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"Lo dice la scienza" is the new "è così e basta"

-Attenzione, quest’articolo potrebbe contenere tracce di sfogo-
Ogni mattina apro il pc per vedere quale nuova diavoleria è stata inventata o quale bizzarra teoria è stata partorita durante la notte (la creatività umana non finirà mai di stupirmi) .
 
«Mangiare con i piedi è più salutare perché consente di fare addominali mentre ti imbocchi»,«Lo scienziato Retfglitresn ( utilizzare un nome poco leggibile fa sempre presa) ha elaborato la teoria dei buchi bianchi, che, anziché risucchiare qualsiasi cosa al loro passaggio, sputano interi universi (questa esiste davvero !!)».« Il nostro mondo è un ologramma e noi siamo solo proiezioni di un altro Pianeta (si, il tuo pusher è molto bravo). Ma, nonostante tutto, potrebbe essere vero…perché? Perché lo dice la scienza. 
 
Mi ha sempre fatto ridere quest'affermazione. Mi immagino la Scienza come una sorta di semi-dea che inventa verità e trova sempre qualche credulone che abbocca. La ricetta più convalidata per analisi strampalate è scienziato del  MIT+ qualche studio di università oltreoceano e il gioco è fatto. State sicuri che qualcuno ci guadagna sul nostro essere creduloni. 
 
Sicuramente la moltitudine di informazione su web e social network non aiuta la verifica delle fonti. Ma un "perché lo dice la scienza" sembra il nuovo "è così e basta".  
 
Kit pratico per creduloni
Ho deciso di condividere con voi alcuni consigli per non incorrere negli imbrogli di Madre Scienza e non inghiottire bufale grandi quanto una casa. Ecco a voi la cassetta d’emergenza per non incorrere in figure barbine. 
 
Mettiamoci la faccia!
L’autore è riconoscibile? Chi ha creato quei contenuti? C’è un nome, un cognome, una faccia? Se esiste un soggetto significa che l’editor si è preso la responsabilità di ciò che scrive ( anche se non è uno scienziato del MIT). Il metterci la faccia è sicuramente un elemento di affidabilità maggiore rispetto all’anonimato. 
 
Chi sono e perché sono
La classica sezione del Chi sono favorirà la comprensione degli obiettivi di comunicazione dell’autore del blog, quindi il target a cui si rivolge e  il taglio dei post( ironico, informativo, personale etc.)
 
Web reputation is salvation
Generalmente il posizionamento sui motori di ricerca e un alto numero di link in entrata al sito o al blog indicano una buona qualità della fonte. Il sito è un  punto di riferimento per la sua nicchia? Stimola l’interazione con gli altri utenti? Che tipo di commenti genera?  
 
Oggettivo o soggettivo?
Fatti e informazioni  sono pertinenti con il tema trattato? L’articolo è approfondito? Esistono altre fonti sul web che trattano lo stesso argomento? Ma soprattutto, si tratta di opinioni personali o di notizie ufficiali? Sempre meglio verificare le intenzioni dell'autore. 
 
Qualità e quantità
L’articolo è scritto in italiano corretto oppure  è pieno di errori ortografici  e grammaticali? In tal caso potrebbe essere indice di scarsa cura dei contenuti. È un indizio ma  attenti a non incorrere nell’errore opposto: fidarsi ciecamente di un articolo solo perché perfettamente confezionato. Un altro valido aiuto è costituito dal numero di post Se una rivista, una pagina Facebook, un blog,  pubblica un contenuto ogni due mesi è probabile che investa poco nel suo progetto. 
 
La prossima volta forse avrete una spiegazione più esauriente rispetto a "perché lo dice la scienza". A meno che non siate un ologramma. 
 
 
 
 
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La mia gonna non giustifica il tuo stupro

Una canotta, un pullover, un paio di jeans, una maglia con scollo a V. 

È un guardaroba eterogeneo e variegato, quello raccontato dalla fotografa Katherine Cambareri nel suo reportage Well, What Were You Wearing?, costituito dai capi indossati da alcune studentesse universitarie al momento dello stupro. 
 
Gli indumenti si stagliano su uno sfondo nero. 

L’allestimento più che spartano fa sì che il messaggio arrivi forte e chiaro. La violenza non ammette alibi né giustificazioni di alcun tipo. Va deprecata e combattuta. Troppo spesso le vittime, anche poco dopo il fatto, sono bersagliate da un fuoco di fila di domande. «Com’eri vestita? Hai fatto qualcosa per provocarlo? 
Avevi bevuto?». Il nocciolo è uno solo: colpevolizzare la donna, suggerire, più o meno implicitamente, che sia stata lei a “autorizzare” il rapporto sessuale, con segnali variamente ambigui o, al contrario, fin troppo eloquenti. 
«L’aggressione si verifica perché una persona ha deciso di aggredire un’altra persona e per nessun altro motivo». 

Così Katherine Cambareri. L’idea del reportage è nata a settembre scorso, quando, con alcuni status di Facebook, l’artista ha cercato di contattare donne vittime di violenza intenzionate a prestarle i capi che avevano addosso al momento dello stupro. 

 
L’ispirazione è arrivata dopo aver letto il libro Senza consenso, di Jon Krakauer che ripercorre la vicenda di alcune ragazze aggredite nella città universitaria di Missoula, in Montana. 
Contesti del genere sono, paradossalmente, quelli più pericolosi. Non solo, infatti, spesso gli stupratori appartengono alla cerchia di conoscenti, ma essere “sessualmente attive” costituisce per le donne una specie di marchio infamante. 
 
 
 
 
 
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Galaxia: il gusto di essere diversi da sè stessi

«Mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m'avevano data».
«Cioé vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io, non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano». Mai scrittore ha fotografato meglio la relatività della realtà. Nonostante Pirandello abbia scritto Uno, nessuno, centomila ormai novant’anni fa, i temi alla base del romanzo continuano ad affascinare: nessuno di noi è una persona sola. 
 
Galaxia, a metà tra un social network ,un gioco virtuale e un esperimento sociale parte dallo stesso presupposto del capolavoro pirandelliano.  Chi può dire di essere esattamente la stessa persona sul posto di lavoro, in famiglia, o con gli amici?
 
Come funziona Galaxia
«Galaxia è un mix di gruppi di messaggistica e social network che dà possibilità a tutti di fruire di un’esperienza social più naturale offrendo agli utenti un’assoluta libertà di espressione nei loro diversi mondi. Abbiamo creato una piattaforma che consente a chiunque di essere chi vuole essere, nei diversi contesti ». Così Moshe Hogeg , fondatore di Galaxia, ha descritto l'app all'azienda Tech In Asia. L'idea è supportata da diversi VIP, entusiasmando anche Leonardo Di Caprio.
 
Una volta scaricata l’app l’utente si può autenticare via Facebook, Twitter, G+ . Successivamente si apre una finestra dove è necessario indicare il nome che si vuole utilizzare per creare il proprio mondo. Ogni universo è una sorta di gruppo  la cui linea editoriale è scelta dall’utente. Un feed che può essere reso pubblico o privato e in cui il creatore potrà  decidere chi includere o meno. 
 
Ciascuno diventa così artefice del proprio mondo, decidendo chi ne farà parte.  Una volta impostata l'app si può diffondere su Whatsapp e usufruire di tutta una serie di funzioni: diretta streaming, testo, condivisione di musica, postare foto e video. Ogni utente può  essere più persone, chiunque lui/lei voglia, sperimentando registri e caratteristiche diverse. 
 
Grazie a Galaxia ciascuno potrà giocare con ruoli e personalità. L’importante è non diventare schizofrenici e tenere sempre  presente chi siamo davvero. 
 
 
 
 
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