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Diventare un perfetto Casanova? Oggi puoi, con l'Università della seduzione

Sembra la trama di un film americano.

Ma non parliamo di capolavori come Casablanca o Viale del tramonto, quanto piuttosto di b-movie o blockbuster assolutamente non impegnativi.

In Germania è nata l’Università della seduzione. Una vera e propria scuola del flirt, dove insegnano le regole del bravo Casanova (versione maschile e femminile). A darle vita Horst Wenzel, giovane e biondissimo ventisettenne che ha scelto di fare del flirt una ragione di vita. Dopo una storia andata male, ha deciso che tutti avrebbero trovato l’amore per mano sua, imparando l'arte del perfetto seduttore. 

La brochure declama risultati garantiti al 100%, con una parte teorica e una pratica.  Sorridere ma non troppo, pronunciare le parole giuste senza essere invadente, cercare il contatto fisico evitando di risultare molesto. Insomma sedurre è una questione di sottili equilibri. Se avessi saputo prima che il corteggiamento era stato eretto a scienza esatta non mi sarei mica accontentata di una birra in centro. Avrei preteso almeno una cena al ristorante.

Ma c’è di più. Il pacchetto premium prevede che tu venga filmato durante il tête-à-tête romantico, per verificare le prestazioni da latin lover. Maria De Filippi insegna insomma. Ma, se nel caso della regina di Canale 5 è tutta una montatura, qui il Grande Fratello è reale. Il video verrà in seguito analizzato da esperti che studieranno ogni micro movimento, esitazione della voce, numero di volte in cui sei andato in bagno. Un rito propiziatorio per garantire il successo della serata.  Il programma prevede anche corsi di gruppi per desperate housewifes, venditori di profumo, camionisti.

Secondo Wenzel però il dramma più grosso sta a monte. Come capire se una persona ci sta provando? Davvero difficile, al giorno d’oggi, distinguere tra la gentilezza e l’interesse di altro tipo. Forse perché la cortesia è diventata cosa rara. Se ti invita a prendere un caffè significa che vuole portarti a letto la sera stessa? E quell'occhiolino è un tic o un tentativo di approccio? Il Casanova tedesco vi insegnerà anche questo. Tuttavia, tale teorizzazione dell’ ars amandi nasconde una grande verità dei nostri tempi: stiamo forse disimparando a gestire le relazioni? Abbiamo veramente bisogno di qualcuno che ci dica come comportarci, dandoci la perfetta formula dell’amore?

Il caro Wenzel ha ragione anche su un’altra cosa: se una persona si sente sola, non risulterà mai attraente. C’è chi cerca nel partner una spugna per assorbire i problemi personali, chi lo idealizza attribuendogli tutto ciò che gli manca, chi si annulla e dimentica la propria vita per l’altra persona. Inoltre amore non fa rima con stalking. C’è chi si consuma le cornee a mettere mi piace ad ogni stato, ogni foto, rispondere ad ogni commento. Lo stesso tempo potrebbe essere impiegato per una passeggiata o una pizza insieme… nel mondo reale.

Per quanto mi riguarda, sono ancora legata ai vecchi metodi: il brivido della scoperta, gli sguardi imbarazzati, la goffagine del primo appuntamento. Anche due schiaffi in piena faccia se necessario. Ma almeno siamo noi stessi. 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

 
 
 
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Un barbone gli salva la vita e lui gli regala il panificio: ecco la favola del Natale 2016

Sembra la classica favola di Natale.

FornaioEppure a volte la realtà supera la fantasia. Michelle Flamant è un  panettiere francese 62enne, che ha iniziato a lavorare a quattordici anni a Dole. Jérôme Aucant è un mendicante che ogni giorno sosta di fronte alla sua panetteria, ricevendo ogni tanto quache brioche, un caffè e riparo dal freddo.

Flamant, qualche giorno dopo aver riparato il forno, comincia a sentirsi male, fin quando proprio nel momento in cui Aucant entra per una chiaccherata e per ripararsi dal freddo, il paniettiere si accascia per terra. Il clochard lo porta fuori con urgenza e chiama l’ambulanza. In seguito è stato scoperto che il forno rilasciava monossido di carbonio; se Jérôme non l’avesse salvato, Michelle sarebbe morto nel giro di un quarto d’ora. 

Flamant è tornato al panificio dopo qualche settimana e ha immediatamente offerto un lavoro al mendicante, a patto che flamantseguisse con esattezza le sue indicazioni. Jérôme, essendosi mostrato capace di gestire la situazione, è stato premiato: Flamant gli ha venduto il panificio a un euro.

Un grosso gesto di generosità per un uomo che si definisce burbero e dal cattivo carattere,  ma adora insegnare a persone che lo ascoltano. Considerato che ha aperto panifici sia in Francia che a Chicago e ha fatto un regalo del genere, direi che il caro Flamant si sottovaluta. Oltre ad essere di buon cuore, il panettiere di Dole è anche parecchio riservato. Pensate che persino la compagna Monique ha appreso la notizia dalla stampa. 

Aucant potrà finalmente ricostruirsi una vita

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

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Stop funding hate: pagheresti i giornali per alimentare l'odio?

“Goccia dopo goccia, la società è stata avvelenata. I giornali usano odio e paura per vendere di più, senza sapere cosa pensa il lettore. Perché l’odio paga”.

La campagna Stop Funding Hate mette in luce una verità che tutti conosciamo: i giornali, per sopravvivere, traggono larga parte dei loro profitti dalla pubblicità. Che succede però se lo slogan o il prodotto veicolato da un’azienda viene affiancato a parole violente e offensive?

L’obiettivo alla base dell' iniziativa, partita nell’agosto 2016, è molto chiaro: raccogliere consensi per convincere le grandi marche a non inserire più reclame in giornali che alimentano odio e razzismo. La scintilla è stata l’ondata pro-Brexit di alcuni tabloid inglesi,  in particolare  un articolo del Daily mail in cui i giudici della magistratura reale venivano definiti nemici del popolo, impossibilitati a mettere in atto immediatamente la decisione del referendum popolare perchè necessario il benestare del Parlamento britannico. A esser preso di mira non solo il giornale inglese, ma tutta la stampa europea, mettendo in evidenza come parecchi titoli si scaglino contro i migranti con degenerazioni dal tono razzista e polemico, non ultime le testate italiane.

Risultato? La Lego, uno degli advertisers più forti del Daily Mail, ha abolito qualsiasi accordo pubblicitario. Il fine di Stop Funding Hate è chiaramente far perdere quote a giornali che promulgano contenuti di un certo tipo.

Giusto o sbagliato?

 È  vero, l’odio paga più di bontà e ottimismo e genera pioggie di click. La diffusione degli haters sul web ne è un chiaro esempio. Il progetto tuttavia ha raggiunto le 6 milioni di visualizzazioni del video promozionale e oltre 200.000 condivisioni su Facebook. Se il popolo dei social ha promosso l'iniziativa, lato giornalisti non è stata molto apprezzata.

Naomi Fhirst della rivista Spiked, definisce  «basata interamente sulla censura. I sostenitori vogliono che il Daily mail perda soldi solo perché non sono d'accordo con ciò che scrive. In un altro tweet Stop Funding Hate ha detto: “ Condividete se pensate che British Airways dovrebbe smettere di far pubblicità su giornali che vanno contro la democrazia britannica”. Peccato che in una democrazia i personaggi pubblici non sono mai al di sopra delle critiche. I tabloid mettono in discussione élite e status quo della società. Può non piacere cosa scrivono ma nessuno è obbligato a comprarli».

Neanche Brendan O’ Neill dello Spectator ci va sul leggero«Freniamo gli eufemismi e il parlare di tolleranza. Questo è uno sforzo sornione, sinistro per rilassarsi e domare la stampa. Uno smistamento di potere capitalista per punire i giornalisiti e costringerli a cambiare. È una pugnalata alla censura, non un urlo alla tolleranza».

In media stat virtus. La campagna Stop Funding Hate potrebbe incorrere nell’errore opposto, ovvero “spingere all'odio di chi odia”. D’altra parte, la libertà di espressione  non  giustifica un linguaggio xenofobo e violento o immagini troppo cruente. Un equilibrio delicato che ultimamente ci ha chiamato spesso in causa, tra vignette di Charlie Hebdo e dichiarazioni di giornali nostrani. Far sì che le aziende evitino di finanziare alcune testate è deterrente sufficiente per non pubblicare certe affermazioni? E, lato lettori, sensibilizza a maggior attenzione  e senso critico rispetto a ciò che si legge?

Il messaggio è perentorio, ma se il video è diventato virale un motivo ci sarà. 

 

di Irene Caltabiano

 

 

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