«Con la rabbia che mi porto dentro io ti uccido, e non ti ammazzo con le mani ma con le parole».
«La vendetta non usa più il coltello o la pistola, ma la testa di chi ama e di chi ragiona».
Voce graffiante, potente, rock. Urlata, convinta, decisa come la battaglia che porta avanti. Le Rivoltelle (alias Elena Palermo, Alessandra Turano, Paola Aiello e Angela Massafra) non sono seducenti solo perché una delle poche band italiane tutte al femminile, ma per il carisma che esprimono. Un’energia che deriva da chi certi drammi li vive sulla propria pelle da sempre.
Originarie cosentine, il loro ultimo singolo “Io non mi inchino” ci parla di un Sud ancora troppo omertoso e ossequioso, quella Calabria “martoriata dai silenzi di chi ascolta ma non sente, terra di santi in processione, benedizioni secolari, inchini nelle processioni, di chi contratta un posto pure al funerale”.
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Testi potenti che fanno impallidire tutte le Emma Marrone o i tormentoni latino-americani della stagione. Un singolo che ben si accompagna alla protesta dei giovani corleonesi che poco tempo fa avevano lanciato la campagna social #Iononmiinchino. Durante la processione di rito la statua di San Giovanni era stata piegata in segno di rispetto di fronte alla casa di Totò Riina. Inaccettabile.
Il video è stato realizzato dalla regista Livia Alcalde Patanè, che ha fatto una scelta artistica ben precisa: farlo interpretare il ai bambini. Le immagini in bianco e nero rimandano a un fenomeno antico, ma la metafora sta nel seminare la speranza nelle nuove generazioni. Le uniche che,forse, potranno ripulire il Paese dal marcio della criminalità.
La canzone ha già collezionato quasi 48.000 visualizzazioni. Non male per queste promesse dell’indie-rock che "non si inchinano a nessuno, se non per allacciarsi le scarpe".
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