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Woebot, lo psicologo di casa Facebook in lotta contro la depressione

«Ciao umano»

woebot1«Ciao Woebot»

«Ricordati che tutto ciò che ci diremo sarà privato e non apparirà nelle tue conversazioni Facebook. Come ti senti oggi?»

 «Un po’ malaticcio!»

 «Davvero? Mi dispiace! Forse questo video potrebbe farti sentire meglio. Dimmi cosa ne pensi».

 Sullo schermo, un simpatico robottino elargisce frasi motivazionali che aiutano a trasformare la negatività in pensieri positivi.

No, non è un brano tratto da un libro di Asimov, ma la semplice trasposizione della conversazione appena avuta con Woebot, la chatbot psicologo di Facebook.

Anche Facebook ha il suo mental coach

allison-darcyPsicologia in pillole. Non sarà certo come avere un medico  che ti segue passo passo ma chi l’ha provato afferma che, effettivamente, il piccolo robot aiuta a tirarti su durante le giornate storte.

Woebot è una chatbot, applicazione automatica in grado di simulare l’interazione con un umano. Gratuito e accessibile a chiunque,  al momento è presente solo la versione in inglese. Volete parlargli? Basta andare sulla sua pagina e inviare un messaggio.

Frutto della mente della psicologa della Stanford University Allison Darcy, è stato creato per offrire una terapia personalizzata a chiunque sia alle prese con problemi riguardanti la propria salute mentale.

Woebot parla, discute e tenta di venirci incontro con il suo cervello meccanico, insegnandoci ad aver cura del nostro benessere. Più parlerai con Woebot, più lui “ti conoscerà”.  Se usato di frequente, infatti, comincerà a mandare messaggi di sua sponte, come potrebbe fare un qualsiasi amico per sapere come va la tua giornata, proponendo esercizi e conversazioni per migliorare l’umore degli utenti.
 

Solo in caso di risposta positiva e disponibilità comincerà la seduta che di solito dura al massimo dieci minuti.

Il successo di Woebot e la lotta alla depressione

woebotIl robot ha già superato i due milioni di messaggi inviati ed è usato in 130 paesi del mondo, con un mix di utenti in numero pari tra uomini e donne. 

La chat automatica è stata infatti creata per lottare contro i disturbi mentali quali la depressione. Con Woebot non solo l’aiuto è gratuito, ma la sua efficienza è avvalorata da professionisti.

 «Sebbene Woebot sia stato originariamente sviluppato per studenti in età universitaria, ora possono usarlo tutti» spiega Sasha Chebil, scienziata che ha lavorato al progetto sin dall’inizio.  

«Il nostro prodotto è maggiormente indicato per chi soffre di disturbi dell’umore, non per casi più gravi di depressione o ansia». Tuttavia, il robot stesso potrebbe indicare la necessità di un consulto più specifico.

Woebot è stato infatti progettato da esperti psicologi clinici, specialisti della terapia e progettisti di trattamento di intervento, per offrire un supporto psicoeducativo.

«È un’esperienza di conversazione che replica la comunicazione che un paziente avrebbe con un terapeuta tradizionale in un ufficio. Oltre ad ascoltare, Woebot incoraggia l’utente a riformulare molte emozioni e schemi di pensiero negativi offrendo suggerimenti e indicazioni che insegnano all’interlocutore come affrontare al meglio i problemi in futuro».

Woebot non intende sostituire gli psicologi. C’è però una carenza di professionisti della salute mentale e molte persone trovano difficile cercare aiuto spesso a causa del costo relativo al trattamento o, alle volte, perché se ne vergognano.

«La nostra è un’opzione aggiuntiva per le persone che potrebbero aver bisogno di aiuto per superare un momento difficile».

irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 

 

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Chi è razzista è meno intelligente, lo afferma un recente studio

Chi è razzista è meno intelligente

cervelloUna ricerca pubblicata nel 2008 evidenzia una correlazione tra intelligenza di un bambino e attitudini sociali da adulto

E’ ciò che emerge da una ricerca della Brock University nell’Ontario, Canada, e pubblicata sulla rivista Psychological Science, secondo la quale chi e' meno intelligente e' anche piu' propenso ad avere visioni politiche conservatrici. Secondo questo studio ,infatti, chi ha un quoziente intellettivo più basso da piccolo è più probabile che sviluppi pregiudizi da adulto.

La ricerca dimostra che chi a 10 anni aveva un quoziente intellettivo più alto a 30 generalmente assumeva atteggiamenti non tradizionali e più progressisti.

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Come si è svolto lo studio

Come spiega anche Gordon Hodson, autore e responsabile dello studio, con questo, ovviamente, non si può affermare che tutti i conservatori sono stupidi e i liberali intelligenti, infatti qui si parla di tendenze medie. 

Ad ogni modo lo studio si è svolto basandosi su affermazioni del tipo: 'Le mamme lavoratrici sono una rovina per le famiglie', o 'La scuola dovrebbe insegnare ad obbedire all'autorita'', mentre i pregiudizi sono stati studiati attraverso frasi come 'Io non lavorerei mai con persone di altre razze'. 

Il risultato e' stato che i bambini con quoziente intellettivo piu' basso hanno mostrato le maggiori tendenze al razzismo, si sono detti mediamente piu' d'accordo degli altri con le frasi conservatrici e in generale sono risultate fra quelle con meno contatti con persone di altre.

A questo importante studio avvenuto nel 2008 se ne aggiunge un altro del 2016 di Geoffrey T. Wodtke della University of Toronto che si è chiesto se maggiori o minori capacità cognitive influenzassero la tolleranza razziale. 

Il suo studio si intitola  “Le persone intelligenti sono meno razziste?”  e si focalizza nello specifico sulla capacità verbale e sulle competenze necessarie per comprendere e analizzare le informazioni basate sul linguaggio. 

Coloro che hanno ottenuto i migliori risultati sono gli stessi che hanno meno pregiudizi sull’etica e sull’efficienza lavorativa delle persone di colore. I pregiudizi si basavano su convinzioni del tipo che i neri sono tendenzialmente più pigri e che non sono giusti i matrimoni interrazziali o fra persone dello stesso sesso. Ebbene,  la tolleranza a queste unioni non tradizionali sembra essere direttamente proporzionale all’intelligenza. 

 

Simona

 

 

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Sei un'artista? Prova Artbay e l'asta al contrario

Artbay, il nuovo modo di fare aste

artista5Nel mondo odierno esiste la versione digitale di qualsiasi settore. E chi l’ha detto che anche pittori, disegnatori o scultori non possano esserni coinvolti? Per questo motivo nasce Artbay, prova di come un campo considerato ancora troppo tradizionale possa crescere attraverso il web.

La startup è un market place che mira ad avvicinare domanda ed offerta. Alla piattaforma sono infatti iscritti diversi artisti e presenti differenti forme d’arte, dalla fotografia all'antiquariato.

L'asta al contrario

Particolarità? Esistono due metodi di trattativa: la prima, tradizionale, in cui si parte da un prezzo e i potenziali acquirenti cercano di aggiudicarsi l’opera con offerte sempre più alte. 

La seconda invece è una sorta di asta al contario: chi è interessato può fissare una base e descrivere alla community il tipo di opera che desidera e il prezzo che è disposto a pagare.

 

Saranno dunque gli artisti a contendersi l’affare, offrendo opere d’arte in grado di incontrare i gusti e le aspettative dell’acquirente, senza trattenere commissioni. L’iscrizione è gratuita e consente di utilizzare tutte le funzionalità.

Tale fenomeno sta rivoluzionando il funzionamento del mercato. È molto più semplice concludere affari, portare a termine acquisti, vendite o farsi conoscere nel panorama artistico nazionale, grazie alla visibilità offerta dalla pagina utente, che potrà essere sfogliata da un visitatore proprio come se fosse in un museo virtuale.

La vera rivoluzione sta nel fatto che è l’acquirente a scegliere il budget. Per poter vincere un’asta al contrario aperta da un privato, il gallerista o direttamente l’artista possono pensare di proporre diverse soluzioni più vicine all’esigenza comunicata.

Inoltre ArtBay consente all’artista o al gallerista la possibilità di fare un’offerta che superi il valore impostato nella richiesta al contrario aperta dal privato, per rendere la sua opera ancora più allettante.

Internet? Il futuro dell'arte

Ancora molti, troppi, gli scettici a credere che internet non rappresenti il futuro. Ma i numeri  delle case d’asta parlano chiaro, chi usa i canali on line ha accresciuto il fatturato e la propria base di clienti.Un esempio per tutti il famoso Brett Gorvy, che è riuscito solo tramite il suo account a vendere un Basquiat per 24 milioni di dollari.

Le aste tradizionali sono in diminuizione un po’ ovunque. In aumento infatti il numero di contrattazioni private, che hanno certamente abbattuto i costi delle case d’asta ma anche opacizzato il valore delle opere trattate.

Se siete degli appassionati, questo è sicuramente il vostro mondo.

irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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