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Social media manager, fate qualcosa per i musei italiani

Il problema del popolo nostrano è l'esser diventati ciechi per eccesso. 
Siamo circondati da così tanta bellezza che non siamo più capaci di valorizzarla. Un numero talmente grande di opere d’arte che gestirle nella maniera corretta crea sgomento. Infatti, nella maggioranza dei casi, lo si fa male.
 
In un mondo che pullula di social media manager e web marketers, è possibile che  i musei siano così poco presenti online e non sembrino avere strategie definite? Non si tratta di non avere pubblico a cui indirizzare questo tipo di attenzioni, dal momento che 36,5 milioni di italiani li frequentano.  Per non parlare dei visitatori stranieri. 
 
Un business che, se sfruttato nella maniera corretta, potrebbe creare nuovi posti di lavoro e moderne figure di riferimento. Ma soprattutto raggiungere altro pubblico, fidelizzarlo, coinvolgerlo. Attività che farebbero crescere la reputazione del museo stesso e di conseguenza l’interesse nei suoi confronti  anche da parte dei cittadini del mondo offline. I social si sfruttano per ben altre stupidaggini. E allora perché non usarli per qualcosa che risulterebbe vantaggioso sia per il  pubblico che per le istituzioni?
 
Secondo il  X Rapporto Civita “#Socialmuseums Social media e cultura tra post e tweet, solo il 36, 6% delle persone entrano in relazione con le  istituzioni culturali tramite i social.  E quando lo fanno trovano contenuti tradizionali, post, orari, foto, inseriti in maniera anche piuttosto confusa.  Se si cercano le pagine Facebook dei principali musei italiani la situazione è un po’ desolante.  Non si capisce, fra le tante, quale sia la pagina ufficiale degli Uffizi.  Stessa cosa per i Musei Vaticani. Meglio gestita la pagina del Museo Egizio di Torino e quella di Palazzo Ducale  a Venezia. La morte social per il  Museo archeologico di Napoli, paradossalmente più alimentata dai visitatori che dall’ente stesso. Nessun segno di attività dedicate al pubblico o che stimolino la curiosità del visitatore.
 
Adagiarsi sugli allori non può andar bene alla lunga. Dall’indagine emerge ancor di più la mancanza di una strategia comunicativa divisa per target, che abbia come obiettivo un pubblico trasversale. C’è una predilezione per la metodologia di comunicazione one way e il linguaggio adoperato non è coinvolgente ma verboso e poco accattivante
 
Molti si lamentano che i soldi  per fare un salto di qualità non ci sono. Non gestisco un museo, ma forse si dovrebbe cominciare ad osare ed essere lungimiranti.  Se una cosa va bene , perché non dovrebbe andar meglio? Non basta aprire profili e abbandonarli a sé stessi. Devono essere continuamente aggiornati con contenuti creativi e che favoriscano la comunicazione con l’utente
 
Il rapporto di Civita suggerisce l’uso integrato di fondi nazionali comunitari, come Agenda Digitale, Horizon 2020, Erasmus+, Industria Creativa; le entrate aggiuntive potrebbero così essere sfruttate per l’attivazione di collaborazioni con professionisti o aziende leader nel settore. Io suggerisco la creazione di contest, laboratori all’interno dei musei, creazione di percorsi culturali alternativi.
 
Innovazione è la parola chiave per non rimanere attaccati allo staus quo. 
 
 
 
 
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Moda per principianti: a ciascuna il suo corpo (e il suo vestito)!

 Il suo cognome d’arte è Venere, come la dea del quadro di Botticelli che ha incantato milioni di generazioni. 
La bellissima donna che esce dalle acque, con quei fianchi morbidi e quel tocco di pancetta, è stata l’ispirazione per la creazione di Modaperprincipianti.com. Anna non è una fashion blogger, ma, come lei stessa si definisce, una body shape consultant. Una persona che, passando per la scelta dell’abito, aiuta ragazze e signore che le si rivolgono a ritrovare l’autostima, accettando  sé stesse e il proprio fisico. Classe 1983 e genovese doc, invita noi donne a toglierci dalla testa il classico ritornello «Non vado bene per quel vestito, sono troppo grassa». Quante volte ci è capitato di sentirci frustrate perché  il tubino che sul manichino appariva meraviglioso ci faceva sembrare un sommergibile?
 
Il messaggio di Moda per principianti è chiarissimo: non è il tuo corpo ad essere sbagliato, ma il vestito! Anna ha classificato sul blog le forme più comuni della donna italiana: a pera, a triangolo invertito, a mela, a clessidra e a rettangolo, con diverse sottocategorie. Le sue esaurienti risposte mi hanno convinta che non esiste un corpo perfetto, ma che ciascuna di noi può trovare il capo giusto da indossare. 
 
 Come nasce Moda per principianti? 
 
«Nonostante non abbia mai avuto problemi di peso (anche se ero convinta del contrario), i miei fianchi larghi tipici della forma a pera, già dai 12 anni, hanno influito sulla scelta dei vestiti, creandomi difficoltà e facendomi sentire diversa. Per questa ragione mi sono appassionata all'argomento abbigliamento inizialmente come problema da risolvere. Non trovando risposte pratiche alle domande che mi facevo, ho deciso di scoprirle da sola e raccoglierle in un blog. Così è nato Moda per Principianti, perché  tutti noi, né stilisti nè modelle, possiamo avvicinarci con serenità al mondo del trend e del fashion ». 
 
«Il tuo corpo non è sbagliato, il vestito si». Come sei  arrivata a questa conclusione, riassunta nello slogan del tuo blog?
 
«Da tempo provavo quella brutta sensazione di inadeguatezza che noi donne conosciamo bene quando un vestito che ci piace tanto non ci entra o fa difetto in tutti i punti possibili. Con la scoperta delle forme del corpo ho finalmente capito che se l’abito mi stava male non ero io il problema, ma avevo solo scelto il vestito sbagliato. Ci sono tanti modelli giusti  per ogni tipo di fisico e ossatura (la forma dipende dall’ossatura, non dal peso!), non esiste una donna a cui stia bene qualsiasi indumento. Quindi è inutile voler modificare il nostro corpo in modo impossibile». 
 
La classificazione delle corporature  è una tua invenzione? 
 
 «No, ce ne sono anche più versioni in ogni stato. In America per esempio si usano solo tre forme, mentre in Inghilterra Trinny

and Susannah ( due famose blogger) ne hanno elaborate addirittura dodici »

Quali sono i capi migliori per ciascuna forma?
 
«Per fortuna ce ne sono tanti e ognuna ha le sue linee guida: la donna-pera ha bisogno di minimizzare i fianchi e ampliare il torace, per cui una gonna a ruota nera con un cardigan corto di colore chiaro è il suo abbigliamento ideale. Alla clessidra dona il classico tubino, così da mettere in evidenza il punto vita e non nascondere le curve, alla mela invece un abito corto a trapezio, con calze colorate per minimizzare il busto e dare volume alle gambe. Per la triangolo invertito e la rettangolo , forme meno comuni tra le donne italiane, è il contrario. Per la prima meglio pantaloni fantasia con blusa scura e scollata. La rettangolo  invece deve arricchire la figura per esempio con un abitino dritto in pizzo». 
 
Come funziona tecnicamente la "seduta"?
 
«Le consulenze che faccio sono diverse tra loro e tutte hanno lo scopo di insegnare a riconoscere i propri pregi e capire come valorizzarli. La più frequente si chiama Cambia Look insieme a me, e si tratta  di un percorso personalizzato che si riceve in PDF che aiuta, appunto, a cambiare stile. La redazione del look  viene svolta attraverso un questionario che indaga sulle emozioni legate ai vestiti e alle abitudini giornaliere. Richiedo quindi una serie di foto scattate apposta con i look che  le clienti indossano di solito. Il tutto si svolge via mail.  Se invece si ha voglia di fare una gita a Genova andremo insieme a provare vestiti, così aiuto direttamente le clienti a cambiare immagine. Il costo varia a seconda che la consulenza si svolga virtualmente  o si faccia un più rapido check up dell'armadio».
 
 
“Vendere è importante, vendere bene lo è ancora di più”. Come ti è venuta l’idea  di fare un corso anche per le commesse?
 
« È una cosa che ho sempre desiderato fare! Pensate che bello entrare in un negozio e trovare qualcuno che ti aiuti a scegliere l'abito giusto e magari ti reindirizzi con garbo verso il modello che ti dona quando scopri che quello che ti piace tanto ti sta male. Purtroppo le commesse preparate sono rare (e non per colpa loro, ma dell'azienda) ma vendere l'abito giusto fidelizza la cliente ed è il miglior tipo d pubblicità ». 
 
 Cosa pensi del modello pubblicitario che impone di essere tutte magre allo stesso modo? 
 
«È davvero molto pericoloso. Non solo perché ci vogliono tutte super sottili (non in salute o normo peso) ma perché è irreale. La moda  propone un modello unico e ritoccato per giunta, che fa sentire le donne sbagliate. Purtroppo anche se a livello razionale sappiamo che quegli esempi sono finti, la sensazione di disagio rimane perché non siamo abituate a veder imperfezioni di corpo e pelle come una cosa comune.
 
Il tuo sito mi ha colpito perché è più vicino alle donne normali rispetto a molte altre fashion blogger che rispecchiano il modello  "patinato" attuale. Che ne pensi del mondo della moda “tradizionale”? 
 
Il mondo della moda è bellissimo, come un dipinto appeso in una galleria d’arte. Tuttavia non tutti possono vivere la vita del dipinto né ciascuno lo desidera. È un dato di fatto invece che tutti ci dobbiamo vestire e vogliamo piacerci di fronte allo specchio.  È importante  prendere con le pinze ciò che viene proposto in sfilate e riviste e adattarlo alle persone comuni»
 
 
 C’è qualche storia in particolare che ti piacerebbe raccontare? Qualche persona che ha ritrovato l’autostima grazie ai tuoi consigli?
 
«Mi scrivono tante ragazze e donne che leggendo il mio blog hanno cambiato idea su se stesse, ricominciando ad andare in spiaggia o a usare la gonna .Molte sono giovani, liceali o addirittura più piccole, che, una volta realizzato che non sono loro ad essere sbagliate non hanno più paura di osare e di mettere in pratica ciò che hanno imparato.Purtroppo  più si diventa adulti più le cose cattive che ci siamo detti si sono annidate profondamente nel nostro cervello ed è più difficile rimuoverle. Vale però davvero la pena sforzarsi, perché è una consapevolezza che una volta acquisita diventa un super potere, lasciando la nostra autostima libera di crescere in tutti i campi».
 
Il messaggio che trasmetti alle donne è positivo e universale: smettere di concentrarsi sui difetti e valorizzare i pregi.
 
« Sprechiamo davvero troppo tempo a pensare a quelli che consideriamo difetti e magari sono solo caratteristiche, o tipologie di fisico diverse dalla moda attuale. Alcuni ce li inventiamo e più ci pensiamo più diventano veri ai nostri occhi. Essere felici di ciò che abbiamo è difficile dopo anni passati criticare il proprio aspetto, ma è l'unica chiave per accettarci e  piacerci. È meglio accettarsi con un fisico qualunque che raggiungere la linea ideale proposta sulle riviste. Primo perché basta poco per perderla e secondo perché la sensazione di accettazione, una volta ottenuta, dura tutta la vita». 
 
 
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Diverso da chi? Tutti i 20enni hanno il diritto di prendere il treno e innamorarsi

«Sono single per forza, non piglio l’autobus!». Bisogna avere carattere, per ironizzare su quello che ci rende “diversi”, vulnerabili e costretti a un passo più lento, in una società che esige perfetta efficienza e che non tollera il non omologabile. Jacopo Melio, 24enne fiorentino studente di Scienze Politiche, con questa battuta, ha dimostrato di averne in abbondanza. Infatti, la disabilità fisica non gli ha impedito di coltivare le sue passioni e farsi portavoce di una campagna di sensibilizzazione sul tema dell’accessibilità dei mezzi di trasporto. Parola (o meglio, hashtag) d’ordine #vorreiprendereiltreno, che ha poi dato vita a una onlus.
 
 
«Ebbi uno scambio di battute con l’allora ministro Maria Chiara Carrozza che su Twitter scrisse: ‘sono su un meraviglioso treno per Firenze’ e aggiunse l’hasthag #ioprendoiltreno, volendo sottolineare il fatto di non avere una scorta e che fosse solita prendere il treno come tutti». Così Jacopo Melio ripercorre l’episodio da cui è partito tutto. «A quel punto io risposi che non sempre i treni ‘son meravigliosi e attrezzati per noi disabili’ chiudendo col mio hashtag. Da lì scrissi un articolo sul mio blog denunciando le varie problematiche dei trasporti pubblici utilizzando il treno come una metafora. Da quell’articolo,#vorreiprendereiltreno divenne virale e raggiunse in poco tempo migliaia di condivisioni. Molte persone hanno scattato una foto coi cartelli con quella scritta e la cosa si è allargata a macchia d’olio. A quel punto non volevo che rimanesse un semplice tormentone del momento. Ho creato la pagina, ho portato avanti la campagna e quando ho visto che l’attenzione aumentava sempre di più arrivando a coinvolgere anche la politica, ho deciso di fondare la onlus».  
 
Muoversi in treno, per chi è disabile, rappresenta una vera e propria odissea. Gli studenti pendolari sono infatti costretti a prenotare l’assistenza con almeno 48 ore di anticipo. Chi sceglie di muoversi in autobus, pullman e tram deve scontrarsi con una situazione ancora più critica. «Manca la pedana, la banchina non è a norma, il marciapiede è troppo basso. E l’elenco sarebbe ancora lunghissimo», puntualizza Jacopo Melio.

 
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