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Chi sono gli eco-nazi, tedeschi che sognano il Quarto Reich

Come nascono le strutture sociali autoritarie?

 

È possibile che l'uomo reiteri i suoi errori anche se reputati universalmente condannabili? Nel 2008 uscì al cinema un film che suscitò parecchio scalpore: L'Onda, di Dennis Gansel. La pellicola è tratta da una storia vera; l'insegnante Jurgen Vogel vuole dimostrare ai suoi studenti, grazie a un esperimento sociale, come possono nascere ancora oggi realtà come nazismo e fascismo. Crea perciò un gruppo identificato come l'Onda, con le sue regole, i suoi simboli, le sue gerarchie. Non solo l'esperimento riesce, ma la situazione degenera e diventa incontrollabile.

 

L'uomo è perciò destinato a ripetere sé stesso, nonostante l'esplicita condanna di fenomeni come la dittatura? La creazione di determinate strutture è conseguenza inesorabile della mente umana sottoposta a precisi contesti? Forse assume nuove forme più socialmente accettate, ma la sostanza non cambia.

 

Nel 1926 i nazisti fondarono il movimento degli artamani, anche detti "protettori della zolla". L'obiettivo era creare un elitè ariana e antisemita, in piena campagna, isolandosi dalla Repubblica di Weimar e diventando una comunità autosufficiente, lontana dai lavoratori polacchi. Ne facevano parte anche alcuni famosi gerarchi nazisti come Heinrich Himmler.

 

Gli artamani, nonostante la caduta del nazismo, non se ne sono mai andati. Oggi si sono evoluti in eco-nazi, nipster ( crasi di nazi e hipster) vivono facendo vita contadina e producendo miele e attendono l'arrivo del Quarto Reich. Hanno colonizzato l'area tedesca di Jamel e alcune zone della Germania dell'Est, facendone il loro fortino. Quindici anni fa molti dei vecchi abitanti hanno venduto le loro fattorie, infastiditi dai nuovi fanatici vicini.

 

La chiara ispirazione ad Hitler si intuisce dal cartello all'entrata del villaggio, che indica la distanza da Braunau am Inn, città natale del Führer. Di fronte il murales di una biondissima famiglia ariana, vestita in abiti contadini. Qui nasce anche Sven Krueger, noto naziskin tedesco. Sulla porta della sua casa la scritta “Meglio morti che schiavi”.

 

L'indipendenza e il rifiuto della Repubblica Federale si nota persino nelle piccole abitudini quotidiane. I neonazi bruciano i  rifiuti in cortili antistanti le loro case. Gli stessi dove giocano i bambini, indottrinati militarmente, e le bambine, dalle gonne lunghe e dalle trecce perfette, educate per diventare bravi madri nazionalsocialiste. Vietato parlare una lingua diversa dal tedesco, indossare jeans e abiti moderni. Non viene contemplato neppure l'uso di Internet.

 

Gli eco-nazi però non serbano le loro convinzioni nel tepore delle proprie abitazioni. Come ogni credo che si rispetti, prevede dei riti. Così si organizzano marce, gare, prove di coraggio con i coltelli, esercitazioni con i fucili. Si deve essere pronti per la presa del potere. Vengono persino effettuati pellegrinaggi alle tombe dei vecchi nazisti come Ernst Otto Remer, che fece giustiziare i golpisti che tentarono di uccidere Hitler.

 

Tra loro non mancano i volkischen, nazisti vecchia maniera, con manie di grandezza, razzisti e violenti, che si scagliano contro chiunque voglia documentare le abitudini del villaggio. Bruciano le proprietà di chi non abbraccia il loro credo, come i Lohmeyer, unici abitanti di Jamal che non fanno parte della comunità. «Per anni ci hanno insultati per strada, inseguiti in macchina, hanno tentato di farci sbandare, hanno bucato le ruote delle nostre macchine. Tentano continuamente di terrorizzarci, di farci andare via. Se abbiamo paura? Certo,saremmo idioti a non averne».

 

Una forma di fanatismo destinata a rimanere circoscritta o un fenomeno che dovrebbe preoccuparci? In fondo l'estremismo attecchisce dove mancano le fondamenta della democrazia, della giustizia sociale, di alcuni fondamentali valori umani . E le conseguenze le abbiamo quotidianamente di fronte ai nostri occhi.

 

 

 

di Irene Caltabiano

 
 
 

 

 

 

 

 

 

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Chi è Arianna Huffington, donna che ha creduto nel potere educativo del fallimento

Qual è il tratto distintivo delle persone di successo?

Fare tesoro dei propri fallimenti. Sembra un paradosso eppure Arianna Huffington, nata Stassilopulos, ha sempre ascoltato le parole della madre che la esortava a considerare gli incidenti di percorso un’opportunità, un trampolino di lancio. Oggi, all’età di 66 anni, è soprannominata la "Rupert Murdoch dell’era digitale", con un  patrimonio da 50 milioni di dollari.

Da Atene a Cambridge

Arianna vive con la famiglia in un piccolo appartamento della capitale greca. Il padre Kostantinos è un giornalista che tenta di fondare diverse testate ma con poco seguito. Dopo il divorzio dei genitori, la ragazza legge di un’università inglese prestigiosa, dove le piacerebbe studiare: Cambridge. All’inizio è dubbiosa, ma la signora Stassilopulos crede fermamente nel talento della figlia. «Se è lì che vuoi andare, ti ci porterò» le dice.

Così, senza conoscere una parola di inglese, le donne della famiglia si trasferiscono a Londra. Arianna vince una borsa di studio con la quale riesce ad iscriversi in Economia. Grande ambizione, parlantina e propensione per il dibattito fanno il resto. Arianna diventa la presidente della Cambridge Union, una delle migliori associazioni studentesche. Qui Miss Stassilopulos impara le regole del jet set, ponendo le basi per la sua ampia rete di contatti.

Delusione d’amore fa rima con ascesa

Appena ventunenne, Arianna conosce e si innamora di Bernard Levin, giornalista e critico letterario. Il fidanzato la porterà nei migliori salotti di Londra, rappresentando per lei una grossa spinta a livello professionale, soprattutto per l’aiuto con le prime pubblicazioni.

 

The Female Woman, libro- attacco al movimento femminista, diventa subito in caso. Levin però è tanto presente lato professionale quanto poco a livello sentimentale. Bernard si rifiuta di sposarla; così lei, con dolore, lo lascia per trasferirsi a New York.

L’America e l’Huffington Post

Non tutto il male viene per nuocere: la storia con Levin e la fama del libro la precedono. I contatti maturati a Cambridge le aprono le porte persino all’elite americana.

Conosce Anne Getty, figlia del magnate del petrolio, che le introduce Michael Huffington, rampollo dell’alta società. Il giovane, dopo poco tempo, diventerà suo marito. Insieme avranno due figli e saranno per un bel po’ una delle coppie più chiacchierate dello showbusiness. La storia non dura molto.

Dopo circa otto anni Arianna chiede il divorzio, anche alla luce della dichiarata bisessualità del marito. Tuttavia l' ennesima delusione non mina le sue ambizioni. Si mette alla ricerca di nuove opportunità, dapprima in politica, come alternativa al "Terminator" Arnold Schwarzenegger, che, come sappiamo, stravince. 

Stufa, Arianna punta sul web, con un blog su cui discutere di attualità e politica. La maggioranza della stampa non crede nel progetto: pensano sia il tentativo di un personaggio in declino di rilanciarsi. la giovane imprenditrice coinvolge nell’idea anche Jonas Peretti, co-fondatore di Buzz Feed e mente tecnica del progetto e Kenneth Lerer, ex vice presidente di Aol (oggi proprietà di Verizon) e principale finanziatore. Un giornale online che dia spazio alle opinioni di personaggi famosi, per cui l’imprenditrice può mettere a disposizione le proprie conoscenze nell'high society. I primi? Arthur Schlesinger e John Cusack.

«Quando abbiamo iniziato non c’era Facebook, non c’erano i video e i social. Ma Arianna ha visto prima di tutti le opportunità. Senza il suo genio nel marketing e i suoi contatti, niente di tutto questo sarebbe avvenuto», ha spiegato Lerer a The Wall Street Journal. Nonostante ci sia un gran numero di visitatori sul sito, il trio non trova inizialmente il modo giusto per monetizzare i contenuti. Interviene così Timothy Armstrong, CEO di Aol, che offre all’Huffington 315 milioni di dollari per comprare il blog. Risultato? L’imprenditrice guadagna diciotto milioni di dollari, viene  messa a capo di Huffington Media Group e altri siti fra i quali TechCrunche e Engadget.

Chi è oggi Arianna Huffington

In undici anni Arianna ha reso l'Huffington post uno dei media più influenti al mondo. Anni duri che le sono costati persino la morte prematura di un figlio, probabilmente dovuta allo stress eccessivo.

Tanti successi ma anche fallimenti come l’Huffpost live, servizio di broadcasting in tempo reale, un flop costato 12 milioni di dollari. Dopo una rispettabile carriera, qualche screzio con Armstrong e decisioni non condivise al 100%, (non ultima la scelta di inserire l'Huff post nel board di Uber),  sono arrivate le dimissioni in favore di una start up, Thrive Global, che vuole favorire il benessere dei dipendenti in azienda.

Non male per una ragazza greca partita con poca conoscenza dell’inglese e tanti sogni. 

 

di Irene Caltabiano

 
 
 

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Crowdville, guadagna col crowdsourcing diventando tester di prodotti

Verificare il  funzionamento dei prodotti e guadagnarci su?

crowdvilleCrowdville è una piattaforma dedicata al crowdsourcing (sviluppo collettivo di un progetto). Fin qui niente di strano o nuovo; ma se l'utente venisse pagato per dare suggerimenti e testare servizi web in esclusiva? Il portale nasce con l'intento di raggruppare una folta schiera di utenti per creare la prima community dedicata allo user testing. Qualsiasi azienda potrà correggere bug e migliorare il proprio prodotto grazie alle segnalazioni dei profili registrati. Ricompensa? Soldi. Il tempo, anche online, è denaro.

Leggi anche: Toursaver. com: un esempio di strategia di business win to win

Un'idea innovativa e utile, dal momento che, chi lavora nel settore, sa bene quanto sia difficile avviare la fase di testing di una nuova app o qualsiasi altro servizio. Spesso i creativi finiscono per approvare le loro stesse invenzioni; il rischio è un circolo vizioso che non porta a un progresso reale.  Il founder potrebbe infatti dare troppo peso ai tecnicismi senza considerare la fruibilità lato utente, con il risultato di non riuscire a risolvere eventuali falle.

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Come funziona

ragazza-crowdvillePartecipare a Crowdville è semplice. Basta registrarsi, verificare le campagne disponibili e prendervi parte. Se al momento alcune non risultano attive, ci si può prenotare per partecipare. I guadagni sono suddivisi in base alla tipologia di servizio.

Campagne di testing (bug hunting): sarà compito dell'utente trovare il problema tecnico o strutturale. Il pagamento varia dai 4 ai 20 euro in base al tipo di bug trovato.

Campagne di user experience: ( brandnew product testing) pagamento ad indagine completata.

Ogni partecipazione richiede alcuni pre-requisiti e l'accredito avviene tramite Iban o account Paypal. L'adesione alla piattaforma non è vincolante: si può dare il proprio contributo in base a tempi, luoghi e differenti device.

Pechè non mettersi alla prova?

 

di Irene Caltabiano

 

 

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