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Google Duo: cos'è, come funziona e perchè si è diffusa tanto

Più veloce e semplice di Skype e simili. 

google-duo

 

Google Duo, a poche settimane dal suo debutto, ha già collezionato cinque milioni di download su dispositivi Android.  La nuova app di Mountain View ha l’obiettivo di rendere le chiamate via smartphone più intuitive e rapide. E la sua diffusione dimostra che il colosso tecnologico ha fatto centro ancora una volta.

 

Come funziona

 

google-duoLa sua forza è la semplicità. La configurazione è lampo: si tratta di immettere il proprio numero di telefono in modo da associare l’identità alla scheda SIM. Una volta scaricata, si apre una grande schermata con fotocamera frontale; al di sotto una finestra con i contatti chiamati più frequentemente. L’accesso alla lista per ordine alfabetico si ottiene semplicemente sfiorando il tasto di videochiamata.

La novità riguarda soprattutto chi effettua le chiamate: verrà infatti mostrato direttamente in video, così che il destinatario possa essere sicuro di chi si trova effettivamente dall’altro capo del cellulare. Il ricevente invece non potrà in alcun modo essere visto. La funzione si chiama Toc toc e, volendo, è disattivabile.

La grafica è essenziale; il video occupa infatti tutto lo schermo dello smartphone e sono presenti solo tre tasti: uno per il vivavoce, uno per sostituire la sorgente video alla fotocamera posteriore e infine quello per chiudere la chiamata.

La garanzia di continuità della chiamata è dovuta a un compromesso tra qualità e stabilità, rendendo la connessione dinamica. Quando la ricezione non è ottimale diminuisce lievemente la definizione audio- video per cercare di mantenere il contatto.  In estreme condizioni si blocca il video e si mantiene comunque l’audio.

 

Perché l’app si è diffusa in pochi giorni

 

google-duoGoogle ha voluto rendere la sua ultima creazione facile come fare una telefonata, sia per non appesantire la memoria dello smartphone che per renderla più intuitiva possibile. Nonostante la buona diffusione, non manca qualche pecca: nei luoghi non coperti da 3G, Google Duo è praticamente inutilizzabile e non può essere sfruttata per videoconferenze e conversazioni multiple. Di contro è più compatibile con diversi dispositivi, infatti è disponibile sia su IOS che Android.

Provare per credere. Che Big G abbia trovato la via giusta dopo i risultati mediocri di Google +?

 

di IRENE CALTABIANO

 

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Turbanti africani contro il cancro, la moda è un linguaggio universale

Un copricapo per sembrare più belle, anche se si affronta la chemioterapia.

she-turban-1Un progetto che rende concrete e visibili i vantaggi dell'integrazione. She Turban è il progetto nato dalla Cooperativa sociale Karibu e l’Associazione Sarai onlus, a cui lavorano donne africane, rifugiate e richiedenti asilo.

Cosa fanno?

Producono artigianalmente turbanti per le donne che stanno affrontando la dura battaglia contro il cancro. Le ragazze sfruttano la maestria nella realizzazione di questo tipo di copricapo, per la cultura africana simbolo di fierezza e bellezza.
Sull’onda lunga del ritorno modaiolo del turbante mescolano tessuti patchwork ed etnici a sete e velluti per le versioni serali, per creare esclusivamente pezzi unici. 
 

La novità è la possibilità di applicare o togliere diverse ciocche di capelli naturali, lavabili e anallergici, per far sentire le destinatarie ancor più a proprio agio. 

Le ragazze di Karibù

ragazze-karibù-6

Il laboratorio si svolge sotto la guida di tre sarti professionisti e Stefania di Ruocco, esperta nel settore moda che svolge corsi di cucito per perfezionare le tecniche sartoriali. L’Associazione Sarai Onlus, al suo primo progetto di questo tipo, è infatti intenzionata a creare il marchio Le ragazze di Karibù, per stimolare autoimprenditorialità e accesso al microcredito. L'idea ha come testimonial d'eccezione Emma Bonino.

Un’idea originale e solidale che aiuta produttrici e clienti, entrambe mosse dalla speranza di realizzare i propri desideri. Nel primo caso una fonte di guadagno, nel secondo  avere un oggetto che, per quanto materiale, le aiuti a sentirsi belle in un periodo molto delicato delle loro vita.

 
 
 

 

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«Non ti chiediamo di provare le loro sofferenze. Aiutaci ad alleviarle»

Chiudi gli occhi e immagina.
 

Una mattina qualsiasi la tua casa viene distrutta. Capisci che non sei più al sicuro, la tua vita e quella dei tuoi familiari e amici è in pericolo. Così raccatti quattro stracci, alla rinfusa, cerchi di mettere un'esistenza dentro un sacco. Parti. Non sai quando arriverai, né cosa dovrai affrontare o se giungerai a destinazione. Ma il viaggio, quei milioni di passi, sono  l’unica via d’uscita.

È facile giudicare, denigrare, fin quando non capisci che significa. Medici senza frontiere nella #Milionidipassi experience, grazie a un visore virtuale, ci immerge nella realtà quotidiana dei profughi. Ci regala gli occhi di chi fugge dalla Siria e percorre le impervie strade balcaniche, di chi si trova in balìa delle onde, di chi vive nelle baracche fatiscenti del Sud-Sudan.  

Obiettivo? Coinvolgere il grande pubblico, far comprendere alla maggioranza degli scettici cosa vuol dire non avere altra scelta. In Siria circa la metà della popolazione ha bisogno di assistenza sanitaria. Oltre sei milioni sono sfollati interni e più di quattro fuggiti all’estero. Stessa situazione in Africa, dove saccheggi, devastazioni, violenze, sono all’ordine del giorno. Molti sono rifugiati nel campo profughi di Malakal, dove 45.000 persone vivono sotto la fragile protezione dell'ONU.

«Vogliamo far conoscere alle persone comuni la vita di chi fugge, di chi ha avuto la propria casa distrutta dalle bombe, di chi ha rischiato la vita di suo figlio su un barcone perché era l’unico modo per dargli un futuro» dice Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere. Durante il tour si raccontano non solo le tappe del viaggio virtuale, ma anche le attività degli operatori umanitari che continuano ad assistere i rifugiati.

La #Milionidipassi Experience sarà al Giffoni Film Festival dal 16 al 24 Luglio, al Festival Internazionale di Ferrara dal 30 settembre al 2 ottobre e al Festival della Scienza a GenovaSe non si ha possibilità di partecipare a questi appuntamenti, si può comunque sostenere il progetto Milioni di passi  sul sito di Medici senza frontiere. Inoltre la fotografa americana Shannon Jensen ha documentato l’esodo di massa del popolo siriano semplicemente fotografando le loro calzature. Scarpe che sono diventate simbolo della campagna. .

Non abbandoniamoli alla disperazione. Salviamo il diritto alla vita.

GUARDA IL VIDEO DELLA CAMPAGNA DI ROMA

 

 

di IRENE CALTABIANO

 

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