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Webete sta alla Crusca come la stupiditá ai social

Grazie Enrico. Di cuore.
 

Eravamo lí, in attesa che qualche mente illuminata desse un nome agli analfabeti funzionali, ai giudici da social, agli ignoranti da tastiera. C'eravamo arrivati vicini, ma non riuscivano ancora a dare il giusto peso al concetto, a riassumere in un unica parola la rabbia mista a divertimento verso chi scambia fischi per fiaschi e non ha idea di cosa stia postando. Ma lo pubblica lo stesso e commenta dall'alto della sua sedia da ufficio.

Poi è arrivato "webete". E Mentana è salito in un battibaleno all'Olimpo del social, prendendo posto tra Alberto Angela e Gianni Morandi. Se una volta questi tipi umani erano confinati alla pubblica piazza e spesso additati come scemi del villaggio, oggi la sicurezza del virtuale li rende ancora piú audaci e spavaldi nella loro stupiditá.

La storia di quello che, con il bene placito dell'Accademia della Crusca, si spera diventi un neologismo ufficiale, è ormai nota. Il malcapitato Claudio Bettoni, classico credulone che si ciba di bufale, ha cominciato a sproloquiare sui fatti relativi al terremoto avvenuto in Italia Centrale lo scorso 24 agosto.  Il webete in questione ha ricevuto questa risposta, che,se non altro,gli ha regalato fama. Ma non certo quei quindici minuti di cui parlava Andy Warhol.

Il post in men che non si dica è diventato virale, con un effetto simile a quello ottenuto da petaloso. Ma, se nel caso del primo aveva giocato la tenerezza suscitata dall' etá del piccolo inventore, nel secondo la fonte rispettabile legittima ancor piú la richiesta di inserimento nel dizionario italiano.

L'attesa di un termine che riassumesse l'atteggiamento che sui social va per la maggiore fa riflettere. Se nel caso di petaloso l'approvazione del termine rappresentava piú un vezzo linguistico, di webeti ne  è pieno il mondo.Sicuramente in maggior numero rispetto a fiori particolarmente floridi. Categorizzare a volte puó risultare utile, se non altro per conoscere ed evitare.

Rimaniamo in attesa di risposte dalla sacra Accademia della Crusca. Intanto spero che i webeti comincino a rintanarsi come i gelsomini notturni. Petalosi, ovviamente. 

 

di Irene Caltabiano

 

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C’era una volta un medico di strada. Il suo nome era Antonio Calabrò…

Ci sono lavori, che sono, prima di tutto, vocazioni

Sono quelle professioni che non richiedono solo talento e competenza, ma anche una cospicua dose di passione e motivazione, che va a sommarsi a uno smisurato amore per il genere umano. Parliamo di mestieri quali quello dell’insegnante e del medico. A Roma, ce n’è stato uno speciale: Antonio Calabrò. La sua eredità, per fortuna è stata raccolta e portata avanti dalla figlia Chiara, che ha seguito anche dal punto di vista professionale, le orme del padre.

Antonio Calabrò aveva dato vita, quasi dieci anni fa, a un ambulatorio di strada

A Cinecittà, infatti, visitava gratuitamente gli indigenti, italiani e non solo. «Mi pare fosse il 2008, quando bussò alla mia porta in municipio e mi chiese se poteva installare un container proprio alle spalle della chiesa di don Bosco. Non so dove si fosse procurato quel container, ma mi spiegò a cosa gli serviva. A noi chiedeva le autorizzazioni, l'allaccio in fogna e le utenze. Gliele concedemmo e si mise subito al lavoro». Così Sandro Medici, all’epoca presidente del X Municipio. 

In breve tempo, attraverso il passaparola, si diffuse la notizia di questo servizio, e sempre più persone chiedevano di usufruirne.

«Ricordo quando Antonio Calabrò mi parlò di una ragazza africana. La prima volta che era venuta nel suo ambulatorio, era quasi al termine della gravidanza. In seguito non si fece più vedere. Lui la cercò e la trovò in una baracca sull'Aniene. La convinse a venire al Fatebenefratelli, dove lavorava come chirurgo, per farla partorire senza correre rischi». Continua Sandro Medici.

 

Successivamente, purtroppo, l’amministrazione comunale non rinnovò le pratiche burocratiche necessarie a usufruire delle varie utenze. Nel frattempo, Antonio Calabrò, si ammalò e morì nell’autunno dello scorso anno. Così, per un lungo periodo il container rimase abbandonato a sé stesso, e il servizio fu sospeso. Sembrava che nessuno volesse/potesse raccogliere il testimone lasciato da Antonio Calabrò. E invece, ha deciso di farlo sua figlia Chiara. E ora, a Cinecittà si continuano ad assistere migranti, persone in difficoltà economica, e senza fissa dimora. Una “piccola” goccia nel mare sulla cui capacità di “contagio”, però, vale la pena di riflettere.

«Antonio aveva una capacità straordinaria di mettere in comunicazione le più diverse realtà. Dai giovani che frequentavano i centri sociali, ai salesiani. Era credente, ma comunque difendeva la sua esigenza di avere un rapporto franco e aperto con la chiesa».

 
 
 

 

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Qual é il contenuto più pubblicato sulle bacheche Facebook?

La risposta è elementare, Watson. 
 

Big F punta ancora sulle cose semplici, quelle che fanno leva su sentimenti e mondo affettivo. D'altronde, potreste mai ricordarvi di fare a tutti gli amici e o pseudo tali? Certo che no. Ci pensa il caro Mark a salvarvi dalle figuracce. Ebbene sì, la cosa che ancora tutti ci affanniamo a digitare e che consultiamo accuratamente sembra sia il calendario dei compleanni. Da ragno provetto,  Mr Zuckerberg tesse la tela dei nostri rapporti sociali. Ma attenti miei cari insettini. I post di auguri con cuoricini e foto altro non sono che un contenuto come un altro, volto esclusivamente ad aumentare il traffico dati del colosso della Silicon. 

Nonostante le funzionalità evolvano di continuo, sembra strano che il social più popolare del mondo affondi ancora le sue radici nel messaggio più classico di tutti i tempi, il business del biglietto d'auguri, veri o falsi che siano, sotto forma di card virtuale o contenuto video.

Facebook alimenta insomma gran parte del proprio gruzzolo grazie alle nostre date di nascita. Addirittura gli auguri agli amici rappresentano il 39% delle prime interazioni di ogni utente. I primi passi di ciascuno nel mondo social, insomma. Perciò, mentre ormai non facciamo nemmeno più lo sforzo di ricordare il compleanno di mamma e papà, la maggioranza delle volte portiamo avanti il festival della falsità, perfettamente consapevoli di farlo. Quanti e quali amici infatti ricorderebberò le tante lune passate se non esistesse la fantastica funzione reminder?

Lo sappiamo bene, non ce ne facciamo nulla degli auguri di un caro amico sulla bacheca Facebook. Dai nostri affezionati compagni di vita e avventure pretendiamo perlomeno una telefonata o ancora meglio, l'abbraccio di persona. Meglio festeggiare un qualsiasi non -compleanno allora. Almeno, se davvero non spegniamo le candeline in quel giorno, perlomeno gli amici sono reali. 

 

di IRENE CALTABIANO

 

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