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Smartphone in classe, come sopravvivere alla guerra fredda

Ma che ne sanno gli studenti di oggi...
 

Di ore passate a compilare bigliettini con la precisione di un amanuense, infilarli nei calzini, passarseli furtivamente sotto i banchi. Di entrate strategiche mezz'ora prima del compito in classe per copiare le formule sul banco.

Sono invidiosa. Se avessimo avuto oggi le mille possibilità di copia-incolla degli adolescenti di oggi avremmo passato gran parte del tempo in attività più ludiche dei compiti a casa. Lato insegnanti, gli smartphone sono lo strumento del diavolo. Se prima dovevano stare attenti a movimenti sospetti, oggi si devono preoccupare se gli alunni stanno troppo fermi. I furbacchioni ne sanno una più del diavolo e potrebbero avere uno smartphone proprio sotto il naso.

È iniziata la scuola e dunque la "guerra fredda" a colpi di nuove tecnologie. Qualche insegnante agguerrita ha tirato fuori l' "artiglieria pesante”. Lo jammer non è il nome della nuova droga sul mercato, anche se è illegale alla stessa maniera. Uno strumento ad alta tecnologia che rende inutilizzabili tutti i cellulari nel raggio di 15 metri, vietato secondo l'articolo 340, 617 e 617 bis ( interruzione di pubblico servizio e comunicazioni telefoniche). A mali estremi...( per la cronaca, si trova online alla modica cifra di 28 euro). Altri strumenti più leciti? Compilatio.net, piattaforma detective che, semplicemente inserendo il testo scritto dall'alunno, rivela se è stato copiato e quale sia la fonte. L'incubo dei tesisti ma non solo (pensate ai contenuti “originali” di qualsiasi sito di informazione).

Togliere i cellulari prima dell'inizio del compito non basta più, i lestofanti ne hanno sempre uno di ricambio. Così gli innocui professori sono stati costretti a digi-evolversi, trasformandosi in astute faine. Marinella Stangherlini, insegnante del liceo classico Parini di Milano racconta che, mentre correggeva le versioni di latino, si è resa conto di come la maggioranza degli elaborati  sembrasse scritta dalla stessa mano. Così, una volta entrata in rete, ha scoperchiato il vaso di Pandora: da Skuola.net a Studenti.it, esistono migliaia di siti che offrono traduzioni dalla A alla Z. Piattaforme dove inserisci tre parole chiave e come per magia compare il testo in italiano.  Trasposizione forse un po' maccheronica, ma sforzandosi,  si può simulare un risultato decente.

 

Altro che pesanti vocabolari e ore di scervellamento per giungere all'agognata traduzione. Con pochi click diventano tutti novelli Catullo. Non sempre però si riesce a farla franca. Matteo Monaco, docente di Lettere, racconta di aver lasciato come compito per casa la traduzione di un brano di Tacito fino alla riga 10. Uno studente, dalle evidenti capacità divinatorie, aveva presentato la versione fino alla frase 12. Voto? Uno . Oppure Gianluca Daffi, docente della Cattolica, riporta un succulento aneddoto: alla consegna di una ricerca assegnata come compito a casa, una mostrava addirittura la dicitura “Torna al menu” nell'ultima pagina.

Neanche i professori tuttavia hanno la fedina completamente pulita. Si narra che durante un compito di matematica, tutti gli alunni riuscissero a risolvere il problema tranne i sapientoni della classe. Nulla di strano. Stavolta era l'insegnante a dover fare il mea culpa, avendo sbagliato a riportare gli esercizi copiati da qualche sito.

Pessimi strafalcioni da entrambe le parti. Ma in tempo di guerra tutto è concesso. Alcuni bontemponi cavalcano l'onda tecnologica, mettendosi a spada tratta dalla parte degli studenti. Scuola Zoo, community interamente dedicata al mondo didattico, ha creato un vero e proprio business del copia-incolla. L'articolo che va più forte? L'orologio -bigliettino, da un'idea di Francesco Fusetti, padovano laureato in Economia aziendale alla Bocconi, che a soli ventitrè anni è l' "anziano" del gruppo. Insieme a Paolo De Nadai, formano il duo più perfido del mondo scolastico online. «Lo smartwatch l' abbiamo fatto fare a Hong Kong, mentre ero in Cina per l’Erasmus» dice Fusetti. L'oggetto è una sorta di penna usb da oltre 2 giga dove si possono caricare temi, esercizi, analisi del testo. Se l'insegnante è nei paraggi, con un click ridiventa un orologio. Risultato? Ne hanno venduti 20.000 in due anni.

Ma il catalogo di prodotti non finisce qui. Si va dalla penna-bigliettino, dalla quale fuoriesce un piccolo telo di plastica su cui scrivere le formule, a quella laser con inchiostro invisibile che appare solo se viene illuminato, alla maglietta sulla quale sono scritte formule matematiche in codice. Insomma, il genio si può esprimere in tanti modi. Skuola.net invece è più nostalgico e propone metodi “classici”, dal "polpaccio sapiente" (ci scrivi le formule e accavalli la gamba), alla sostituzione della copertina dell'enciclopedia con quella del vocabolario.

Cari ragazzi, il mio esame di maturità risale ormai a ben nove anni fa. Ma credo ci sia una regola che rimane sempre valida. Senza studiare almeno un po', non si arriva da nessuna parte. Siete incantati da youtuber come Faviji o Greta Menchi? Si,il successo e i soldi, con gli strumenti di oggi, si possono raggiungere in poco tempo. Ma arriverà sempre un momento, prima o poi, in cui si dovrà studiare e non è detto che ciò avvenga sui libri. Parlo dello studio come forma mentis, cioè capacità critica, di espressione, di creazione del proprio bagaglio culturale come strumento per affrontare il mondo.

Gli smartphone , dal canto loro, non dovrebbero rappresentare il male, ma si dovrebbe cercare di integrarne l'uso per potenziare l'apprendimento. La farina del proprio sacco, ovunuque, sarà sempre meglio di un'eccellente copia-incolla.

Anche se per i compiti di matematica, la maglietta-formula l'avrei indossata volentieri.

di Irene Caltabiano

 

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Imparare? Questione di vita o di morte!

Cosa fareste per avere la possibilità di studiare?
 

Per molti bambini andare a scuola è scontato, addirittura noioso. Dall'altra parte del mondo invece c'è chi rischia la vita per istruirsi. Chilometri a piedi, strade impervie e ponti pericolanti.

Secondo un recente studio dell'Unesco il numero di bambini che ricevono l'istruzione primaria è in continua diminuizione. Perchè? Il motivo è tanto banale quanto assurdo: hanno difficoltà a raggiungere gli edifici scolastici.

All'alba del primo giorno di scuola, ecco a voi una gallery delle scuole più "pericolose" del mondo. Quando i vostri figli fingeranno 39 di febbre perchè non hanno voglia di stare tra i banchi, mostrategli queste. Capiranno quanto sono fortunati. O pigri.

1) Lebak, Indonesia: l'unico modo per arrivare in classe è attraversare un ponte disastrato

2) Rio Negro, Colombia: i bambini silanciano su una corda lunga 800 metri a un'altezza di 400.

3) Rizal, Filippine: i bambini attraversano il fiume su pneumatici

4) Shuafat, Gerusalemme: campo di battaglia tra israeliani e palestinesi

5) Collegio Pili, Cina: un percorso impervio attraverso le montagne 

6) Riau, Indonesia: bambini in canoa

7) Galle Fort, Sri Lanka: ragazzine attraversano un'asse tra le mure del sedicesimo secolo

8) Lebak, Indonesia: ponte di radici

9) Myanmar, Birmania: i bambini vanno a scuola in groppa ai buoi

Sono certa che portare i bambini a scuola adesso sembrerà una passeggiata.

 

di Irene Caltabiano

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Heil Zuckerberg! Quanto siamo vicini alla dittatura informativa?

«È un’azienda d’alta tecnologia, non d’informazione»

Proviamo a indovinare chi ha pronunciato questa frase. Il CEO di Microsoft? O magari quello di Apple...

Nessuno di loro due. Mark Zuckerberg minimizza l'influenza che ha ormai "il" social network sulle nostre vite e soprattutto sul mondo dell'informazione. Alza le mani, come a dire: «Io ho costruito il giocattolo, ora sta a voi regolarvi su come usarlo».

Peccato che sull'1,65 miliardi di utenti attivi al mese, il 61% dei millenials , cioé i giovani di età compresa tra i 16 e i 34 anni, lo usa per informarsi quotidianamente (dati del Pew research center). La credibilità che danno a queste notizie è un altro discorso, ma intanto il traffico gira vorticosamente, a favore del multimiliardario di Menlo Park. L'importante è esserci, bufale o meno, che siano articoli frutto di un'attenta analisi o dettati dall'entusiasmo del momento.

Ulteriore dato a conferma della cattiva fede di Mr Zuckerberg? La creazione degli instant articles. Cosa sono? Contenuti scritti, pubblicati, pubblicizzati senza passare da nessun altra piattaforma che non sia Facebook.

Il pesce grande è sempre più ingordo di pesci piccoli insomma, inghiottiti , volente o nolente, dalla corrente più forte. Sembra però che il “neutrale” calderone di contenuti si sia macchiato di onnipotenza, cominciando a metter censura su argomenti e contenuti fin troppo delicati.

I fatti

L'Aftenposten, principale quotidiano norvegese di proprietà di Scibsted, massimo gruppo editoriale scandinavo, ha accusato Zuckerberg di abuso di potere. Facebook ha cancellato la celeberrima foto del premio Pulitzer Nick Hut che ritrae Kim Puch, bambina vietnamita, mentre corre nuda bruciata dalle bombe al Napalm dopo l'intervento americano in Indocina. Giustificazione? Si intravedono i genitali dell'allora novenne.

Una procedura classica, avrà forse pensato il team di censura della piattaforma, soprattutto se si tratta di bambini. Ogni informazione tuttavia ha bisogno di essere contestualizzata. La foto era contenuta in un album di Tom Egeland, intitolato “Le sette fotografie che hanno cambiato la storia della guerra”. Lo scrittore è stato immediatamente sospeso dal social.

Ma c'è di più. Aftenposten da la notizia del blocco dell'account di Egeland sulla pagina ufficiale del quotidiano, ripubblicando la stessa immagine. Facebook rincara la dose e chiede di cancellare o rendere irriconoscibile la foto dalle proprie edizioni on line. Ciò che nelle intenzioni di Zuckerberg doveva essere un evento circoscritto, è arrivato fino alla orecchie della ministra Erna Solberg, che ha deciso, per protesta, di postare il pomo della discordia sul suo profilo Facebook.

Per tutta risposta, il quotidiano norvegese non solo non presta attenzione all'imperativo ma Egil Hansen, direttore e admin del giornale, scrive una lettera aperta a Mr Zuckerberg. « Caro Mark, hai creato delle regole che non distinguono tra pedopornografia e fotografie di guerra. Non lasci spazio alle critiche, al giudizio corretto. Facebook è diventata la principale piattaforma per la diffusione di informazione, dibattito , per mantenere contatti fra le persone e ti siamo grati di poterla utilizzare. Nonostante questo, credo stia abusando del tuo potere».

Il direttore si dice perplesso e arrabbiato. «Prova a immaginare una nuova guerra in cui i bambini saranno vittime di bombe al napalm o gas nervino. Vorresti frenare la documentazione di tali crudeltà solo perchè una minoranza potrebbe restarne colpita o perchè qualcuno potrebbe trovarci qualcosa di pornografico? Sono preoccupato che il medium più importante del mondo limiti la libertà anziché ampliarla, e in modo così autoritario»

La risposta di Facebook

Il portavoce del social, in risposta alle critiche di Hansen, ha chiarito la posizione dell'azienda:« Sebbene riconosciamo che questa foto sia un’icona, risulta difficile distinguere in quale caso sia opportuno permettere la pubblicazione di una foto di un bambino nudo. Cerchiamo di trovare il giusto equilibrio tra il permettere alle persone di esprimersi e il garantire alla community globale un’esperienza che sia sicura e rispettosa. Le nostre soluzioni non saranno sempre perfette, ma continueremo a cercare di migliorare le nostre policy e il modo in cui le applichiamo»

 Allora perchè non bloccate gli account di tutti i genitori che fanno dei propri bambini dei mini sex symbol? O chi magari non pubblica immagini, ma scrive o “disegna” oscenità molto peggiori? Per essere ancora più cattivi, magari è sconveniente ricordare alla Big Great America le proprie malefatte. Vista la situazione, dovremmo cominciare a riflettere sui rischi del pericoloso monopolio informativo verso cui stiamo andando. Dalla censura a una dittatura  virtuale il passo potrebbe non essere troppo breve.

di Irene Caltabiano

 

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