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Cercare un lavoro? Fatti mandare dalla mamma

Aiutati che il ciel t’aiuta.
Il proverbio sembra non valere per i 930 mila NEET ( giovani che non studiano né lavorano) che bivaccano sui divani di casa. Mammá però proprio non ce la fa a vedere il suo pargolo attaccato allo smartphone o a passare in rassegna tutte le serie tv esistenti. Perciò li aiuta con la loro stessa arma: Facebook. 
Il progetto NEET-work
La fondazione Cariplo, organizzazione lombarda che si occupa di  progetti di utilità sociale, ha creato una campagna sul popolare social network (Neetwork). Obiettivo? Aiutare quei giovani dai 18 ai 24 anni che, per scarsa voglia di studiare, hanno abbandonato la scuola prima del tempo. La fascia senza qualifica né esperienze che è automaticamente esclusa dal mercato del lavoro. L’organizzazione in collaborazione con Adecco, Cgm Mestieri Lombardia, Istituto Toniolo ed Ente regionale ha messo così a disposizione sei mesi di lavoro non retribuiti  fra gli enti no-profit del territorio, con compenso di 400 euro al mese. Come scovare i possibili candidati? Facendo annunci appositi sui social.
Le mamme? Navigano più dei figli
Una campagna web durata 35 giorni, accompagnata da annunci stampa e sito apposito. 
Il progetto ha avuto esito positivo ma c’è una sorpresa. Sono le mamme a inondare di telefonate i centralini della Fondazione Cariplo. Sulla base di questi dati, la strategia cambia. Viene programmata un’altra campagna per le signore che hanno figli in quel range d’età. Il risultato è molto migliore rispetto alle operazioni promozionali precedenti. Delle 300 richieste provenienti da Facebook in 127 sono state compilate dalle mamme. Un numero consistente se si pensa che la campagna a loro dedicata durava in proporzione meno di quella diretta ai figli. E c’è di più; Le  signore sono agguerrite: commentano, condividono, linkano l’offerta alle amiche. 
Monopolio social
 
Gli spunti su cui riflettere sono parecchi. I social rappresentano ormai uno strumento da cui non si può prescindere per la ricerca di lavoro. L’Adecco Work Trends Study afferma che oggi l’80% delle ricerche viene effettuato online dagli interessati, così come il 64% delle attività di recruiting.  Ma non si deve dare per scontato che siano necessariamente i giovani gli utenti più attivi. Sul piano sociale invece è sconfortante pensare che ci siano ragazzi nel fiore degli anni, periodo in cui l’entusiasmo dovrebbe essere alle stelle, talmente svogliati da lasciare la loro vita ancora una volta in mano ai genitori. 
 

Aiutati che il ciel t’aiuta.

Il proverbio sembra non valere per i 930 mila NEET ( giovani che non studiano né lavorano) che bivaccano sui divani di casa. Mammá però proprio non ce la fa a vedere il suo pargolo attaccato allo smartphone o a passare in rassegna tutte le serie tv esistenti. Perciò li aiuta con la loro stessa arma: Facebook.

Il progetto NEET-work

La fondazione Cariplo, organizzazione lombarda che si occupa di  progetti di utilità sociale, ha creato una campagna sul popolare social network (Neetwork). Obiettivo? Aiutare quei giovani dai 18 ai 24 anni che, per scarsa voglia di studiare, hanno abbandonato la scuola prima del tempo. La fascia senza qualifica né esperienze che è automaticamente esclusa dal mercato del lavoro. L’organizzazione in collaborazione con Adecco, Cgm Mestieri Lombardia, Istituto Toniolo ed Ente regionale ha messo così a disposizione sei mesi di lavoro non retribuiti  fra gli enti no-profit del territorio, con compenso di 400 euro al mese. Come scovare i possibili candidati? Facendo annunci appositi sui social.

Le mamme? Navigano più dei figli

Una campagna web durata 35 giorni, accompagnata da annunci stampa e sito apposito.

Il progetto ha avuto esito positivo ma c’è una sorpresa. Sono le mamme a inondare di telefonate i centralini della Fondazione Cariplo. Sulla base di questi dati, la strategia cambia. Viene programmata un’altra campagna per le signore che hanno figli in quel range d’età. Il risultato è molto migliore rispetto alle operazioni promozionali precedenti. Delle 300 richieste provenienti da Facebook in 127 sono state compilate dalle mamme. Un numero consistente se si pensa che la campagna a loro dedicata durava in proporzione meno di quella diretta ai figli. E c’è di più; Le  signore sono agguerrite: commentano, condividono, linkano l’offerta alle amiche.

Monopolio social
 

Gli spunti su cui riflettere sono parecchi. I social rappresentano ormai uno strumento da cui non si può prescindere per la ricerca di lavoro. L’Adecco Work Trends Study afferma che oggi l’80% delle ricerche viene effettuato online dagli interessati, così come il 64% delle attività di recruiting.  Ma non si deve dare per scontato che siano necessariamente i giovani gli utenti più attivi. Sul piano sociale invece è sconfortante pensare che ci siano ragazzi nel fiore degli anni, periodo in cui l’entusiasmo dovrebbe essere alle stelle, talmente svogliati da lasciare la loro vita ancora una volta in mano ai genitori.

 

"Aiutati che il ciel t’aiuta".
 

Parole sante. Il proverbio sembra però non valere per i 930 mila NEET ( giovani che non studiano né lavorano) che bivaccano sui divani di casa. Mammá  proprio non ce la fa a vedere il suo pargolo attaccato allo smartphone o a passare in rassegna tutte le serie tv esistenti. Perciò li aiuta con la loro stessa arma: Facebook.

Il progetto NEET-work
 

La fondazione Cariplo, organizzazione lombarda che si occupa di  progetti di utilità sociale, ha creato una campagna sul popolare social network. Obiettivo? Aiutare quei giovani dai 18 ai 24 anni che, per scarsa voglia di studiare, hanno abbandonato la scuola prima del tempo. La fascia,insomma, senza qualifica né esperienze, automaticamente esclusa dal mercato del lavoro. L’organizzazione, in collaborazione con Adecco, Cgm Mestieri Lombardia, Istituto Toniolo e Garanzia giovani  ha messo così a disposizione sei mesi di lavoro fra gli enti no-profit del territorio, con compenso di 400 euro al mese. Come scovare i possibili candidati? Creando annunci appositi sui social.

Le mamme? Navigano più dei figli
 

Una campagna web durata 35 giorni, accompagnata da annunci stampa e sito ad hocIl progetto ha un buon feedback, ma c’è una sorpresa. Sono le mamme a inondare di telefonate i centralini della Fondazione Cariplo. Sulla base di questi dati, la strategia cambia. Viene programmata un’altra campagna per le signore che hanno figli in quel range d’età. Il risultato è molto migliore rispetto alle operazioni promozionali precedenti. Delle 300 richieste provenienti da Facebook in 127 sono state compilate dalle mamme. Un numero consistente se si pensa che la campagna a loro dedicata durava in proporzione meno di quella diretta ai figli. E c’è di più; le  signore sono agguerrite: commentano, condividono, linkano l’offerta alle amiche.

Monopolio social
 

Gli spunti su cui riflettere sono parecchi. I social rappresentano ormai uno strumento da cui non si può prescindere per la ricerca di lavoro. L’Adecco Work Trends Study afferma che oggi l’80% delle ricerche viene effettuato online dagli interessati, così come il 64% delle attività di recruiting da parte dell'azienda.  Ma non si deve dare per scontato che siano necessariamente i giovani gli utenti più attivi. Sul piano sociale è sconfortante pensare che ci siano ragazzi nel fiore degli anni, periodo in cui l’entusiasmo dovrebbe essere alle stelle, talmente svogliati da lasciare la loro vita ancora una volta in mano ai genitori. 

 

di IRENE CALTABIANO

 

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Poliamore: triangolo, quadrato, pentagono sentimentale

Poliamore: triangolo, quadrato, pentagono sentimentale
 
Una volta si chiamava coppia aperta.
 
Ma forse qualche decennio fa sarebbe stato impensabile abbracciare una filosofia del genere. Il Poliamore è un movimento trasversale di cui fanno parte ventenni e ultra cinquantenni, etero, bisex, gay, sposati, di qualsiasi classe sociale e professionale. Concetto fondamentale? La libertà sentimentale, sessuale e affettiva nella relazione. In poche parole, la possibilità di avere più partner nella piena consapevolezza di entrambi gli elementi della coppia. 
 
Non c’è  di mezzo qualche strana fantasia sessuale, semplicemente si vuole avere la libertà di amare altre persone senza costrizioni. Non che sia facile da mettere in atto. Gli adepti della corrente si incontrano periodicamente per discutere di temi che vanno dalla gestione della gelosia, al consenso di tutti i partner, alla semplice conoscenza. Alla base una concezione della monogamia come modello relazionale non naturale, imposto dalla società e da un certo tipo di educazione. 
 
La bizzarra corrente non è una stranezza esotica. L’Italia, il Paese cattolico per eccellenza, ha aperto aprire il primo gruppo Facebook di poliamorosi nel 2009.   « Oggi si contano quasi 2.500 iscritti e on line ci sono ormai decine di gruppi locali che organizzano incontri in molte città. Nel 2012 è nato il sito» dice Luca Boschetto, fondatore di Poliamore.org. «La rete ha lanciato ponti, ha fatto sentire a ognuno di noi che non era solo e ci ha fatto uscire allo scoperto».
 
A ben guardare, il Poliamore in altre culture esiste già da secoli. Ma anche in America, cuore dello stile di vita occidentale, esistono tanti Stati che consentono il matrimonio fra più soggetti. L’elemento interessante è la connotazione femminista; per farla breve, le quote rosa del movimento vogliono smentire il vecchio pregiudizio secondo il quale la donna che va con altri uomini è una poco di buono, mentre l’uomo che ha più partner è un abile seduttore. 
 
Non è facile prendere una posizione netta su questa tendenza. Mi sembra però estremamente difficile gestire una poli-relazione. Come volere la botte piena e la moglie ubriaca, un rapporto  sollevato dalle sue responsabilità. Tuttavia, forse meglio essere onesti seguendo questa via piuttosto  che nascondere la polvere sotto il tappeto. Credo che molto dipenda da che presupposti si parte. 
 
«Il poliamore non è per tutti.  Funziona per alcuni ed è un disastro per altri » si legge sul sito. Vi immaginate ad offrire la cena a quattro partner o dover sorbirsi le lamentele di altrettante cinque? Beato chi ci riesce. 

Poliamore: triangolo, quadrato, pentagono sentimentale

 

Una volta si chiamava coppia aperta.

 

Ma forse qualche decennio fa sarebbe stato impensabile abbracciare una filosofia del genere. Il Poliamore è un movimento trasversale di cui fanno parte ventenni e ultra cinquantenni, etero, bisex, gay, sposati, di qualsiasi classe sociale e professionale. Concetto fondamentale? La libertà sentimentale, sessuale e affettiva nella relazione. In poche parole, la possibilità di avere più partner nella piena consapevolezza di entrambi gli elementi della coppia.

 

Non c’è  di mezzo qualche strana fantasia sessuale, semplicemente si vuole avere la libertà di amare altre persone senza costrizioni. Non che sia facile da mettere in atto. Gli adepti della corrente si incontrano periodicamente per discutere di temi che vanno dalla gestione della gelosia, al consenso di tutti i partner, alla semplice conoscenza. Alla base una concezione della monogamia come modello relazionale non naturale, imposto dalla società e da un certo tipo di educazione.

 

La bizzarra corrente non è una stranezza esotica. L’Italia, il Paese cattolico per eccellenza, ha aperto aprire il primo gruppo Facebook di poliamorosi nel 2009.   « Oggi si contano quasi 2.500 iscritti e on line ci sono ormai decine di gruppi locali che organizzano incontri in molte città. Nel 2012 è nato il sito» dice Luca Boschetto, fondatore di Poliamore.org. «La rete ha lanciato ponti, ha fatto sentire a ognuno di noi che non era solo e ci ha fatto uscire allo scoperto».

 

A ben guardare, il Poliamore in altre culture esiste già da secoli. Ma anche in America, cuore dello stile di vita occidentale, esistono tanti Stati che consentono il matrimonio fra più soggetti. L’elemento interessante è la connotazione femminista; per farla breve, le quote rosa del movimento vogliono smentire il vecchio pregiudizio secondo il quale la donna che va con altri uomini è una poco di buono, mentre l’uomo che ha più partner è un abile seduttore.

 

Non è facile prendere una posizione netta su questa tendenza. Mi sembra però estremamente difficile gestire una poli-relazione. Come volere la botte piena e la moglie ubriaca, un rapporto  sollevato dalle sue responsabilità. Tuttavia, forse meglio essere onesti seguendo questa via piuttosto  che nascondere la polvere sotto il tappeto. Credo che molto dipenda da che presupposti si parte.

 

«Il poliamore non è per tutti.  Funziona per alcuni ed è un disastro per altri » si legge sul sito. Vi immaginate ad offrire la cena a quattro partner o dover sorbirsi le lamentele di altrettante cinque? Beato chi ci riesce.

 

Una volta si chiamava coppia aperta.
 

Ma qualche decennio fa sarebbe stato quantomeno sconveniente abbracciare una filosofia del genere. Etero, bisex, gay, sposati, persone di qualsiasi classe sociale e professionale. Il  poliamore è un movimento trasversale di cui fanno parte indifferentemente ventenni e ultra cinquantenni. Principio fondamentale? La libertà sentimentale, sessuale e affettiva nella relazione. In poche parole, la possibilità di avere più partner nella piena consapevolezza di entrambi gli elementi della coppia.

Non c’è  di mezzo qualche strana fantasia sessuale, semplicemente si vuole avere il potere di amare altre persone senza limiti e costrizioni. Non che sia facile da mettere in atto. Gli adepti della corrente si incontrano periodicamente in centri appositi per discutere di temi che vanno dalla gestione della gelosia, al consenso di tutti i partner, alla semplice conoscenza di altri tempi. Alla base una concezione della monogamia come modello relazionale non naturale, imposto dalla società e da un certo tipo di educazione.

La bizzarra corrente non è esclusiva estera. L’Italia, il Paese cattolico per eccellenza, ha aperto  il primo gruppo Facebook di poliamorosi nel 2009.   « Oggi si contano quasi 2.500 iscritti e on line ci sono ormai decine di gruppi locali che organizzano incontri in molte città» dice Luca Boschetto, fondatore di Poliamore.org. «La rete ha lanciato ponti, ha fatto sentire a ognuno di noi che non era solo e ci ha fatto uscire allo scoperto».

A ben guardare, il poliamore esiste da secoli in altre culture, magari sotto altri nomi. Anche in America, cuore dello stile di vita occidentale, esistono tanti Stati che consentono il matrimonio fra più soggetti. L’elemento interessante è la connotazione femminista del movimento; per farla breve, le quote rosa vogliono smentire il vecchio pregiudizio secondo il quale la donna che va con altri uomini è una poco di buono, mentre l’uomo che ha più partner è un abile seduttore.

Non è facile prendere una posizione netta su questa tendenza. Mi sembra estremamente difficile gestire una "poli-relazione". Come volere la botte piena e la moglie ubriaca, un rapporto  sollevato da onori et oneri dell'esclusività. Tuttavia, meglio essere onesti seguendo questa via piuttosto che nascondere la polvere sotto il tappeto? Dipende da che presupposti si parte.

«Il poliamore non è per tutti. Funziona per alcuni ed è un disastro per altri » si legge sul sito. Vi immaginate dover offrire la cena a quattro partner o dover sorbirsi le lamentele di altrettanti cinque? Beato chi ci riesce.

 

di IRENE CALTABIANO

 

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I nonni, ultimi eredi di buone maniere e gentilezza

Inutile negarlo.

nonniI nonni hanno un posto speciale nei nostri cuori. Chi non li hamai conosciuti ne avverte la mancanza. Chi li ha persi prova nostalgia di quell'amore incondizionato, spesso correlato da buon cibo, vizi e coccole.

In questi giorni in rete mi è capitato di trovare diversi omaggi alle nonne, dalle immagini divertenti ai ricordi commossi.

Prima fra tutte la GIF dell'inimitabile Regina Elisabetta, che intima al nipote Carlo di alzarsi in piedi durante i festeggiamenti per il suo novantesimo compleanno (Betty, sei adorabile in versione  evidenziatore Stabilo-Boss).

O ancora il video di Jamie Foxx durante la vittoria per l'Oscar-Miglior Attore 2005, recuperato dal calderone YouTube grazie a qualche misterioso utente. Durante la cerimonia il vip dedica il premio a Marie, la nonna morta, sua prima insegnante di recitazione che gli ha insegnato «buone maniere e rispetto per gli altri».

nonnaL'ultima chicca è la storia di un'adorabile nonnina inglese May Ashworh, salita al podio del web per la sua maniera cortese di fare ricerche su Google.

Il nipote ha scoperto che la vecchietta aveva digitato sulla barra di ricerca: “ Per favore tradurresti queste cifre romane MCMXCVIII, grazie”. Ben allora non ha resistito a fare una foto e twittarla; in men che non si dica il post ha ottenuto 43mila cuoricini.

Anche Google Uk si è intenerito di fronte a tale cortesia e ha risposto: “Cara nonna di Ben, in un mondo fatto da miliardi di ricerche, lei ci ha fatto sorridere. Ah, il numero è 1998”.

La gentilezza è un valore raro ai nostri tempi, fuori moda, addirittura sinonimo di debolezza. La cortesia insegnata dai nonni invece non è uno stupido retaggio degli anni passati, ma un valore che, credetemi, si fa notare.

Gli anziani, così poco presenti nel mondo mediatico, sono la nostra memoria storica e familiare. Custodi di una società tecnologicamente vergine, meno connessa e più legata alle formalità, ma forse, più serena e meno arrogante.

I nonni in fondo, sono nient'altro che genitori con molta più esperienza e pratica. Tuteliamoli come un tesoro prezioso.

irene caltabiano

 

di IRENE CALTABIANO

 

 

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