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Io viaggio da sola: come rompere vecchi taboo e non morire d'abitudine

Un bravo scrittore parla sempre di sé senza farlo mai apertamente.

 Catherine-PoulainConscio o meno, usa i personaggi come pedine e trasfigurazioni del suo animo«Bisognerebbe sempre essere in viaggio verso l’Alaska. Ma perché arrivarci?» La domanda di Lili, protagonista de Il grande marinaio è la stessa che si è posta Catherine Poulain mentre scriveva il suo romanzo d’esordio. Lei, come il personaggio che ha creato, ha vissuto le intemperie di quella terra dalla natura maestosa quanto inospitale.

Lili è Catherine. Entrambe un giorno sono partite verso i confini del mondo, l'una tra le pagine di un libro, l'altra in nave, con tutte le conseguenze del caso: intemperie, mani gelate, vita in un ambiente estremo, continui compromessi con i compagni di viaggio. L'autrice cinquantaseienne ha abbracciato l'avventura perché non voleva più "morire d’infelicità, di noia, di birra", perché non voleva essere costretta a sposarsi solo per avere una green card. E il “mondo del cristallo e del pericolo”, come più volte l’ha definito nella sua opera, aiuta a ritrovare sé stessi. Il racconto di quell' universo ghiacciato che l'ha portata in vetta alle classifiche dei libri più venduti in Francia.

Valigia, scarpe comode e un solo biglietto

Non bisogna andare troppo indietro nel tempo per ritrovare quel taboo per cui una donna che viaggia da sola è darinka-monticoincosciente. Anzi, quel pensiero continua ad aleggiare ogni volta che si vede una turista scarponcini e zaino in spalla. La prima domanda che sovviene è: «E il suo compagno?». E invece le donne che fanno questa scelta sono, sotto sotto, fonte di ispirazione. A dimostrarlo il numero di copie vendute del resoconto delle loro peripezie.

Basti pensare che il libro più acquistato nella sezione viaggi di Amazon nel 2016 è Mondonauta di Darinka Montico, trentasettenne che sta facendo il giro del mondo in bici. Obiettivo? Cinque continenti in cinque anni. Cosa affascina tanto delle suddette storie? Probabilmente il fatto che queste donne siamo noi. O meglio, potremmo esserlo con la giusta motivazione e il coraggio di saltare verso l'ignoto.

Il cambiamento è l’altra faccia della precarietà?

Se si fa un’analisi dei motivi che hanno spinto le impavide viaggiatrici a partire all’avventura comun denominatore è più volte la crisi economica, per cui si perde il posto di lavoro, viene diminuito lo stipendio e ci si ritrova alle strette. Ma se siamo la generazione della crisi siamo anche quella dell’estrema flessibilità, quella con più spirito d’adattamento e possibilità di conoscere il mondo. Una storia del genere è quella di Marianna De Micheli, meglio conosciuta come la Carol di Cento Vetrine. La stessa che a quarant' anni rimane disoccupata e raccoglie la sfida di un amico. Con un solo corso di barca a vela alle spalle e il suo gatto, circumnaviga la penisola e arriva a Trieste. La bella attrice è anche autoironica: la sua esperienza è raccontata nel libro Centoboline- diario di un’attrice passata dal set alla navigazione in solitaria.

 
Ma non hai paura?

Marianna_De_MicheliCerto, viaggiare da sole non significa evitare le precauzioni. Penso che tutte le globetrotter sanno quali pericoli e insidie potrebbero trovare durante il percorso. Tuttavia dagli ostacoli non sono esenti neanche gli uomini, semmai ci sono altri problemi. La maggioranza  comunque dichiara di essersi trovata molto raramente in serie difficoltà.

«La cosa che mi spaventa sempre di più è proprio la partenza!» confessa Darinka Montico. «Mi ricordo un’insegna stupenda che trovai su un ufficio di traduzioni in Cina, diceva: Nothing in life is to be feared, it is only to be understood’, nella vita niente deve farci paura, va solo capito. Abbiamo sempre paura di quello che non conosciamo, che non capiamo. Prima di partire l’idea di quel salto ci affascina ma allo stesso tempo ci fa tremare le gambe. E più i giorni passano più le scuse per non saltare aumenteranno, fino a quando la nostra paura sarà talmente razionalizzata che inizieremo a pensare che chi abbia saltato sia un pazzo».

di Irene Caltabiano

 

 

 
 
 

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Costruisce una casa con un tutorial Youtube: la sua storia diventa un libro

Ricostruire la propria vita, mattone per mattone.

Sembra che Cara Brookins abbia preso alla lettera questa frase. Originaria dell’Arkansas, mamma di quattro figli, ha compiuto un'operazione straordinaria: ha edificato una casa seguendo tutorial su YouTube. Alla faccia della forza di volontà.

Cara esce da due storie fallimentari, la prima con un uomo violento, la seconda con un individuo afflitto da problemi mentali. Proprio queste relazioni andate male l’hanno convinta a trasferirsi in Missouri. La giovane donna è emotivamente distrutta e si chiede di continuo come ritrovare fiducia in sé stessa e trasmetterla ai propri figli, diciassette, quindici, undici e due anni.

Finchè un giorno, sul ciglio della strada, nota un rudere distrutto da un tornado. In quel momento l’illuminazione: perché non provare a costruire una casa da soli? Così, grazie a un prestito in banca, compra circa 150.000 dollari di materiali. Il team di lavoro? Lei e i suoi figli. L’insegnante? YouTube«Guardavamo almeno tre o quattro tutorial per ogni fase di lavoro e poi sceglievamo quelli che facevano al caso nostro».

Sudore, fatica e tanta perseveranza. Cara lavora giorno e notte e i figli la aiutano quando tornano da scuola. Un periodo intenso che ha prodotto ottimi risultati. Volete metter la soddisfazione di abitare in una casa costruita con le prorie mani? «So che i miei bambini non diranno mai "non ce la faccio" o "non sono capace". Hanno dimostrato di poter fare tutto» ha raccontato orgogliosa quest’intraprendente signora. La loro storia verrà pubblicata nel libro “ Rise, How A House Built a Family”.

Dopo quest’esperienza formativa Cara ha ricominciato con una nuova consapevolezza: «Se vuoi cambiare davvero, devi fare un grande passo. Deve essere un atto enorme, immenso». Perciò dimenticate la cautela e puntate in alto. 

di Irene Caltabiano

 
 
 
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La vita è una barba? Tagliala! A Londra arrivano i barbieri anti-depressivi

Segreti, paure, angosce.

Barbieri, estetisti, parrucchieri a volte diventano, volente o nolente, nostri confidenti. Forse perché su quelle poltrone, circondati da profumi, lacche e creme per capelli, ci rilassiamo e siamo più propensi a sputare rospi. Anche quelli più grossi.

Un gruppo di giovani coiffeur londinesi è partito da quest’assunto per combattere un problema che, secondo numerosi studi, affligge in maggior misura la popolazione maschile: la depressione. Il fondatore, Tom Chapman, ha deciso  di  creare The Lions Barber Collective dopo  la morte di un amico per suicidio. « Al suo funerale ho promesso che avrei fatto qualcosa». E quindi ecco tagli di capelli terapeutici, psicologi con le forbici in mano che, mentre curano il tuo aspetto, ascoltano, individuano sintomi e gravità del disturbo e ti consigliano sul da farsi.

« Ho clienti che mi hanno parlato del loro cancro, di come hanno perso la figlia. Diventiamo consulenti senza neanche pensarci, adesso ci stiamo solo impegnando di più per aiutare». Il progetto è stato sviluppato al fianco di professionisti della salute mentale per formare figure che riescano a riconoscere i segni della depressione tra un'aggiustatina e l'altra. In tal caso, se si individuano chiari campanelli d’allarme, i clienti vengono indirizzati a specialisti, gratuitamente o a pagamento.

Perdita di lavoro, fine di una relazione, problemi in famiglia. A volte ad aver bisogno di sostegno sono i più insospettabili: persone di successo, a cui non manca niente, a un tratto paralizzati da ansia e insoddisfazione. E la familiarità con il barbiere di fiducia può aiutare molto ad aprirsi. « La depressione può colpire chiunque in qualsiasi momento. Le persone spesso hanno paura di chiedere ma non capiscono che per qualcuno parlarne è un sollievo». 

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 
 
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