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Addio a bic, autografi e zampe di gallina

I grandi scrittori hanno sempre avuto una certa lungimiranza. 
Molti di noi a scuola avranno letto la novella di Isaac Asimov, Chissà come si divertivano. Nel racconto l'autore immaginava la scuola del futuro, fatta di insegnanti-robot e studio fra le quattro mura di casa.  Senza più scrivere a mano, ma solo ticchettando sui tasti. 
 
Era il 1977. Oggi non siamo ancora a quei livelli, ma sicuramente  una gran quantità di penne sono ormai a riposo, sostituite da schermi e tastiete, tanto rapide quanto impersonali. Imparare a scrivere serve ancora? Gli studenti del domani saranno sottoposti, come le precedenti generazioni, a lunghi pomeriggi di dettati e di a maiuscola e minuscola?
 
Tomotada Iwakura, grande filologo e italianista giapponese, ha spiegato quanto conta l’apprendimento della scrittura nella società nipponica. Un esercizio lungo e complicato che distingue l’ignorante dalla persona di cultura. Secondo i grafologi è impensabile  abbandonare la scrittura, meccanismo  fondamentale per lo sviluppo psico-motorio e per il coordinamento mente-braccio. La calligrafia è un "marchio di fabbrica", rivelatore della personalità individuale,  nonché ossigeno e allenamento per il cervello. 
 
Già da qualche anno in Germania è nato un movimento che sostiene strenuamente la scrittura digitale a discapito della manuale e quarantacinque su cinquanta Paesi degli Stati Uniti hanno abbandonato la penna in favore della tastiera. In Inghilterra e in Francia la tendenza è invertita: torna in voga la stilografica e dai Pirenei alla Provenza si riprende il dettato. Il digitale rischia  infatti di cancellare il caratteristico e vezzoso accento d'oltralpe.  La Finlandia  opta invece per un  asettico stampatello.
 
Scrivere non è solo un'attività mentale. Essere maggiormente abituati a digitare piuttosto che prendere in mano una biro attiva l’uso di muscoli diversi.  Secondo una ricerca condotta dall’Università dell’Indiana è risultato che i bambini che sanno scrivere a mano, con una bella calligrafia, sviluppano maggiormente la propria intelligenza. « In termini di costruzione del pensiero e delle idee,  c’è un rapporto importante tra cervello e mano. La scrittura manuale legata accende massicciamente aree del cervello coinvolte anche nell’attività del pensiero, del linguaggio, e della memoria » dice  Virginia Berninger, professoressa di psicologia educativa all’Università di Washington. 
 
 Che ne sarà dunque della scrittura? Saremo destinati all’omologazione anche in questo? Fa riflettere che il più grande innovatore del mondo digitale all'università avesse scelto di seguire un corso di bella calligrafia.  Steve Jobs,  nelle aule del Reed College imparò a scrivere in corsivo, con eleganza, senza errori né sbavature. 
 
 
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Virtuali- Tee, la maglietta che ti guarda dentro

Esplorando il corpo umano? L'allegro chirurgo?

Roba da dinosauri. Ormai l'anatomia si impara sulla propria pelle; bastano un'app e la speciale T-Shirt che "ti legge dentro". Bambini e adulti, grazie a Virtuali-tee, potranno sperimentare un'incredibile esperienza di augmented reality, viaggiando dentro il proprio corpo. Ben, Kim, Tom e Ed, le menti dietro a questa invenzione, ci invitano a comprendere quanto spesso sottovalutiamo il legame tra benessere fisico e mente. Il progetto, presente sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter, è quasi arrivato alla somma richiesta.

Ulteriore vantaggio? La maglia è lavabile come qualsiasi altro capo d'abbigliamento.

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Fino all'ultimo click: il giornalismo web e il regno del (in)verosimile

Premessa: credo che le persone siano meno stupide di quanto pensi il social media manager medio. 
O almeno spero. Il giornalismo è morto è una frase piuttosto altisonante. Tuttavia se non si trova esattamente con un piede nella fossa, è in fin di vita. Parlo di giornalismo vero, che mescola con sapienza oggettività e soggettività, stimola il dialogo e il pensiero critico, porta a farsi domande. E non i post che mostrano l’ultimo look della Rodriguez. 
 
 «Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata » diceva Enzo Biagi. E di acqua sporca  sotto i nostri ponti ne sta passando tanta. Le versioni cartacee dei principali  quotidiani italiani vendono dalle 200.000 alle 300.000 copie al mese. Lo stesso numero di visite che certe pagine Facebook di dubbia attendibilità fanno al giorno. Come evitare allora l’inarrestabile discesa verso la tomba? Con una battaglia all’ultimo click, strategie di brevissimo periodo, corsa al sensazionalismo e ( perdonate il termine) alla stronzata. 
 
Il giornalismo social sta distruggendo credibilità e fidelizzazione. Colpa delle testate o semplice conseguenza della società facebookiana domintata da slogan e  sintesi estrema? Una situazione simile mi ricorda molto la differenza tra chi copiava i compiti in classe e chi, il giorno prima, si ammazzava di studio. I bigliettini erano l’ancora di salvezza più facile, ma, in fin dei conti, sempre somari si rimaneva. 
 
Il click baiting ( in gergo la ricerca del click) può funzionare nel caso di una pagina dichiaratamente ludica. Ma quando Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, riprendono tutte la notizia del “mistero risolto” sulla funzione del taschino più piccolo dei jeans, la sensazione di amarezza cresce. Titoli che definiscono qualsiasi cosa fantastica, pazzesca, imperdibile. Flash, ragazzino protagonista degli Incredibili-una normale famiglia di supereroi, film d’animazione premio Oscar, pronunciava:«Se ogni cosa è speciale, significa che nulla lo è». A dimostrazione che lo sanno anche i bambini. 
 
Ogni giorno l’utente si sveglia e sa che dovrà evitare banner, advertising YouTube, promozioni, titoli ingannatori. La via di mezzo tra vero e falso diventa il verosimile, senza verifica, né fonti, tanto, nessuno ha voglia né tempo di approfondire. Giornalisti, blogger, web editor, la responsabilità qui è nostra. Approfondiamo, salviamo i navigatori del web dalla banalità. Anche se ci vuole più tempo e più fatica. Alla lunga questo meccanismo è dannoso per tutti: professionisti, editori, pubblico. Reinventiamoci, studiamo e capiamo come sfruttare al meglio le potenzialità enormi di Internet.
 
Non lasciamo che l’intimo di Belen batta tre a zero qualsiasi analisi geo-politica. Se poi non funziona , almeno ci abbiamo provato.
 
 
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