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Facebook e l'anonimato: sempre più utenti scelgono Tor

Big F sembra aver raggiunto un altro traguardo: più di un milione di persone entrano su Facebook tramite Tor, rete che consente l’accesso ad Internet in totale anonimato. Un aumento del 100% rispetto agli ultimi 10 mesi.
 
 
La crittografia ha il potere di tutelare sicurezza e privacy degli utenti. La versione anonima del social network è stata lanciata nel 2014 e aiuta a prevenire da cyber criminali e  attacchi di phishing, rendendo un contatto praticamente irrintracciabile (questo l’indirizzo al quale accedere a Facebook in via totalmente anonima: Onion: https: //facebookcorewwwi.onion/).
 
Solo a giugno 2015  in pochi accedevano a Facebook tramite Tor (circa 525,000). Adesso si  sta diventando (fortunatamente) sempre più consapevoli dei rischi di diffusione di dati in rete. Circa due milioni di persone, secondo i sondaggi dell’Anti-Phishing Working group , consorzio internazionale che riunisce le aziende vittime di tale reato, subiscono mensilmente truffe online .
I metodi di protezione esistono. Facebook ha reso disponibile un servizio di integrazione per Android, permettendo a centinaia di milioni di utenti di mantenere la loro privacy.  I social sono una fonte di informazione molto potente, ma è importante proteggersi quando si accede a un qualsiasi tipo di piattaforma. Chat Secure o Silent Circle, applicazioni per la sicurezza sul webutilizzano librerie open source critttografiche per garantire messaggistica e telefonate completamente private. Ultimamente anche Whatsapp e Viber hanno optato per la crittografia end to end.
 
Non è certo tutto oro quel che luccica, come avevamo spiegato qualche mese fa nell’articolo Tor , la crittografia è come una cipolla. Tramite la rete anonima si può rimanere invischiati nel cosiddetto deep web, coacervo di virus e terreno fertile per condivisione di contenuti illegali.
 
Il dato interessante è in ogni caso la sempre maggiore consapevolezza degli utenti nell’utilizzo di Internet in  modo critico e più attento alla propria persona.  
 
 
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Se sbagliare emoticon diventa un caos

Faccina con gli occhi a cuore, occhiolino, espressione perplessa.
Queste le emoticon il cui significato è universalmente riconosciuto. Se ci si inoltra nelle sfumature, la situazione si complica. Le espressioni allusive che ormai fanno parte a pieno titolo della comunicazione quotidiana, non sembrano poi così universalmente decodificabili.  
 
 
Prendete la faccina che ride a 32 denti. Unicode, consorzio internazionale che tutela l’interoperabilità di testi fra lingue e piattaforme informatiche diverse, l’ha etichettata come carattere 1F601. Ma quel sorrisetto sembra dire cose diverse a seconda del sistema operativo utilizzato. La resa estetica cambia da Apple a Google, da Microsoft a Lg, persino da versione a versione di uno stesso telefono. Se le emoticon nascono per facilitare la comunicazione, l’obiettivo non si può dire raggiunto. 
 
Dubbi e incomprensioni anche sull’emoticon che lacrima dal ridere, quella  che piange a dirotto , la faccetta sonnolenta e lo smile con la lingua che fa capolino da un angolo della bocca. Insomma, queste emoticon in particolare, causano corto circuiti semantici. Con conseguenti equivoci e misunderstanding
 
Molte faccine assumono chiaramente un significato diverso a seconda della conversazione. Tuttavia Unicode ha deciso di fare uno studio ad hoc tramite sondaggio online, chiedendo agli utenti l’interpretazione dei caratteri più utilizzati. Le domande erano “Cosa significa per te quest’emoji” e “quanto la ritieni positiva”. Risultato? Solo il 4,5% dei simboli esaminati aveva un significato condiviso. Nel 25% invece c’era parecchia confusione riguardo la reale emozione espressa e se un emoticon fosse neutra, positiva o negativa. E questo su utenti di una stessa piattaforma. Da Apple a Samsung il tasso di equivoco risultava ancora più alto. 
 
Confusione comunicativa ovunque insomma. Sia tra cellulari con lo stesso sistema operativo che, ancora peggio, tra cellulari di piattaforme diverse. Soluzione? Unificare il design. O che ne pensate, a scanso di equivoci, di una bella telefonata o una chiaccherata di fronte a un caffè? 
 
 
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MisterBnb, il mondo omosessuale e l'orgoglio dell'escluso

Volere uguaglianza, stepchild adoption, diritto al matrimonio. E poi creare un servizio di vacanze esclusive.
Il mondo LGTB investe anche il settore dell’homesharing. MisterBnb, nato dalla fusione di myGayTrip.com, guida di viaggi gayfriendly, e Sejourning, appartamenti con assicurazione privata, consente l’affitto di singole stanze e appartamenti esclusivamente ad inquilini gay. 
 
Matthieu Jost, fondatore della piattaforma, sostiene che il bisogno di creare un servizio ad hoc per gli omosessuali nasce dal disagio che lo stesso ha provato più volte nell’essere ospitato con il suo ragazzo. In poche parole sembrava che la loro presenza fosse meno gradita di quella di una coppia etero. Ecco allora un sito di affitti dove gli omosessuali si possono sistemare nel miglior modo possibile, con tanto di consigli su locali e zone a loro esclusivamente dedicate.
 
MisterBnb a soli tre anni dalla sua inaugurazione copre più di 134 Paesi e vanta più di 50mila locatari. Il sito è in inglese, spagnolo, tedesco , portoghese e cinese. In Italia i b&b gay friendly sono presenti soprattutto a Milano, Napoli e Roma, dove il 6 maggio si svolgerà un party di inaugurazione al Monk club
 
A volte mi sembra che il mondo LGBT soffra di sindrome dell’autoescluso. Creare servizi unilaterali, lessico ad-hoc, trend specifici per alimentare la chiusura verso l'esterno. Una sorta di discriminazione al contrario. Anziché aiutarci a comprendere meglio le loro esigenze, è preferibile chiudersi in una piccola bolla con determinate regole e codici. 
 
Onestamente non vedo il bisogno di creare l’Airbnb arcobaleno. Ma una tale diffusione qualcosa vorrà dire.
 
 
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