We are Social. Be social ☮

Se i cinesi costruiscono il loro impero sulle idee altrui

Una volta il primato spettava agli amici partenopei.

Oggi sono i gli orientali i re delle patacche, delle taroccate, delle scarpe "Nake" o dei televisori "Sonia". Basta andare in un bazar per rendersi conto di come i cinesi copino praticamente tutto, dall'aspirapolvere agli attrezzi da cucina.

La Repubblica popolare ha un grosso vantaggio: la maggioranza dei prodotti originali viene fatta in Oriente. La vasta gamma di oggetti con la dicitura designed in California o in Switzerland viene confezionato dalle mani di qualche stakanovista cinese di Shenzen, polo industriale della regione meridionale.

Il fenomeno ha assunto un peso talmente rilevante da essere definito shanzai. Una mano produce l'oggetto ufficiale, l'altra sforna contemporaneamente la brutta copia, meno raffinata e costosa. E il copyright? Si perde nei meandri del mercato, senza più differenziazione né controllo.

La riproduzione impazzita ha portato a un mercato del fake estremo, senza nessun rispetto per la proprietà intellettuale. Perciò, se malauguratamente hai inserito un progetto su una delle tante piattaforme di crowdfunding, potresti vederti soffiata l'idea senza nemmeno troppa possibilità di replica. L'imprenditore Yekutiel Sherman ha vissuto l'indignazione del plagio sulla propria pelle.

Yekutiel aveva immaginato e proposto sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter una custodia per smartphone in grado di trasformarsi anche in selfie stick. Ha realizzato prototipi, cercando fondi per un anno intero, impiegando persino risparmi familiari. Una settimana dopo il lancio della campagna l'inventore israeliano ha ricevuto un'amara sorpresa: il suo Stikbox era già in vendita su AliExpress, portale di shopping online. Una copia perfetta, perfino nel nome. Unica differenza? Il prezzo. Dieci dollari contro una cinquantina, un terzo di quello di partenza. Un sogno distrutto in pochi click.

Molti si sono chiesti quale sia il motivo di quest'ansia da replica. I cinesi sono diventati una sorta di hacker della creatività, che fanno soldi sulle spalle delle idee altrui. Sarà  colpa della cultura cinese, con regole troppo rigide che lasciano poco spazio all'originalità ma grosso potere alla manifattura? Meno tempo per pensare, più tempo per lavorare? Invano Sherman ha provato a rintracciare i responsabili del furto intellettuale di Stikbox, ma la rete è talmente intricata che risulta molto difficile intentare causa a livello internazionale. Probabilmente gli orientali lo sanno e ci giocano.

Che fare allora? Evitare il crowdfunding? Per molti giovani inventori questo tipo di piattaforma èdiventate un trampolino di lancio fondamentale per farsi strada nel mercato. L'unica soluzione è cercare di puntare sulla qualità, su hardware impossibili da replicare in una fabbrica media cinese. Creare dei business-fortezza, incomprensibili ai cinesi. Purtroppo, per noi è molto difficile vendicarci con la stessa moneta.


di Irene Caltabiano

 

 


 


 

 

Continua...

A. A. A. comici cercasi. Le assistenti digitali diventeranno più divertenti

I robot non potranno mai giungere alle altezze creative della mente umana.

L'ironia delle assistenti digitali lo dimostra. Avete mai sentito Siri, di casa Apple, che risponde per le rime a un insulto? O Cortana della Microsoft che capisce una battuta? Google si è chiesta come dilettare ancor di più i propri utenti, rendendo i “maggiordomi virtuali”...più divertenti.

Come?

Il colosso di Mountain View ha allargato le sue scuderie assumendo una serie di autori comici, scrittori e sceneggiatori, provenienti da case di produzione illustri come la Pixar ( premio Oscar Inside Out, Toy Story, Up) e The Onion ( famosa rivista satirica statunitense). L'obiettivo è rendere disponibile a tutti una sorta di Supercar tascabile, un compagno digitale con maggior finezza di spirito e intelletto.

Così al lavoro tecnico di programmatori e ingegneri informatici verrà unito il tocco artistico dei professionisti della creatività, messi al servizio della robotica. In questo campo si stanno già facendo passi da gigante.  Ad esempio una start-up di San Francisco ha appena rilasciato Cozmo, un robot che cambia personalità in base al contesto in cui si trova.

Writer, scrittori e sceneggiatori, tranquilli. Nel match uomini contro macchine siamo ancora uno a zero. E non credo che il risultato sia destinato a cambiare nel tempo.

 

 

di Irene Caltabiano

 

ISCRIVITI al canale YouTube

 
Continua...

Cari inglesi, e se vi negassimo il thè delle cinque?

Dear ladies and gentlemen.

Ho qualcosa da dirvi, dopotutto. Con tutto intendo il Brexit. Con tutto mi riferisco alle ultime notizie sulla simpatica suddivisione tra ITA-S ( italiano-siciliano) , ITA-N ( italiano-napoletano) e ITA-other ( qualsiasi altro connazionale) nei moduli scolastici di Inghilterra e Galles, sigle che sembrano nomi di Power Rangers. Parlo del crollo rovinoso della sterlina, che ha perso il 6% in un solo giorno.

In un impeto di malignità mi verrebbe da attribuire la discesa rovinosa della moneta inglese al karma. I britannici sono sempre stati orgogliosi della loro diversità, del loro humor, della guida a destra o della caccia alla volpe. Sempre ricambiati da un amore incondizionato, come una bellissima donna che sottomette tutti ai suoi capricci. Nonostante l'aria snob che ha sempre dimostrato verso il resto del mondo, per noi l'Inghilterra rimane la patria di un certo charme, di uno stile universalmente riconoscibile. La mamma di Shakespeare, dei Beatles, di Sherlock Holmes, delle creste punk. Lei con la sua Regina immortale e la London underground dalle mille linee colorate.

Il fatto che l'inglese sia la lingua internazionale deve aver gonfiato molto l'english ego. Non so perchè ma quando penso al britannico doc mi viene sempre in mente la faccia di Liam Gallagher, leader degli Oasis. Me lo immagino con quelle narici larghe, come se avesse sempre sotto il naso un escremento di cane, mentre ride del tuo accento maccheronico e dice :«You suck».

Non dobbiamo stupirci. Gli inglesi sono sempre stati un po' altezzosi e individualisti. Ed è evidente non solo nei suddetti episodi. Basterebbe anche solo dire che quello che per il resto del mondo è il il canale della Manica in Gran Bretagna è l'English Channel. Quella piccola striscia di mare separa il CONTINENTE dall' isola,non certamente il contrario. Tutto odora ancora della Old Greatness, gli antichi fasti vibrano nell'aria frizzante della capitale. Chiunque di noi avrà pensato, il giorno successivo al referendum che dichiarava il bye bye all'Europa: « E ora come farò ad andare a lavorare a Londra?». Neanche un attimo ci siamo fermati a riflettere che, forse, stiamo dando un po' troppa importanza a quest'elegante lembo di terra in mezzo al mare.

Lungi da me dal fare un discorso politico o economico (pur volendo, non posseggo gli adeguati strumenti di analisi). Ma, come è successo nel caso della nostra rappresentanza diplomatica d'oltremanica, non sarebbe il momento di tirar fuori un po' di orgoglio nazionalistico? Non inteso come una ottusa auto-affermazione dei superiorità, ma come maggior consapevolezza dei propri pregi. Gli italiani nella media sono molto esterofili e parecchio meno legati alla loro terra del resto degli altri colleghi europeo. Quasi ad unirci non fosse null'altro che un generale complesso di inferiorità.

Vivendo nel bel Paese, non posso parlare a nome di altri Stati. Ma non sarebbe il caso di rimarcare che gli italiani non sono solo pizza, mandolino e mafia? Siamo ancora, nonostante tutto, la settima potenza a livello mondiale. Abbiamo in casa il 70% del patrimonio artistico globale ( che andrebbe preso maggiormente in considerazione, siamo d'accordo). Siamo poliedrici, abbiamo un forte spirito di adattamento. E anche il caro Darwin diceva che a sopravvivere non è sempre, necessariamente il più forte. Abbiamo dalla nostra uno spiccato senso dell'ironia, che stimola, nel bene e nel male, una forte resilienza.

Ed è proprio con una freddura che l'ambasciatore Pasquale Terracciano ha “rimesso al loro posto” gli altezzosi inglesi dopo lo strafalcione scolastico. «Siamo uniti dal 1861», ha riferito al Foreign Office, e infine la Great Britain si è scusata. E se cominciassimo anche noi a fingere di non capire quando in un bar chiedete un cappuccino alle sette di sera? O quando dite buongiorno e sembrate Stanlio e Onlio? Oppure, se a Napoli cominciassero a servire la pizza solo alla people di Bristol perchè ci stanno più simpatici? O se vi costringessimo a parlare a gesti perchè in Italia si usa così? E se smettessimo di chiamarci writer e businessman e tornassimo a definirci come scrittori e uomini d'affari?

Questo mio scritto non è certo una dichiarazione di guerra. Mi preme solo dire che l'Inghilterra dovrebbe cominciare a farsi qualche domanda sulla solidità del proprio piedistallo.

Con affetto. Anzi, my best wishes.

Un'orgogliosa ITA-S.


di Irene Caltabiano

 

ISCRIVITI al canale YouTube

 
 

 

 

Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci