We are Social. Be social ☮

Fare soldi viaggiando? Diventa un travel blogger!

Simon Falvo, Cabiria, Claudio Taglia.

TRAVEL-BLOGGERChi sono e cos’hanno in comune questi sconosciuti? Si chiamano travel blogger, ovvero persone che hanno fatto della loro passione per il girovagare una professione. Wow, bellissimo! Il lavoro dei sogni! Il grosso problema è quando si tratta di monetizzare in rete contenuti del genere. I punti interrogativi sono tanti, perciò cercheremo di chiarire come essere un globetrotter potrebbe diventare la tua fonte di reddito.  Gli ingredienti base sono avere la penna facile, una grafica accattivante, ma soprattutto essere bravi fotografi, elemento fondamentale per tenere aggiornato un blog di viaggio.

1) Conoscere amici e nemici 

È bene sottolineare che, se il vostro mercato di riferimento è quello italiano, non sarete destinati a fare grandi numeri. Purtroppo noi abitanti del Bel Paese siamo un po’ troppo pigri e nemmeno le aziende nostrane hanno ancora focalizzato il potenziale che un travel blogger può apportare al marketing turistico. Quindi se conosci altre lingue sarai sicuramente favorito: ad esempio, scrivere in inglese consente di aprirsi al mercato mondiale e crescere più velocemente.

Fondamentale capire quali sono i concorrenti del tuo business; sarà più facile scegliere che taglio dare al sito. Le basi ovviamente sono creare una pagina su tutti i social, dare informazioni chiare su chi sei e cosa fai.

 

2) Post sponsorizzati

TRAVEL-BLOGGER

Alcune aziende danno la possibilità di inserire all’interno del tuo blog banner pubblicitari.  Il consiglio che danno diversi travel blogger è commercializzare prodotti attinenti con quello che scrivi , perché potrebbe valerne della tua credibilità. Ad esempio se parli di un viaggio in Canada, sarebbe poco opportuno pubblicizzare costumi da bagno. Cerca di impostare le reclàme come se fossi tu stesso a consigliare qualcosa ad un amico. 

Esistono diverse agenzie di affiliazione che possono svolgere questa attività per te, cioè fornire direttamente le campagne. Ma , sempre sotto consiglio di chi c’è passato, conviene essere intraprendenti e proporsi da sè come veicolo pubblicitario. Per cominciare si può scrivere una parola chiave su Google e vedere che tipo di annunci vengono sponsorizzati sugli stessi argomenti. Stessa cosa con Facebook, osservare i banner che appaiono su pagine attinenti.  O ancora creare un fac simile di uno spazio pubblicitario sul sito scrivendo che quello spazio sarà disponibile per chiunque voglia investire sul tuo blog.

3) Sviluppare piani marketing geolocalizzati

Si possono fare accordi con alberghi, bed and breakfast e agenzie di viaggio magari partendo da luoghi più ameni e poco visitati e quindi da una determinata nicchia di pubblico. In pratica, fare pubblicità con lo storytelling, cioè trasformandola in contenuti web, sia descrittivi che fotografici. Se si hanno competenze anche in videomaking, sarà facile creare piccolo filmati di presentazione.

4) Sei un asso in fotografia? 

TRAVEL-BLOGGERPuoi sfruttare a tuo vantaggio questa capacità. Le stesse immagini che inserisci sul blog è lecito venderle a più siti come Fotolia, Getty Images, Istock.com.

5) Programmi di affiliazione

Come accennavano prima, esistono agenzie che forniscono link per l’acquisto di prodotti –servizi interessanti per I tuoi lettori e daranno dunque una percentuale sugli acquisti effettuati. Può accadere che qualcuno sia interessato a servizio/prodotto che tu proponi, ma questo non significa che farà un acquisto contestuale al momento in cui leggerà l’annuncio. Quando decidi di aderire ad un programma di affiliazione, assicurati che il link che l’azienda ti fornisce abbia dei cookies, ossia che faccia in modo di registrare un acquisto su quel sito anche se la persona vi accede in un secondo momento.

6) Copywriting

Creare itinerari ad hoc e venderli alle agenzie di viaggio sotto forma di storytelling potrebbe rappresentare un’idea vincente. Allo stesso modo si possono scrivere e-book, manuali, guide pratiche  di propri racconti di viaggio e metterli a disposizione per l’acquisto online.

Ovviamente prima di buttarti a cercare metodi di monetizzazione si deve raggiungere un certo pubblico, così da aumentare il tuo valore di mercato. L'importante, come in ogni viaggio è cominciare a camminare...

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

«Aiutami papà, mi drogo di social network». La storia di Silvia

Negli anni '70 c’era l’eroina.

Oggi il male dei giovani è molto più subdolo perchè perfettamente legale. Stare troppo tempo su Internet, se poco tempo fa veniva etichettata come cattiva abitudine, oggi è stata riconosciuta come una vera e propria malattia. Viviamo infatti in un’epoca senza precedenti. Mai l’uomo era riuscito a creare un confine così sottile tra il reale e il virtuale.

L’essere risucchiati dal web per giornate intere è un fenomeno che ha assunto proporzioni enormi, tanto da creare centri per la disintossicazione; uno di questi si trova al Gemelli di Roma e sono già più di 300 le persone che si sono rivolte alla struttura per cercare di guarire.« Il 90% dei nostri pazienti ha meno di 30 anni. Quasi tutti frequentano ossessivamente i social network e hanno sviluppato una forte assuefazione ai giochi online» dice Federico Tonioni, psicanalista alla guida del centro.

Andare a disisntossicarsi è diventata l’ultima spiaggia per chi soffre di questo disagio psichico. Ma prima di capire il problema e affrontarlo possono passare anni. Mesi di isolamento in cui il computer diventa il mondo reale, sicuro e lontano da qualsiasi fonte di sofferenza, chiudibile al tocco di un mouse.  È questo che ha spinto Silvia a rifugiarsi nell’universo segreto della sua cameretta.

«Mi spaventava affrontare la vita, i primi impegni importanti, come l’università, gli esami» racconta «temevo di fallire, così, pian piano ho lasciato tutto per rifugiarmi nella mia camera e da lì su internet. Soprattutto di notte, quando gli altri dormono; è in quei momenti che mi sento più sicura, come se ci fosse qualcosa, oltre la mia stanza, in grado di proteggermi».

Il giudizio degli altri la paralizzava,  così ha tagliato ogni contatto con  il mondo esterno.  Una scelta estrema, forse ancora più dolorosa per chi resta al di là del muro.« Non permettevo ai miei genitori di entrare in camera. Dormivo tutto il giorno così la notte potevo navigare per ore e nessuno doveva disturbarmi, i miei genitori hanno dovuto allontanare da casa i miei fratelli perchè erano preoccupati per loro».Finchè il semplice isolamento non è sfociato in reazioni più violente, come scoppi di rabbia incontrollata, anche fisica, di fronte a ogni tentativo di staccare la connessione. Una forma di dipendenza a tutti gli effetti, al limite della depressione,che aveva certamente bisogno di cure adeguate.

I casi più gravi rappresentano il 5% della fascia giovanile, ma il tasso è in crescita. I centri cercano di lavorare molto soprattutto con i genitori, che spesso sono i primi a non comprendere fino in fondo questo disagio. Le cause infatti sono quasi sempre esterne, legate al rifiuto di sé stessi magari in seguito ad atti di bullismo, o perchè nel virtuale si riesce a compensare ciò che non si trova nella realtà.

«Giocavo fino a notte fonda e non mi staccavo neanche per andare in bagno» dice Silvia «Ho toccato il fondo. Dietro quella voglia di collegarmi a internet ed entrare in un altro mondo, ora penso ci sia stato un vuoto di sentimenti».

 

 

di Irene Caltabiano

 

ISCRIVITI al canale YouTube

 

 

Continua...

Cara Lorenzin, il giorno della fertilità è la rivincita dei creativi

Il fertility day? Una vera e propria bomba social.
Quelle poche immagini, brutte e dal sapore amatoriale, sono state condivise sulle bacheche di gran parte degli italiani, generando numerose parodie. Non si è parlato di altro per giorni. Tanto da farmi pensare che quella del Ministero della salute altro non sia che una strategia mediatica sul tipo “spariamola sempre più grossa, che ne parlino male o bene , basta che se ne parli”.
 

Ieri mi è capitato di incappare in un articolo di Anna Maria Testa, una delle copywriter pubblicitarie più brave d'italia. La stessa che aveva criticato il nome esterofilo dell’evento e a cui la Lorenzin aveva chiesto di aiutare le istituzioni. Come?A titolo gratuito. Un pezzo ben fatto, come solo un bravo comunicatore sa fare: nel pieno rispetto del pubblico e del suo pensiero. Tuttavia, con la forza delle parole e una logica impeccabile, stimola il pensiero laterale, andando oltre il mero polverone degli eventi.

Sono una di quelle che ha studiato Scienze della comunicazione, anche detta dai più "Scienza delle merendine" o "esamificio". La stessa che si è sempre sentita dire «Vabbè tanto hai la laurea assicurata, è normale che tu non vada fuori corso. Non come giurisprudenza e medicina, in cui si studia davvero...».

Cari creativi, quegli slogan così inopportuni hanno segnato il nostro riscatto. Hanno dimostrato che i bravi comunicatori servono, anzi, sono fondamentali. Ogni giorno assisto al proliferare di piattaforme per creare da sé i propri siti, per diventare fotografi senza saperne nulla di fotografia, per improvvisarsi pubblicitari. Ma la disponibilità del mezzo non significa la capacità di usarlo.

Nel periodo in cui scrivevo la tesi mi rimase impressa una frase di John Lasseter, direttore creativo di Pixar e Disney. «Non fatevi sedurre dalla tecnologia. Ogni giovane rimane così entusiasta di fronte a nuovi programmi e pacchetti software, ma la tecnologia da sola non intrattiene il pubblico. È quello che si fa con essa, piuttosto. Nessuna quantità di grande animazione farà risparmiare una brutta storia».

Si può dire la stessa cosa di una buona campagna pubblicitaria. Le aziende usano gran parte dei soldi per comprare spazi promozionali e il costo sulla creatività è sempre poco rilevante rispetto a quanto dovrebbe esserlo. Quasi si tratti di un vezzo, un passatempo per bohèmienne. Anzi, dobbiamo ringraziare se si vede a malapena l’ombra di un rimborso spese.

È frustrante doverlo ripetere ancora una volta, specificare che un lavoro fatto bene richiede alta professionalità. E questa capacità va economicamente corrisposta. Quando abbiamo lasciato che il lavoro intellettuale venisse pagato, con tutto il rispetto, alla stessa cifra, se non meno, di chi fa la babysitter? Ma soprattutto, se è il Governo stesso a far passare questo messaggio, siamo fritti. Tutti i  presunti datori di lavoro si sentiranno legittimati a spremerci come un limone per qualche spicciolo o per la gloria.

Nonostante tutto, un merito la Ministra e la sua cricca di pubblicitari (che , sottolineamolo, avevano confezionato gratuitamente  i manifesti) un merito ce l’hanno: l’aver messo in luce il problema  e di aver segnato, finalmente la rivincita dei creativi. Sperando che anche quest’argomento, come credo si auguri la stessa Lorenzin, non finisca presto nel dimenticatoio.

di Irene Caltabiano

 

Leggi anche:

Fertility day: SOS, Patria chiama utero

ISCRIVITI al canale YouTube

 
Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci