We are Social. Be social ☮

Non chiamateci badanti: ecco chi sono gli orfani bianchi

Italiano un po’ arrangiato, ma sguardo e gestualità fanno il resto.

Badante«Noi nel nostro Paese pensiamo ai genitori quando sono vecchi. Loro vogliono tempo libero». Così dice  una signora dal nome sconosciuto in un freddo parco di Milano. L'immigrazione delle badanti, donne in prevalenza dell’Est Europa che lasciano il proprio Paese per venire a lavorare in Italia, è un fenomeno tanto presente quanto conosciuto in maniera superficiale.

Per molti di noi non hanno neanche un nome: sono semplicemente la filippina, la rumena, la signora delle pulizie del condominio. Raramente ci si chiede che storie si celano dietro le persone a cui affidiamo le nostre case o gli ultimi anni di vita dei nostri genitori.

Una realtà che, tuttavia, sta emergendo grazie a libri come Orfani bianchi di Antonio Manzini o Figli sospesi, servizio speciale del TG1 a cura di Alessandro Gaeta.

Chi sono gli orfani bianchi

Orfani_BianchiVasilica lavora in Italia da dieci anni. In Romania ha lasciato due figli, uno di diciannove, l’altro di ventun’anni.  Ragazzi che vede due volte al mese su Skype, grazie al centro informatico della Cascina Cuccagna, centro solidale nel cuore della campagna milanese. Silvia Dumitrache, presidentessa dell’associazione donne romene in Italia, ha messo a disposizione questo spazio per aiutare le mamme, tramite la tecnologia, ad accorciare le distanze.

Sono loro gli orfani bianchi

Chi i genitori ce li ha ma non li vede mai. Molte storie sono simili: padri violenti o assenti e madri che si sono allontanate dal proprio Paese non per scelta ma per necessità. A farle andare avanti è la speranza di una vita dignitosa  da regalare ai figli lontani, gli stessi che, addolorati, ne lamentano l'assenza negli anni più importanti della loro crescita.

Bambini che vivono con i nonni anziani che, causa età e acciacchi, fanno fatica ad accudire i nipoti. Come nonna Hieliena, che con gli occhi tristi, dichiara che da quando la figlia è in Italia stanno meglio, ma nessuno potrà riportare ad Angelo e Dario gli anni passati senza la loro mamma. O Nonna Maria, che bada a due piccoline ma è consumata dal diabete; la figlia, da quando si è rifatta una vita in Italia, chiama poco e manda soldi con molta meno frequenza.

Stare con i nonni non è certo il peggio

Badante

Quando anche loro non ci sono più, i bambini vengono stipati negli Internat, sorta di orfanotrofi. Una grande prova di resistenza per questi ragazzi che sembrano già piccoli adulti. Purtroppo, non tutti hanno la stessa forza d’animo. Per alcuni il dolore è troppo forte e decidono di porre fine alle loro sofferenze. Un gesto disperato dettato dalla convinzione di non rivedere mai i propri genitori.

Questo è solo un assaggio dell'abisso che si cela dietro alle stesse donne che , silenziosamente, puliscono, preparano da mangiare, girano nel letto gli anziani per evitare le piaghe da decubito.  Quelle che molti affermano essere “ladre di lavoro”.

Mirta, protagonista di Orfani bianchi, afferma: «Sì, veniamo a rubare il lavoro agli italiani!» E sorride. Quale italiano avrebbe fatto il suo lavoro? Chi sarebbe stato attaccato a un anziano morente ventiquattr’ore su ventiquattro? «Neanche erano in grado di conviverci i familiari, concentrati com’erano sulla loro esistenza, figurarsi se un estraneo si sarebbe sobbarcato quella vita».

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

Death selfie, quando l'apparire distrugge l'essere

 Troppo stupido per essere vero. 

Eppure  al giorno d’oggi possiamo catalogare un nuovo tipo di decesso: la morte da selfie. Qualche anno fa andava di moda il libro delle morti più stupide, macabro elenco di personaggi la cui dipartita era così pazzesca da risultare ai limiti del comico.Ma qui c’è di più: un sottile malessere, un’assurda mania che sta permeando la società dei social network, affamata di like.

Il Paese che miete più vittime? L’India

La Carnegie Mellon University e dell’Indraprastha Institute of Information Delhi , che hanno sposato la causa dal momento che il fenomeno è particolarmente presente in India, hanno tristemente catalogato i tipi di decesso più diffusi per tali cause. Il primo riguarda le cadute da grandi altezze, subito dopo gli scivolamenti in acqua e infine la combinazione mortale delle due.

Seguono selfie sui binari ferroviari, morte per autoscatti alla guida o per armi malamente maneggiate mentre si tentava una foto alla De Niro in Taxi Driver. Dalla ricerca è nato persino un blog che analizza il fenomeno nello specifico, intitolato provocatoriamente Me, Myself and My Killfie (gioco di parole tra selfie e il verbo inglese to kill, uccidere).

La "morte da selfie" ha raggiunto in India dimensioni tali che il Ministero del Turismo ha chiesto ai governi statali di predisporre un apposito divieto di scattare foto nelle zone ritenute pericolose. La speranza riguarda anche lo sviluppo di tecnologie che consentano di avvertire i possessori di smartphone quando si stanno spingendo un po’ troppo in là.

Eroi per un selfie

E se i killfie fossero il nuovo disperato modo di mostrare il proprio coraggio? Il pensiero è andato ai riti di passaggio delle antiche comunità in cui, quando si diventava adulti, si era generalmente chiamati a dimostrare la propria temerarietà con una prova di valore.

Tra i Masai, ad esempio, si doveva raccogliere un pezzo incandescente del corno di un animale. In alcune popolazioni c’era il rito dell’attraversamento del fuoco. Oggi però il pubblico che assiste al “rito di passaggio” è diventato quello dei social . Quel momento va perciò documentato, racchiuso in un’istante che decreti il superamento della prova. L’audacia, nell’era di Facebook e dell’immagine che vale più di mille parole, viene decretato a suon di like.

Nel blog si legge: “L' avvento dei social network ha sviluppato un’insaziabile bisogno di essere popolare,  alimentando la nostra sete di narcisismo”. In poche parole se i giovani non vengono messi alla prova, ci pensano da soli. Con tragiche conseguenze.

 

di Irene Caltabiano

Ecco l'efficace spot delle Ferrovie dello Stato tedesche per prevenire i selfie pericolosi...

 

 

 
 
 
Continua...

Astrologia, tutte le teste ti porti via

"La conoscenza degli effetti e l'ignoranza delle cause produsse l'astrologia"

paolo-foxE se lo diceva Giacomino Leopardi...

So perfettamente che molti, già nei primi minuti del 2017, sono corsi a digitare sull’amico Google le parole Paolo Fox seguite dal proprio segno zodiacale; il rassicurante e bonario astrologo made in Italy,  l’uomo che da anni porta avanti le illusioni dei fissati con pianeti e costellazioni.

Ho notato che, per i cosiddetti astro-dipendenti, la corrispondenza con un segno o un altro diventa una vera e propria forma di discriminazione sociale. Sei Gemelli? Sei un maledetto volta-gabbana doppia faccia, bugiardo e infame. Sei Toro o Capricorno? Sei un testardo egocentrico strafottente, vade retro Satana.

Ho raccolto dunque, con metodo rigorosamente scientifico, alcune categorie di persone per cui conoscere il tuo segno zodiacale diventa questione di vita o di morte. Ancor prima di sapere come ti chiami e se hai la fedina pulita.

L’amica  astro-nazi

Niente da fare. Anche se non vi vedete da un anno e proprio quel giorno avevate un appuntamento, se Fox o Brezny hanno caffè-rovesciatopredetto che oggi sarà una giornata nefasta, prende ferie da lavoro e si barrica in casa. Poi alla prima goccia di caffè che cade o al primo bicchiere rotto grida trionfante: «Visto? Visto?? Te lo dicevo che alla voce fortuna oggi c’erano solo due stelle!»

Il datore di lavoro stellare

Non importa se hai due lauree, un master e hai vinto il premio Nobel per la letteratura.  Bazzecole in confronto all’importanza di essere Pesci o Acquario. Se sfortunatamente se nato in Agosto (Leone) darai sicuramente problemi, sarai vendicativo e metterai le puntine sulla sedia ai colleghi. Avanti il prossimo.

L’astro-relazione dipendente

Ha scaricato tutte le possibili app per calcolare le percentuali di connessione tra il suo segno e tutto il resto dello Zodiaco. La prima cosa che fa non appena conosce un papabile partner gli chiede quando è nato o lo stalkera sui social per capire in che mese è nato. Quando scopre che l’ipotetico partner è Ariete si sente morire dentro.

Il seduttore astrale

seduttore«Sei Bilancia? Allora siamo fatti l’uno per l’altra, è scritto nelle stelle». C’è anche il classico astrologo improvvisato che impara a memoria costellazioni e allineamenti dei pianeti per darsi quell’aria mistica e misteriosa che tanto piace alle donne. Poi sbaglia un congiuntivo e capisci che, se il vostro amore è scritto nelle stelle, allora era inchiostro simpatico.

Il finto astro-hater

Chi dichiara fermamente di non credere a queste sciocchezze, etichettandola come roba da ingenui insicuri.  Alla prima occasione però verrà smascherato. Potrete infatti coglierlo in flagrante dal parrucchiere mentre di sottecchi sfoglia l’ultima pagina di Vanity Fair . Oppure, al primo litigio con il fidanzato/ fidanzata si lascerà sfuggire:«Ecco l’avevo detto …mai con un Cancro!».

Consiglio? Se la sfiga vi deve beccare lo farà comunque. A prescindere da luna, stelle e pianeti. 

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci