto, ha pubblicato un ricettario il cui ricavato è stato devoluto alla LILT, Lega Italiana Lotta Tumori al seno.

Tuttavia l’esercito di sensuali cuoche non è certo proliferato per caso ma ha un’illustre pioniera: Mrs Nigella Lawson. La lady statunitense possiede fisico, capacità e imparerete davvero qualcosa guardando i suoi video (che sono anche di una discreta qualità tecnica). O se non altro, soprattutto lato maschietti, sarà una gioia per gli occhi.

Dal momento che evidentemente esiste ancora un minimo di giustizia a questo mondo, i naked chefs non sono solo donne. Qualche buon samaritano ha pensato anche a noi. Perciò eccoli, anche loro a mostrare testosterone e pettorali. Il più cliccato è Franco Noriega, peruviano con sguardo da Sandokan e muscoli tonici. O the Bear naked Chef, alias Adrian De Bernardinis, italo –americano barbuto e tatuato da milioni di visualizzazioni a video. Ovvio, nessuna riuscirebbe a concentrarsi al primo colpo sulla ricetta.

Qual è la filosofia che sta dietro al nuovo trend? Si narra che cucinare nudi sia un beneficio per l’anima e stimoli l’accettazione di sé. Inoltre è un atto di coraggio perché l' operazione non priva di rischi. Metti che ti va dell’olio bollente sul cetriolo. Ed io che pensavo che fosse un rapido metodo per far schizzare le visualizzazioni a mille facendo leva sugli istinti primordiali. 

Ma dopo tutto, that's business baby.

 

di Irene Caltabiano

 

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Expats Italia-New York: la fuga delle nuove generazioni si fa web serie

Expat: persona bianca, medio-borghese, che si sposta all’estero per lavorare in istituzioni importanti.

Sicuramente più politically correct di immigrato. Come diceva il buon Nanni Moretti in Palombella Rossa, le parole sono importanti. Un solo termine può fare la differenza e dare valore ad un’esperienza, cambiare il tipo di approccio verso l’altro. Questo l’obiettivo di Expats New York, serie web che racconta una generazione figlia dell’Italia, ma anche di Costa D’Avorio, Senegal, Haiti. Giovani che, ancora una volta, si mettono in viaggio e cercano la propria identità in un Paese diverso da quello in cui sono cresciuti.

L’idea è di Johanne Affricot, regista e videomaker, madre haitiana e padre ganese. «Sono abituata a viaggiare molto, chi mi chiede da dove provengo stenta a credere che io sia italiana. Ancora oggi l’Italia, a differenza di Paesi come la Francia o l'Inghilterra, è percepita come un paese esclusivamente bianco, quando invece la compagine sociale e culturale della popolazione evidenzia una moltitudine di colori e diversità ». E questa diversità è proprio ciò che Johanne ha voluto raccontare, storie legate dal filo rosso del viaggio, tra ricerca di lavoro, amore e odio per il Bel Paese, arte, musica e creatività.

Pelle scura e parlata romana. Capelli riccissimi e accento di Treviso. Mescolanze interessanti, che fanno emergere quanto,in alcuni casi, ci sia ancora tanto da imparare sulla parola integrazione. Episodi da dieci minuti ciascuno, che raccontano la nuova generazione molto più di lunghe e dettagliate analisi. Sarah, in arte Sarah Von H deejay, ivoriana di nascita, lascia Milano per la Grande Mela. Lì trova possibilità di crescita professionale che l’Italia non le aveva dato, diventando in breve artist developer. Per lei la musica è tutto, anche un’arma per superare momenti difficili ed episodi di razzismo subiti durante l’adolescenza.

Pierre invece è un ragazzone alto e impostato, aria simpatica e sorriso aperto, che ti stupisce con la sua cadenza ciociara. Mamma e papà sono rispettivamente senegalese e haitiano. Ex giocatore di basket, dopo aver girato mezzo stivale con la squadra, vive a New York da circa due anni e ha aperto una pizzeria italiana a Westwood. «Nessuna famiglia è come quella del Mulino Bianco. Ma sono contento di come sono stato cresciuto dai miei genitori.  Non nascondo che a volte si faceva fatica a trovare nel frigo persino pane, latte e uova perciò ho cominciato a lavorare fin dai quattordici anni. Lo sport è stato il mio punto di riferimento in qualsiasi situazione, regalandomi le amicizie che possiedo ancora oggi». La multiculturalità Pierre se la porta letteralmente addosso. Ha infatti creato HISU (Haiti-Italia-Senegal-United States),marchio di abbigliamento che racchiude le quattro anime di Pierre. 

E c’è anche Semhar, che ama alla follia Lucca, città in cui è cresciuta. I suoi genitori sono approdati in Italia a causa della guerra di indipendenza tra Eritrea e Etiopia. A differenza di altri, è uscendo dal piccolo centro toscano che la giovane si rende conto di come la sua provenienza può rappresentare una fonte di pregiudizio. Dopo il liceo così si trasferisce a Londra ma non riesce a coronare il suo sogno lavorativo, fare l’account manager di un’agenzia creativa. Motivo? La crisi finanziaria del 2008, che fa precipitare l'offerta professionale. Dopo tre anni a Milano, città che le ha regalato tantissimo, capisce che è di nuovo tempo di cambiare e approda a New York, dove trova opportunità e professionalità che non ha mai riscontrato altrove.


Vite che regalano suggestioni e ispirazioni. Origini diverse, stessa voglia di realizzare i propri sogni. Le puntate sono tutte gratuitamente disponibili su YouTube sotto Griot, canale che raccoglie storie di creatività e interculturalità.

 Il futuro non è mica solo roseo; appartiene a mille sfumature diverse.

 

di Irene Caltabiano

 

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Come il furto di un cellulare diventa un corto da 6 milioni di visualizzazioni

Può un evento negativo dar vita ad un’idea geniale?

Anthony Van der Meer, studente di Rotterdam,“ grazie” al furto del suo cellulare, ha realizzato un piccolo gioiello di inchiesta giornalistica. L’idea è scaturita dalla curiosità: che tipo di persona è quella che ruba un telefono? Dove finiscono i cellulari sottratti? Vengono rivenduti o sfruttati ad uso personale? Find my phone, attualmente sei milioni di visualizzazioni, è la risposta a quesiti del genere.

Anthony, rimasto senza smartphone, ne compra uno ad hoc, modificandone il software in modo che possa essere controllato da remoto senza che il ladro se ne accorga. Installa anche Cerberus, app specializzata nello spionaggio, che localizza il dispositivo ogni qualvolta il rapinatore sia connesso ad Internet. Il ragazzo tenta un esperimento sociale: lascia in stazione uno zaino con il cellulare al suo interno, fingendosi distratto. Il furto, se non altro, accade dopo ben due giorni di tentativi.

Il ladro butta la SIM ma rimane ignaro del dispositivo che controlla il telefono, tramite il quale Anthony può ascoltare chiamate, messaggi vocali, girare video e scattare foto a sua insaputa. Ricostruisce così, unendo le informazioni, la vita del malfattore: straniero, residente ad Amsterdam, tendenzialmente povero e dedito a piccole attività criminali. Incredibile come, alla fine dell’esperimento, Anthony provi quasi empatia per la persona che gli ha rubato il cellulare, arrivando in pratica a condividere la sua vita quotidiana.

La vera domanda è: fin dove ci si può spingere con le nuove tecnologie se si arriva a controllare la vita di una persona? Immaginate, con le nuove app, che informazioni potrebbe ottenere un potenziale criminale. 

 

di Irene Caltabiano

 

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