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Ti sei mai chiesto da dove vengano le extension di capelli naturali?

La globalizzazione presenta molte sfaccettature.

extensionPersino gli standard di bellezza non hanno più barriere fisiche né culturali. Le donne sono quotidianamente bombardate da immagini di attrici, modelle e cantanti dalla chioma folta e lucente. Da qui la diffusione delle extension, ciocche di capelli veri applicate alle lunghezze naturali. 

Il viaggio delle ciocche, dai templi ai saloni dei parrucchieri

Vi siete mai chiesti da dove provengano le meravigliose  pettinature che molte sfoggiano uscite di fresco dal parrucchiere? I capelli nero corvino delle donne indiane sono invidiati dall'intero genere femminile, tanto che qualcuno ha scoperto come trarne una fortuna da 250 milioni di dollari l’anno. L’offerta dei capelli in India è una tradizione religiosa legata al culto di Vishnu. Si racconta infatti che  la divinità, dopo un colpo d’ascia in testa, abbia perso parte dei capelli. L’angelo Nila Devi gli offrì così una ciocca delle sue e il gesto fu talmente apprezzato che divenne una pratica sacra. Chiunque doni la propria chioma all' idolo riceverà in cambio la realizzazione di un desiderio.

bambina_indiana_Extension

Ma ci sono tantissime credenze popolari a sostegno di questa pratica dal sapore sciamanico. Molte donne si rasano per purficarsi, come se il gesto di donare capelli equivalesse a cedere la propria vanità. Fin qui non ci sarebbe niente di male.Il problema è quando si sfrutta la fede delle persone per costruirci un business, come viene raccontato nel documentario Hair India, degli italiani Marco Leopardi e Raffaele Brunetti (il film si trova completo su YouTube e linkato sotto). 

Ogni giorno qualcuno va a chiedere la grazia a Vishnu. I templi sono suddivisi in 18 stanze, dove 650 barbieri pagati una miseria tagliano i capelli a uomini , donne e bambini, con scarse norme igieniche. La maggioranza è gente che vive in estrema povertà e spera di essere miracolata. 

Il giorno successivo al rito vengono raccolte le ciocche, portate al porto di Chinnai e da lì smistate intorno al mondo. I fornitori indiani pensano che i soldi delle vendite vadano a scopo benefico«Abbiamo finanziato l'educazione dei bambini attraverso la costruzione di scuole. Abbiamo distribuito circa 30mila pasti gratuiti ogni giorno per i poveri» sostengono dal tempio Tirumala. Nessuna mensa verrà aperta con quei soldi, né tantomeno i fedeli ignari vedranno mai una briciola del risultato di ciò che hanno donato.

Le ciocche vengono vendute online alle aziende che trattano le extension di capelli umani, a circa 200-400 euro al chilo. Una volta decolorati, tinti e cuciti insieme, inizia la distribuzione in tutto il mondo. Prezzo per “una testa” completa? Anche duemila euro.

La tradizione religiosa? Solo una scusa

greatlenghtsIl traffico di extension include anche l’Italia. Persino la Great Lenghts, un'azienda di Roma, si rifornisce così. Una volta giunti a destinazione, i capelli vengono lavati in grandi vasche, asciugati e divisi in filamenti. Ciocche che andranno ad abbellire le nostre teste inconsapevoli.

Si stima che solo il 20% dei capelli indiani provenga dai riti religiosi. Il resto potrebbe essere frutto di metodi ancora meno ortodossi, come violenze sui minori. D’altronde alle bambine viene fatto il lavaggio del cervello fin da piccole: « Se il villaggio ti vedrà con la testa rasata, ti diranno tutti che sei una brava bambina»

L’ennesimo crudele business di chi ruba ai poveri per dare ai ricchi. 

 

di Irene Caltabiano

 

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Il sapere non ha età! Le Università italiane si mettono online...gratis

Sono lontani i tempi in cui l’ Alma mater studiorum era roba d’elitè.

Non solo i laureati sono in continuo aumento, ma anche l’accesso alle facoltà è diventato sempre più democratico…e tecnologico. E’ ufficialmente attiva EduOpen.eu, piattaforma creata da 14 atenei italiani (l’Università Aldo Moro e il Politecnico di Bari, la Libera Università di Bolzano, l’Università di Catania, Ferrara, Foggia,Genova, ,Modena e Reggio Emilia, Parma, Perugia, l’Università Bicocca di Milano, l’Università del Salento, l’Università Politecnica delle Marche e infine la Ca’ Foscari di Venezia). Il sito offre corsi formativi di alta qualità, online e gratuiti e privi di copyright.

Si chiamano MOOC ( Massive open online course) e sono tenuti dagli stessi docenti che impartiscono lezioni in aula. Il portale nasce un anno fa grazie a un finanziamento di 100.000 euro da parte del Ministero dell’istruzione, sull’onda lunga della sempre maggiore digitalizzazione degli atenei internazionali. L’obiettivo è allargare il bagaglio culturale di chi non può permettersi la retta universitaria o chi, semplicemente, pensa che ci sia sempre qualcosa da imparare. Dai ragazzi lavoratori ai pensionati, tutti possono sviluppare nuove competenze.

I corsi sono distribuiti in creative commons, cioè tranquillamente riutilizzabili e riproducibili, con l’unico obbligo di citare la fonte.  Sessantotto argomenti,  di cui nove già attivi. Tra i più “ghiotti” “Come sta il mio inglese", corso completo di lingua, oppure  “Introduzione alla programmazione con Python”  o ancora  “Scrivere e far di conto nell’era digitale". Ma c’è veramente di tutto, dalla medicina alla storia.

Ma c’è di più....

Dopo il completamento delle attività si ottiene un attestato di partecipazione e un badge rilasciato da BESTR, piattaforma del CINECA, Consorzio interuniversitario. Cos’è? Un documento digitale che lo studente potrà presentare in sede di colloquio in azienda o alle selezioni per l’accesso ad enti di formazione, mostrando così le competenze acquisite.

Per ogni corso è previsto il rilascio di certificati , crediti e titoli universitari, a seconda del livello scelto ( i livelli sono contrassegnati da colori diversi). Si va dallo zero ( attestato di partecipazione) al quattro ( livello Master).

Non mi resta che augurarvi buono studio.

 

di Irene Caltabiano

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SOS: la Scuola Open Source dove l'attimo si coglie, non fugge

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Perchè le foto di nudo femminile hackerate fanno ancora così scandalo?

Tiziana Cantone, suicida per la diffusione di alcuni video hot, è già finita nel dimeticatoio.

 

Tutti i Je suis Tiziana si sono dissolti al cospetto del primo primo video di un gattino che salta dentro le scatole. Fin quando non si è presentata la nuova vittima, Diletta Leotta, volto di alcune trasmissioni Sky. Una bella ragazza, solare, idolo dei tifosi italiani perchè conduttrice di programmi sulla serie B.

 

Pochi giorni fa è stato hackerato lo smartphone della giornalista e messe in rete immagini della sua biancheria intima e foto a seno nudo. Fortunatamente Diletta ha reagito con convinzione, sporgendo subito denuncia alla polizia e chiedendo un'azione legale. La conduttrice ha sottolineato come il suo pensiero sia rivolto a ragazze meno solide, che si fanno annientare da questo tipo di eventi. Al di là del tipo di immagini, chiunque distribuisca materiale privato con leggerezza, compie un reato.

 

Mi sono interrogata sui fatti: perchè le foto di nudo fanno ancora tanto scandalo? Qual è l'obiettivo degli hacker nel diffonderle? E perchè al maschile non vengono mai fatte queste operazioni? Ho fatto un rapido giro su Internet. Anche nel caso dell'attacco di hacker su Hollywood nel 2014, una delle notizie più importanti a livello di hackeraggio di personalità pubbliche, i profili violati erano tutti di attrici. Di gentleman neanche una traccia.

 

Sembra che, anche in fatto di violazione della privacy, vinca la supremazia del pene. Sottilmente, pubblicando queste foto, si vuole forse prendere per buono il vecchio retaggio che una donna bella e in carriera deve per forza essere una poco di buono? Una che, mamma mia, ha foto senza reggiseno sul proprio cellulare! Che scandalo!

 

Non sono riuscita a darmi una risposta, l'argomento è piuttosto complesso. Nel frattempo però, siamo circondati ovunque di donne che ammiccano, persino per pubblicizzare uno yogurt, e non sembriamo ancora stanchi di tutto questo. La fame di gossip e maldicenze a spese del corpo femminile non si è ancora placata.

 

La cosa più scandalosa, in fin dei conti è la violazione della privacy di una persona, uomo o donna che sia. Questo confine, sempre più fragile, tra pubblico e privato a cui nessuno riesce più a mettere un limite, o comunque se lo fa, i risultati sono scarsi.

 

 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

 

 

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