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Finlandia: l'economia domestica è anche roba da maschietti

I finlandesi stanno sempre un passo avanti.

finlandia-economia-domesticaChe sia il freddo a conservare meglio i neuroni? Chissà.
 
Fatto sta che a scuola, da ormai trent’anni a questa parte, i ragazzini dai tredici ai quattordici anni si applicano nella kotitalous, ovvero economia domestica. Maschi e femmine.
 

Fornelli e uncinetto per tutti

Le lezioni non sono molto dissimili da quelle fatte in Italia durante gli anni’60, dove si insegnava alle donne come diventare il perfetto "angelo del focolare". I ragazzi imparano a cucinare, stirare, lavare a mano i capi delicati, lavorare a maglia, rattoppare calzini. Ma non solo: i docenti insegnano l’importanza del riciclo, come sprecare il meno possibile e un uso consapevole del denaro.  Risultato? Da un sondaggio risulta che le ore passate tra lavatrice  e fornelli sono le preferite. 
 
finlandia-economia-domestica-2«La scorsa settimana abbiamo imparato come preparare un pranzo di Pasqua» afferma la giovane insegnante trentunenne Tarhu Lati,  dal sorriso gentile e dall’aria decisa. «Oggi bisognerà iniziare a pensare alla prossima. Gli studenti decidono il menu, quello che vogliono imparare. Io faccio la spesa».
 

L'uguaglianza è anche un ferro da stiro

Si parla spesso di parità di genere senza nemmeno sapere bene come affrontare in concreto questo divario. Ed inutile nascondersi dietro un dito, perchè nonostante tutto, nel 2017 d.c, spolverare, pulire e cucinare sono ancora verbi poco 
usati in prima persona dai maschietti
 
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La scuola insegna l'uguaglianza  a livello pratico e concreto, senza stare a discutere sui massimi sistemi o a mettere in mezzo femministe incazzate. Così, quando arriverà il momento di stirarsi una camicia per il prossimo colloquio o per il matrimonio della 

sorella, non verranno ad implorare mamma o fidanzata.  

I maschietti finlandesi imparano così a rendersi autonomi fin da piccoli, staccandosi dal nido e da mamme troppo chiocce (il riferimento alle signore italiane è puramente casuale).
 
 
 
Irene-Caltabiano
 
 
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Leila: la “Borsa” dove scambiare gli oggetti che non ti servono con ciò che cerchi

Compri un set di coltelli spinta da buoni propositi del tipo: “anno nuovo, vita nuova … e cucina come si deve”. Per non parlare del sacco a pelo sepolto nell’armadio, che sta lì a ricordarti la breve ma intensa storia con quell’hippy salentino nell’estate del ’92.  Ognuno di noi ha una (piccola o grande) collezione di oggetti poco o per niente usati. Il rischio più che concreto è che se ne stiano lì, a “invecchiare” tristemente e invano, in una sorta di adolescenza sciupata. Così a Berlino, forti del pragmatismo teutonico, cinque anni fa si sono inventati Leila, “l’oggettoteca” (leihen in tedesco significa “prestare”), poi sbarcata anche a Vienna, Kiel e Lipsia. In Italia, Bologna è stata la città pioniera: Leila, la biblioteca delle cose, è stata inaugurata lo scorso aprile. 
 
L’oggettoteca è una delle innumerevoli declinazioni della sharing economy. In questo caso, si offre una “seconda opportunità di vita”  a qualcosa che, in media, usiamo una due volte l’anno, nella migliore delle ipotesi, o, nella peggiore, non più di otto minuti durante l’intera esistenza. 
Come opera, concretamente, Leila? Questa consente ai soci di prendere in prestito quello di cui hanno bisogno, lasciando, in cambio, un proprio oggetto funzionante, che verrà restituito a fine anno. 
 
 
«Il nostro obiettivo è superare l’idea del possesso e restituire le cose al loro valore più profondo, ovvero l’utilizzo. Non ha più senso tenere in credenza una pentola per la fonduta che tiriamo fuori una volta l’anno. Metterla a disposizione degli altri in uno spazio cui tutti hanno libero accesso aiuterà l'economia domestica e l’ambiente». Così Antonio Beraldi, 35 anni, uno dei fondatori di Leila. «Abbiamo voluto dare alla biblioteca anche una sede fisica, non farla vivere solo sul web. In contrapposizione al mondo filtrato da tastiera e schemi, qui puoi trovarti qualcuno dietro il bancone che si fa gli affari tuoi e ti chiede dove andrai con il sacco a pelo che prendi in prestito».
 
 

 

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Facebook live map, il superpotere del reality

Siamo una generazione di spioni.
Non si sa se i nostri antenati fossero curiosi quanto noi o semplicemente sfogassero la loro fame di affari altrui con mezzi più amatoriali. Tipo le tende della cucina o le chiacchere con la vicina pettegola. Fatto sta che di acqua sotto i ponti ne è passata dai tempi in cui Jeffries, protagonista de La finestra sul cortile, si divertiva a spiare i condomini. Chissà che trama avrebbe elaborato il caro Mr Hitchcock se fosse ancora vivo. 
 
Non più la vita, ma la sua rappresentazione. Selfie, GIF, dirette streaming hanno creato un intreccio indissolubile tra reale e virtuale, rendendo il confine tra i due molto sottile. Forse troppo. Il vecchio dilemma psicosociologico riguardo gli effetti della tv sulla realtà e viceversa, sono stati interamente dirottati sul web, croce e delizia del nostro secolo. 
 
 
L’apice della tendenza è stato raggiunto in questi giorni con l’ultima trovata di Mr Zuckerberg, Facebook Live map. Il tool, che funziona tramite streaming, connette 1,6 miliardi di utenti che mostrano la loro vita in diretta. Si trova nella sezione applicazioni, nella parte sinistra della home.
 
Come funziona 
Stupore e senso di onnipotenza: ecco cosa ho provato all’apertura del neonato strumento. La mappa comprende i cinque continenti; pallini sparsi per il globo indicano i punti della Terra in cui stanno trasmettendo video in diretta. Gironzolando con il mouse, si possono visionare in anteprima contenuto, nome dell’autore,numero di spettatori e da quanto tempo è online . È presente anche la sezione top video, che segnala un contenuto in mezzo al calderone, descrivendone la tipologia ( tv, giornale, media). Grazie allo zoom ci si può poi focalizzare su un particolare Stato o città; nel caso in cui la trasmissione fosse stata interrotta,  il video sarà visibile ancora per un pò con la dicitura “diretta terminata”.
 
 
Il fascino dell'ultra-visione
Sarà che ultimamente i film di supereroi stanno spopolando, ma Facebook sembra far leva ancora una volta su curiosità e desiderio di ognuno di trovarsi dietro le quinte, di sentirsi specie di deus ex machina. I dati parlano: tali video stanno ottenendo un tasso di visualizzazione dieci volte superiore a quelli caricati nativi sul social. Anche i mezzi di informazione possono usufruire di questa grossa spinta a loro vantaggio, creando un rapporto più immediato con il pubblico.
 
Questi nuovi strumenti vanno usati con attenzione. La sensazione di sentirsi iperconnessi e collegati con il mondo dà una scarica di adrenalina. Tuttavia, al di là dell’aspetto ludico, mi viene da immaginare scenari poco rassicuranti. La percezione del qui e ora è fittizia. Se qualche fanatico, come è già successo con altri strumenti, cominciasse a sfruttare quest’applicazione per mostrare violenze in diretta? Non è una furbata, perché verresti smascherato in un nanosecondo. Però dall’altro lato, la sensazione di onnipotenza dello spettattore svanirebbe lasciando il posto alla frustrazione della mancanza di presenza fisica.
 
Nonostante le preoccupazioni degenerative, mi appello all’intelligenza delle persone, secondo il vecchio detto che chi origlia e spia non sempre è destinato a sentire e vedere cose positive. D’altronde, anche Clark Kent, dopo aver usato la vista supersonica, si rimette gli occhiali. 
 
 
 
 
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