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Interrail: sarà un viaggio a salvare l'Europa?

Un biglietto gratuito per viaggiare dall’Italia alla Danimarca, dalla Spagna alla Svezia.

L'interrail è ormai entrato nell’immaginario comune come uno dei viaggi da fare almeno una volta nella vita. Se l’Unione europea avesse avanzato questa proposta quando ero appena maggiorenne non avrei esitato un attimo a fare le valigie. A Bruxelles si discute in questi giorni se garantire " il biglietto d'oro" a tutti i freschi diciottenni, un lasciapassare per viaggiare gratuitamente sui treni di tutta Europa. Il prezzo originario, per un mese consecutivo, è 407 euro. Il biglietto non prevederebbe agevolazioni solo sui treni; nei paesi non collegati da rete ferroviarie dovrebbero essere gratuiti autobus e traghetti. Un progetto complesso, ma potrebbe valerne la pena.

Ad avanzare la richiesta il tedesco Manfred Weber , leader dei Popolari UE a Strasburgo. Obiettivo? Rafforzare l’identità europea e rendere un Paese europeo «non solo vicino, ma anche amico». Un vantaggio per 5,8 milioni di cittadini che avrebbero accesso al viaggio a prescindere dalle loro condizioni economiche o sociali.

«Estendere questo biglietto a tutti i giovani porterebbe sfide da analizzare attentamente per capire i potenziali costi , fonti di finanziamento e sua fattibilità burocratica. Si deve far in modo che sia accessibile a tutti i giovani e che sia una misura il più inclusiva possibile», ha dichiarato Violeta Bulc, Commissaria ai Trasporti.

Una mossa vincente dopo la forte posizione dettata dal Brexit? A mio parere sì. Purtroppo a quell’età si è divisi tra pochi soldi a disposizione e pressioni dei genitori, che, non appena finiti gli esami di maturità, vorrebbero spendere soldi in qualcosa di "più utile" come le rate universitarie. O forse hanno semplicemente poca fiducia nella capacità di gestione dei propri figli.

Ho avuto la fortuna di avere genitori che mi hanno sempre sostenuto, anche economicamente, nella mia voglia di esplorare il mondo. Non ho fatto l’Interrail, ma un altro progetto promosso dalla comunità europea, l’Erasmus. I politici contrari alla proposta adducono come motivazione al no la presenza di problemi più importanti da affrontare, primo fra tutti la disoccupazione giovanile. Sarà lo stesso discorso che facevano i genitori contrari all’Interrail? No, non ti mando a fare il viaggio della tua vita perché è meglio pensare a cose più concrete?

Posso affermare con certezza che l’Erasmus, è la più utile “perdita di tempo” che si possa fare. Mi ha fatto sentire parte di un tutto, nel rispetto e nell’entusiasmo del confronto con la diversità. E, nelle differenze, ho scoperto molti punti in comune. Mi ha insegnato che la capacità di evitare i pericoli che terrorizzano i genitori è direttamente proporzionale alla crescita del senso di responsabilità. Che, per capire una cultura, non c’è altro mezzo che conoscerla. E che una buona dose di incoscienza ben calibrata rende esperienze del genere indimenticabili .

L’approvazione della proposta rappresenta un investimento a lungo termine. La cultura e il confronto rimangono la base della scoperta. I diciottenni di oggi saranno gli adulti di domani, persone che non avranno paura di superare i propri limiti e andare oltre le loro zone di comfort, dando una spinta a denaro, occupazione, scambio culturale: in una parola, al progresso. Per non parlare dell’enorme regalo che le istituzioni farebbero  a chi non può permettersi un viaggio del genere, creando di base una certa affezione all’identità europea.

Il mio è un sì. Se poi rendessero disponibile l'opzione fino ai 30 e oltre sarebbe anche meglio. 

 

di Irene Caltabiano

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Nero-cobalto: e se lo smartphone che hai in mano fosse causa della morte di un bambino?

Vi chiedete mai da dove saltano fuori gli oggetti che usiamo quotidianamente?

CobaltoDi che materiali sono fatti e come venga lavorata la materia grezza? Ad esempio, sapevi che lo stesso smartphone o computer sul quale stai leggendo questo articolo viene alimentato grazie ad una batteria agli ioni di litio con ossido di cobalto? E se ti dicessi che, per riuscire a farlo arrivare nelle tue mani, vengono sfruttati ogni giorno 40.000 bambini?

Il cobalto, materiale dal colore blu intenso, è l'oro della tecnologia moderna. Un materiale prezioso di cui i “cercatori”, ovvero le grandi aziende, sono sempre più affamati. La batteria di uno smartphone contiene dai 5 ai 10 grammi di cobalto raffinato, mentre quella per auto elettriche può contenerne fino a 15 kg. Moltiplicate questi numeri a livello mondiale e avrete una vaga idea del traffico di soldi che gira attorno a questo materiale. Secondo la Benchmark Mineral intelligence, organo che stabilisce i prezzi sul mercato per i materiali grezzi, la richiesta di cobalto raddoppierà entro il 2020.

Mentre la nostra preoccupazione principale è riuscire a evitare l'invasione di messaggi su tablet e laptop, dall'altro parte del mondo gli “smartphone” rappresentano la negazione di alcuni fondamentali diritti umani. In che senso? Gran parte delle grosse aziende del mondo tech acquista il cobalto dalla Repubblica democratica del Congo. In particolare, secondo i dati del reportage di Amnesty International, la maggioranza dei punti di estrazione si trova nella provincia di Katanga, al Sud della regione. Lì i minatori vendono il materiale grezzo a punti autorizzati, spesso gestiti da aziende estere. A loro volta le case di acquisto (una su tutte la Huayou Cobalt, gigante minerario cinese) commerciano il cobalto con le grande aziende internazionali  tra le tante Apple, Huawei, Samsung, Sony e Vodafone), che frequentemente hanno strutture di raffinazione del cobalto già in sede. Il materiale viene in seguito trasportato al porto di Durban e da lì caricato fino in Cina dove avviene la trasformazione in prodotto finale.

Le condizioni dei lavoratori di cobalto

cobaltoRosso Malpelo, novella di Verga che affrontava il problema del lavoro minorile nelle cave di rena, è stata scritta nel 1880. Nelle miniere congolesi i bambini sfruttati per lavorare nelle miniere sono un problema ancora terribilmente attuale. Dodici ore sottoterra, a volte anche il doppio, a dieci metri di profondità. Senza vedere la luce del sole, privi di qualsiasi tipo di protezione (guanti, vestiti da lavoro o mascherine), trasportando carichi molto pesanti. L'esposizione prolungata alla polvere di cobalto alla lunga può essere fatale. Le inalazioni provocano infatti difficoltà respiratorie, asma, fiato corto e disfunzioni polmonari ( nonché, alla lunga, gravi malformazioni). Per non parlare degli incidenti sul lavoro, che fanno delle miniere cimiteri sotteranei. Paga giornaliera? Due dollari. Indipendentemente dalla quantità di cobalto estratto.

Purtroppo lo sfruttamento minorile non risparmia nemmeno i bambini che vanno a scuola, costretti a lavorare nei weekend e durante le vacanze estive. Nel reportage di Amnesty si legge: "Paul, 14 anni, fa il minatore da quando ne aveva dodici. Ha rivelato ai ricercatori che spesso arrivava la mattina ed usciva dalle miniere all'alba del giorno dopo". Purtroppo i bambini sono spesso obbligati dalle famiglie stesse, che non hanno entrate fisse e non possono quindi sostenere le spese legate all'istruzione.

La risposta delle multinazionali

Le regolamentazioni e le leggi vigenti in Congo non regolano né proteggono i minori. Lo sfruttamento è una realtà che passa praticamente in sordina. O no? Il rapporto di Amnesty International include un'analisi delle risposte delle multinazionali ai dati resi pubblici.

«In realtà è molto difficile tracciare le origini dei materiali a causa delle clausole di riservatezza dei fornitori cobaltoe la complessità della catena dell’industria» -Samsung.

«Prendiamo questa faccenda molto sul serio e abbiamo condotto un’inchiesta interna. Fino ad ora, non siamo riusciti a trovare prove che confermino il fatto che i nostri prodotti contengano del cobalto estratto a Katanga, in Congo» -Sony

«In questo momento stiamo analizzando dozzine di materiali diversi, incluso il cobalto, al fine di identificare i rischi umanitari e ambientali legati a essi oltre che le opportunità disponibili per generare un cambiamento, efficace, estendibile e sostenibile all’industria» -Apple.

La questione non è problematica solo sul piano etico. La Repubblica Democratica del Congo produce quasi la metà del cobalto a livello mondiale e oltre il 40% viene venduto alle grosse aziende produttrici. È quasi impossibile trovare un'alternativa competitiva e rispettosa dei diritti umani. Nessun colosso della tecnologia è stato in ogni caso in grado di fornire informazioni dettagliati sulla tratta del cobalto.

Il cobalto è al centro di un mercato globale privo di qualsiasi regolamentazione. Pensate che non è neanche inserito nella lista dei "minerali dei conflitti" che comprende invece oro, coltan, stagno e tungsteno.

Non immaginiamo nemmeno la drammatica storia di ciò che ci portiamo in tasca.


di Irene Caltabiano

 

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Non chiamateci vitelloni! ecco chi sono davvero i millenials

Ci chiamano così.

A volte anche Generazione Y, bamboccioni, choosy. Dipinti più simili agli scansafatiche dell’immaginario felliniano che agli sfortunati protagonisti di Tutta la vita davanti. Ma le etichette a volte, più che semplificare, confondono. I millenials altro non sono chi un tempo chiamavano i giovani adulti, i nati dagli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta, di età compresa tra i 16 e i 34 anni.  Un target molto interessante ma ancora poco definito e confuso.

I primi ad essere incerti sulla propria identità sono i millenials stessi. Secondo il rapporto COOP 2016, ( Associazione nazionale cooperative dei consumatori), documento che dà un quadro generale della situazione italiana, è la generazione che più di altre incarna lo sconvolgimento radicale che ha travolto strutture sociali ed economiche. E andrebbero capiti e ascoltati più che giudicati.

Faccio parte anch’io della categoria. Vi garantisco che ci siamo sentiti ripetere: «Ai miei tempi si lottava e ci si sacrificava per quella che si voleva»«Quando ero giovane facevamo le rivoluzioni»C’è una discrepanza rispetto alla generazione X o ai baby boomers: i ragazzi sono sempre stati il simbolo di futuro e progresso. Oggi, in un certo senso, sono gli invisibili, la categoria con il livello più basso di occupazione e tasso di genitorialità ai minimi storici.

Criticare senza dare gli strumenti reali per migliorarsi è decisamente politically incorrect da parte degli "anziani del villaggio globale". Chi mai si è soffermato a pensare al perché di tante abitudini comuni, come il disimpegno politico, l’astensione elettorale, la disponibilità ad emigrare all’estero pressocchè assoluta? Forse ciò che manca non è né la volontà, né la flessibilità, ma solo un valido interlocutore.

É necessario uscire dagli schemi tradizionali di giudizio semplicemente perché certe categorizzazioni non esistono più. Gli stili di vita e il mondo sono cambiati. Sarà forse la società liquida di cui parlava il filosofo Zygmunt Bauman? Lo studioso polacco affermava la scomparsa di un’entità capace di risolvere in modo omogeneo i problemi del nostro tempo, di crisi dello Stato, dei partiti. In generale, di ogni appello a una comunità di valori che permetteva al singolo di sentirsi parte di un entità che interpretava i suoi bisogni.

Gli stacanovisti del nuovo millennio

Uno dei punti più significativi del cambio generazionale  è l’approccio al lavoro. Consapevoli della precarietà dei contratti lavorativi, i millenials entrano nel mondo professionale muniti dello scudo della flessibilità e della lancia della resilienza e in tasca una buona dose di compromesso. Da dati CENSIS, 2,3 milioni di giovani svolgono un lavoro più basso e meno pagato rispetto alle loro qualifiche. Un milione ha lavorato in nero almeno una volta e circa quattro hanno iniziato con un percorso di stage non retribuito.

Peraltro, ci sono un paio di elementi da considerare. L’iperconnettività, ovvero la possibilità di stare su Internet 24/24 H, ha abbattuto le barriere lavorative, rendendoci continuamente reperibili. Ciò non ha però generato altrettanta flessibilità di orari e luoghi di lavoro, ma è diventato un plus alle classiche otto ore.

I lati positivi

Le carte a nostro favore ci sono e, al di là dell’opinione comune, sappiamo sfruttarle abbastanza bene. Siamo i primi a essere cresciuti immersi nel digitale. Abbiamo grande padronanza delle tecnologie, competenza che ha portato alla fondazione di 1200 startup, tutte a gestione giovanile.

Poco quotati nelle statistiche tradizionali, ma onnipresenti su Internet. Nel bene e nel male, basta digitare il nostro nome su Google per sapere come ci vedono gli altri, anche un potenziale datore di lavoro. Multitasking, scriviamo su Facebook mentre guardiamo la tv e parliamo al cellulare. Abbiamo alimentato la comunicazione orizzontale, non più a senso unico, con tutte le conseguenze positivie e negative del caso. 

Molto più attenti agli inganni della rete, sappiamo distinguere con naturalezza un vero contenuto da un messaggio pubblicitario. Siamo più insicuri e meno ottimisti forse, ma ciò contrasta con la scala di valori emersa dai dati delle ricerche. La carriera può essere sacrificata in cambio della salute e del tempo libero da dedicare alle relazioni. Un altro punto a nostro favore è l’apertura verso altre culture, l'europeismo alimentato dalle esperienze Erasmus. Abbiamo pochi soldi ma non vogliamo rinunciare alla qualità dei progetti: così ci siamo inventati il crowdsourcing e il crowdfunding. Votati alla poliedricità,nella nostra vita non c'è nulla di fisso. Figuriamoci il posto.

Mica male per dei fannulloni, no? 

 

di Irene Caltabiano

 

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