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Lo spoiler è un piatto che va servito freddo

Il demone dello spoiler. Quello che si insinua tra le poltrone di una sala cinematografica.  Quando il simpatico individuo di fronte  a voi dice: « Ho visto  questo film 3456769 volte. Alla fine lei si sposa con l’orango ». ( chissà se esiste davvero un film che termina così). 
 
Amicizie troncate per aver rivelato il finale di Lost. Vendette servite fredde annunciando ad alta voce cosa succede nella puntata di Game of thrones. Lo spoiler fa più morti dell’uragano Katrina.
 
Perciò sono d’accordo con i The Jackal. Lo spoiler è un reato che va punito.« Una piaga che si diffonde senza controllo, rovinando l'esperienza seriale a milioni di spettatori. È giunto il momento di prendere provvedimenti legali per far fronte a questo problema sociale e rendere internet un luogo sicuro dove poter vivere in pace e in armonia e fondare delle basi solide per un futuro migliore».  Questo il testo della petizione lanciata su Change.org, tra il serio e il faceto. Risultato? In poche ore ha raggiunto più di 1000 firme delle 5000 necessarie. 
 
Senza pietà per chi spiffera, che sia l’ultima puntata di House of cards o dei Teletubbies. E voi? Avete firmato? Fatelo o siete morti. Come i protagonisti di Lost.Ops…
 
Post scriptum: la cosa migliore sono i commenti alla petizione.
Il demone dello spoiler. 
 
Dall'inglese: "rovinare, svelare i punti salienti della trama di un film o una serie". Traduzione: la raffinata arte di rompere gli zebedei.
 
Il demone dello spoiler è lo stesso che si insinua tra le poltrone di una sala cinematografica quando il simpatico individuo di fronte  a voi dice: « Ho visto  questo film 10 volte. Alla fine lei si sposa con l’orango» . L'insano mostriciattolo che si nasconde tra i sedili di un treno quando il ragazzetto brufoloso rivela il finale della quarta puntata di Orange is the New Black.  Amicizie troncate per aver rivelato cosa fa Jon Snow all'ottavo minuto del sesto episodio di Game of thrones
 
 

Lo spoiler, insomma, miete più vittime dell’uragano Katrina. Perciò sono d’accordo con i The Jackal. È  un reato che va punito.« Una piaga che si diffonde senza controllo, rovinando l'esperienza seriale a milioni di spettatori. È giunto il momento di prendere provvedimenti legali per far fronte a questo problema sociale e rendere internet un luogo sicuro dove poter vivere in pace e in armonia e fondare delle basi solide per un futuro migliore».  Questo il testo della petizione lanciata su Change.org  tra il serio e il faceto (non so quanto opportunamente visto l'importanza di altre richieste presenti sulla piattaforma). Risultato? In poche ore ha raggiunto più di 1000 firme delle 5000 necessarie.

Nessuna pietà per chi spiffera, che sia l’ultima puntata di House of cards o il vincitore della sfida tra Peperoni e Pomodori de La prova del cuoco. E voi? Avete firmato? Fatelo o siete morti. Come i protagonisti di Lost. Ops…

Post scriptum: la cosa migliore sono i commenti alla petizione. 

 

di IRENE CALTABIANO

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Cyber democracy, coopetition, politica pop...e l'informazione diventa libera

Finalmente l’abbiamo anche noi.
L’Italia era rimasta indietro rispetto  agli altri ottanta paesi in cui il Foia esiste già da diversi anni. Ma cosa vuol dire il fantomatico acronimo? Freedom of information act.  In pratica, una norma che assicura a chiunque l’accesso a documenti e dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni. 
Il diritto potrà essere esercitato da  cittadini, associazioni, imprese, senza bisogno di specificare il motivo della richiesta. Governo e  Parlamento hanno approvato la norma grazie a Foia4Italy, rete che unisce 30 organizzazioni della società civile, tra attivisti e d esperti, per un totale di  88mila cittadini. Nonostante la strada da fare sia ancora parecchia per rendere la pubblica amministrazione italiana sempre più trasparente il risultato raggiunto è importante.  L’approvazione è avvenuta infatti esclusivamente tramite mobilitazione civica.
 Il consenso al decreto regala nuove speranze sul futuro della politica. Se la libertà è partecipazione, come diceva il caro Giorgio Gaber, abbiamo dimostrato di esser capaci di rompere le catene. Non è vero che la gente non è più interessata alla democrazia. Semplicemente partecipa con forme nuove, diffidando di quelle tradizionali, ma mostrandosi invece ben disposta di fronte all’orizzontalità della rete.  Il potere dal basso funziona, perché viene visto come proposta,  come cooperazione piuttosto che imposizione dall’alto. 
La via per  attuare la collaborazione fra aziende  è la coopetition, strategia di business in cui imprese concorrenti scelgono di collaborare limitatamente a certe attività del proprio settore.  Chi ha organizzato eventi divulgativi , chi ha elaborato proposte, chi si è occupato di comunicazione  e sito web. Senza assemblee, scontri, o manifesti . Ognuno con mezzi e tempi a disposizione e in  modo rapido e veloce grazie al supporto informatico. 
 
Fondamentale anche la comunicazione ai non addetti ai lavori. Un gran numero di persone sono state raggiunte grazie all’uso di un registro ad hoc, avulso dal lessico tecnico.  L’obiettivo era far comprendere perché l’Italia avesse bisogno di un FOIA. Come l’eliminazione del silenzio diniego, ovvero il rifiuto non motivato  delle richieste, la gratuità dell’accesso, la libertà  di ciascuno di non dover identificare chiaramente i documenti richiesti. 
 
 Last but non least, essere pronti a lottare per difendere le proprie ragioni. Non è detto che, per il semplice fatto che una richiesta venga inoltrata debba essere approvata. Si deve essere pronti al confronto e al compromesso. 
Finalmente anche l'Italia ha detto sì alla trasparenza dell'informazione.
 

Il Bel Paese era rimasto indietro rispetto agli altri ottanta in cui il FOIA esiste già da diversi anni. Cosa vuol dire il fantomatico acronimo? Freedom of Information Act, norma che assicura a chiunque l’accesso a documenti e dati detenuti dalle amministrazioni, dai conti pubblici alla salubrità ambientale.

Il diritto potrà essere esercitato da cittadini, associazioni, imprese, senza bisogno di specificare il motivo della richiesta. Governo e  Parlamento hanno approvato la norma grazie a Foia4Italy, rete che unisce 30 organizzazioni della società civile, tra attivisti ed esperti, per un totale di  88mila cittadini. Nonostante la strada per rendere la pubblica amministrazione italiana sempre più trasparente sia ancora lunga, il risultato raggiunto è importante; l’approvazione è avvenuta infatti esclusivamente tramite mobilitazione civica.

 Il consenso al decreto regala nuove speranze sul futuro della politica. Se la libertà è partecipazione, come diceva il caro Giorgio Gaber, abbiamo dimostrato di esser capaci di rompere le catene, oltrepassare quel sottile confine tra cittadinanza e sudditanza. Non è vero che la gente non è più interessata alla politica. Semplicemente ne prende parte con forme nuove, diffidando di quelle tradizionali, ma mostrandosi invece ben disposta di fronte all’orizzontalità della rete.  Il potere dal basso funziona, perché si nutre di cooperazione piuttosto che di imposizione dall’alto.

La via per  attuare la collaborazione fra aziende  è la coopetition, strategia di business in cui imprese concorrenti scelgono di collaborare limitatamente a certe attività del proprio settore.  Chi ha organizzato eventi divulgativi , chi ha elaborato proposte, chi si è occupato di comunicazione  e sito web. Senza assemblee, scontri, o manifesti . Ognuno con mezzi e tempi a disposizione e in modo rapido e veloce grazie al supporto informatico.

 Fondamentale anche la comunicazione ai non addetti ai lavori. Un gran numero di persone sono state raggiunte grazie all’uso di un registro ad hoc, avulso dal lessico tecnico.  L’obiettivo era far comprendere perché l’Italia avesse bisogno di un FOIA. Alcuni punti fondamentali? Eliminazione del silenzio diniego (ovvero il rifiuto non motivato  delle richieste),  gratuità dell’accesso, libertà  di ciascuno di non dover nominare esattamente i documenti richiesti.

 Last but non least, essere pronti a lottare per difendere le proprie ragioni. Non è detto che, per il semplice fatto che una richiesta venga inoltrata, debba essere approvata. Si deve essere pronti al confronto e al compromesso. 

 

di IRENE CALTABIANO

 

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Olimpiadi di Rio: se la povertà è antiestetica

Dal francese deport : portarsi lontano, uscire fuori dalle mura della città. 
 
L’etimologia positiva della parola sport è ormai un lontano ricordo. Rio de Janeiro, sede delle prossime Olimpiadi, è dilaniata da un terribile fenomeno: los ninos de rua, i bambini di strada, vengono uccisi o fatti sparire. Perché? La povertà è antiestetica. La miseria delle favelas mal si sposa con l’opulenza e il giro di soldi legati all’evento mondiale.
 
Il Brasile non vuole mostrare l’altra faccia della medaglia. Mette le mani sugli occhi e rifiuta qualsiasi tentativo di sfiducia. Né le condizioni di inquinamento delle spiagge, né la diffusione del virus Zika, né tantomeno i gravi danni alle popolazioni indigene sono riusciti a far desistere il governo dall’organizzazioni della manifestazione sportiva. E non si ferma nemmeno di fronte all’innocenza di un bambino.
 
Il crudele genocidio non è sfuggito al Comitato sui diritti dei fanciulli , organismo delle Nazioni Unite che si occupa del rispetto delle leggi sui minori.  La relazione periodica dell’organo internazionale evidenzia le continue violenze nei confronti dei mimori meno fortunati, picchiati, tenuti prigionieri e, nel caso peggiore, uccisi. Dati confermati anche dall’ONG Amnesty international.  È stata perciò lanciata una petizione su Change. Org,  Witnesses not Accomplices ( testimoni, non complici), con cui si vogliono rendere i giochi olimpici un’occasione  per raccogliere fondi per i bambini di strada. La proposta è di destinare il 3% di ogni transazione effettuata per pagare l’enorme macchina commerciale a los ninos de rua.  In caso contrario, l’intenzione è chiedere ai governi del mondo di  boicottare l’evento sportivo. 
 
«Le Olimpiadi sono simbolo di universalità e fratellanza, un'occasione per promuovere i valori della solidarietà e della cooperazione fra i popoli. Non possiamo fingere che siano Olimpiadi normali, non possiamo rimanere in silenzio » recita il testo della petizione. Fermiamo questo gravissimo fenomeno. Non si può essere uccisi perché  non si appartiene a uno status sociale. 
Dal francese deport : "portarsi lontano, uscire fuori dalle mura della città".
 

 Ma anche svago, divertimento, distrazione. L’etimologia positiva della parola sport è ormai un lontano ricordo. Rio de Janeiro, sede delle prossime Olimpiadi, è dilaniata da un terribile fenomeno: los meniños de rua, i bambini di strada, vengono uccisi o fatti sparire. Perché? La povertà è antiestetica. La miseria delle favelas mal si sposa con opulenza e giro di soldi di un evento di tale portata.

 Il Brasile si rifiuta di mostrare l’altra faccia della medaglia. Mette le mani sugli occhi e allontana qualsiasi tentativo di sfiducia. Né le condizioni di inquinamento delle spiagge, né la diffusione del virus Zika, né tantomeno i gravi danni alle popolazioni indigene sono riusciti a far desistere il governo dall’organizzazione della manifestazione sportiva. E non si ferma nemmeno di fronte all’innocenza di un bambino.

Il crudele genocidio non è sfuggito al Comitato sui diritti dei fanciulli ,organismo delle Nazioni Unite che si occupa del rispetto delle leggi sui minori.  La relazione periodica dell’organo internazionale evidenzia le continue violenze nei confronti di minori meno fortunati, picchiati, tenuti prigionieri e, nel caso peggiore, uccisi. Dati confermati anche dall’ONG Amnesty international.  È stata perciò lanciata una petizione su Change. Org,  Witnesses not Accomplices (testimoni, non complici), con cui si vogliono rendere i giochi olimpici un’occasione per raccogliere fondi da devolvere ai bambini di strada. La proposta è destinare il 3% di ogni transazione effettuata a sostegno dell’enorme macchina commerciale a los meniños de rua.  In caso contrario, l’intenzione è chiedere ai governi del mondo di  boicottare l’evento sportivo.

«Le Olimpiadi sono simbolo di universalità e fratellanza, un'occasione per promuovere valori di solidarietà e cooperazione fra i popoli. Non possiamo fingere che siano Olimpiadi normali, non possiamo rimanere in silenzio», recita il testo della petizione. Fermiamo questo gravissimo fenomeno. Non si può essere uccisi perché si ha la sfortuna di stare dalla parte "sbagliata" della barricata

 

di IRENE CALTABIANO

 

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