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Ori, argenti e frodi: l'altra faccia delle Olimpiadi

Finita un'Olimpiade se ne fa un'altra.

Peccato che le problematiche che ci si trascina dietro, anche dopo la fine dell'evento, sono sempre numerose e dipendono dal contesto del Paese opsitante. I momenti piacevoli lato pubblico sono stati certamente molti; un po' meno per gli autoctoni. Il governo brasiliano, lontano dalle telecamere, non è stato per niente "sportivo" e i cittadini ne hanno fatto le spese.

 In mezzo alle continue denuncie avviate da numerosi movimenti sociali sudamericani durante il corso della manifestazione (dal purificare Rio dalle sue “brutture” alla carenza di sicurezza) una ha serpeggiato più delle altre, senza mai finire realmente sotto i riflettori: l'affidamento dell'acqua pubblica in mani private. Per cosa? Finanziare le Olimpiadi.

Il dispendio di cifre enormi per sostenere lo sfarzo dell'evento è stato possibile anche grazie alle privatizzazioni. Poche settimane prima dell'inizio è stato emesso un prestito di emergenza per contribuire al finanziamento delle infrastrutture necessarie, in particolare una linea metropolitana che collegasse tutti i luoghi della manifestazione. La concessione si è basata sulla vendita della società pubblica di approviggionamento idrico e servzi sanitari alla Odebrecht, colosso dell'ingegneria brasiliana, già proprietaria del famoso stadio Maracanà.

Pare che la vendita dell'acqua pubblica per ottenere finanziamenti sia legata alla dichiarazione di un falso stato d'emergenza. Infatti, attivando una situazione di allarme, è lecito chiedere prestiti in deroga alla legislatura nazionale.

Perchè la Odebrecht?

La compagnia, nel 2013, ha contribuito ad un terzo dei ricavi del Partito. L'azienda non è inoltre esente da problemi con la giustizia: sembra infatti  fosse stata coinvolta nello scandalo Petroobas ( inchiesta per corruzione riguardante i contratti per la costruzione di infrastrutture petrolifere). Dal momento che pare che il governo non riesca a recuperare i costi dell'investimento , la Odebrecth riceve ancora sovvenzioni pubbliche.

L'ulteriore scandalo riguarda le favelas, escluse totalmente dall'approvvigionamento. In pratica il 16% della popolazione della zona ovest non dispone di acqua potabile.

Sicuramente la Oderbrecht avrà tenuto in alto i calici per tutta la durata della manifestazione. E continua a brindare.

di Irene Caltabiano

 

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#Sfidaaccettata, un'altra moda fine a sè stessa

Cosa sono tutte quelle immagini in bianco e nero che occhieggiano dalle bacheche Facebook col suddetto hashtag? 
 

Una sfilza di foto profilo che, quanto meno, sembrano avere un fine nobile. Figlia dell'Ice bucket challenge e simili, #Sfidaaccettata è la moda social del momento, consistente nel pubblicare una propria foto in bianco e nero come simbolo della lotta contro il cancro.  Qualche anno fa c'era stata una trovata simile, quando milioni di donne avevano cominciato a scrivere sulla bacheca il colore del loro reggiseno. Moltissimi uomini erano andati in tilt non sapendo a cosa si riferisse quell'invasione cromatica.

L'iniziativa funziona cosí: chi mette un mi piace dovrá a sua volta pubblicare una foto nella stessa modalitá, creando una sorta di catena. Il trend, partito dalla Spagna, è giunta a breve in terra nostrana. 

Peccato che, in questo marasma di foto , molte caratterizzate da occhiate sexy e ben lontane da un viso acqua e sapone, vedo riflesso ancora una volta un malcelato narcisismo. Come d'altronde nelle bandiere esposte ad ogni attentato o calamitá naturale, cambiate all'occasione.

La maggioranza aderisce in buona fede a queste iniziative. Ma sensibilizzare con tali modalitá rischia di creare un effetto vuoto e grottesco. Dietro la campagna non esiste infatti nessun ente ufficiale, quindi non si fa nulla di concreto per ridurre i tassi di mortalitá né per migliorare la qualitá della vita delle persone affette da questo male.

Un modo come un altro insomma, di mostrare a noi stessi quanto siamo buoni e sensibili. Mentre aspettiamo la prossima moda. 

di Irene Caltabiano

 

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Fertility day: S.O.S, Patria chiama utero

"Celebrare questa rivoluzione culturale istituendo il “Fertility Day”, Giornata Nazionale di informazione e formazione sulla Fertilità, dove la parola d’ordine sarà scoprire il “Prestigio della Maternità”.
 

L'iniziativa promossa dal Ministero della Salute, che avrá luogo il 22 settembre, ha scatenato una vera e propria bufera mediatica e social. Basterebbe semplicemente questo stralcio tratto dal Piano Nazionale per la Fertilitá, documento ufficiale redatto per l'occasione, a condannare se non altro lo stile con il quale è stata impostata la campagna.

Risulta facile farsi dominare dall'indignazione di fronte a certe trovate. Tuttavia sempre meglio non cedere alle emozioni a caldo e cercare di capire il reale intento del progetto, nella speranza di trovarsi di fronte a un pubblicitario incompetente accompagnato da un team altrettanto sprovveduto. Partiamo dalle immagini che hanno caratterizzato la discutibile e discussa promozione.

Donna= aspetto estetico. Anche l'intelligenza, il fascino,la personalitá non hanno etá. Gli obiettivi possono essere diversi dall'apparire attraenti e piacevoli alla vista? Ah giusto, possiamo anche sfornare figli. Se l'obiettivo era non mettere ansia ma semplicemente informarci sulla durata della nostra etá fertile, non è stato raggiunto. Tuttavia, questo aspetto potrebbe risultare secondario. Il meglio deve ancora venire. 

Come l'acqua, sembrerebbe suggerire l'immagine. Peccato che quella la paghiamo e non poco. La sensazione di presa per i fondelli si fa sempre piú palpabile. Il culmine dell' ipocrisia non tarda peró ad arrivare. La slide successiva recita : “Genitori giovani, il miglior modo di essere creativi”, mostrando due paia di piedi nella classica posizione del missionario. Perchè si sa, procreate, ma senza divertirvi troppo né perdere di vista l'obiettivo principale, ovvero rimpolpare il numero di virgulti. 

Per non parlare poi del fatto che l'unica traccia maschile in questo trionfo di superficialitá sono quel paio di piedi. Insomma donna,  muoviti a procreare perchè è colpa tua se la popolazione sta invecchiando. Povera scema, che stai ancora ad aspettare la cicogna. 

Mio caro governo, mi hanno sempre insegnato che i problemi vanno affrontati a monte. Perchè questi giovani capricciosi si incaponiscono nel non voler riprodursi? Forse semplicemente non ci sono le condizioni adatte per mettere al mondo un figlio. Mettiamo che, presa dall'entusiasmo, essendo una giovane in etá da concepimento, mi sia svegliata stamattina con un impellente desiderio di maternitá. Ma ops, col mio stipendio ce la faccio a malapena a pagare bollette e affitto. Nel migliore dei casi. Una stragrande maggioranza di noi “presuntuosi” lavora e fa stage per  la gloria, stregati dal miraggio del “fa curriculum" e del “contratto a tempo indeterminato”.Condizione che obbliga ancora, di malavoglia, alla condizione di figli, a restare  a casa a carico di mamma e papá per risparmiare.

Vedo molti indici puntati contro le donne che lasciano passare troppo tempo senza adempiere alla loro funzione riproduttiva e pochi incentivi reali, insomma. Mettiamo allora che abbia la possibilitá economica di farlo nascere questo fantomatico figlio. Per cosa? Per avere un contratto che, giá precario, diventa inesistente? Tutelato su carta ma, svegliamoci, il mondo reale è un'altra cosa?Per mandarlo in scuole non a norma che crollano con un soffio di Eolo? Per farlo giocare in mezzo alla spazzatura? O forse perchè, una volta cresciuto, andrá a nutrire la vasta fascia di cervelli in fuga? 

Infine, per i nostalgici, citando Roberto Saviano, l'ultima slide recita: “La costituzione tutela la procreazione cosciente e responsabile”. Solo di puro esemplare italiano, mi raccomando, come suggerisce il tricolore in bella vista.

Sono d'accordo che ci sia bisogno da parte dei giovani di una migliore consapevolezza del proprio corpo e della propria sessualitá. Ma per incoraggiare a una scelta cosciente e non come mera spinta allo svecchiamento del Bel Paese. E che sia in un obiettivo paritario, ovvero rivolto ad entrambi i sessi e sostenuto a monte da ben altre politiche sociali. Infine, in tutto quest'inno alla fertilitá, nessun cenno che vada al di lá della famiglia tradizionale. O della decisione legittima che avere figli non è necessariamnete il “destino biologico” ( come si legge nel documento) di ogni donna, se non ci si sente portate per fare le madri . Se l'andamento è questo, ce n'è  di strada da fare. 

 

 

di Irene Caltabiano

 

 

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