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Quando sei in rete non puoi più nasconderti

Se Pirandello fosse vissuto negli anni 2000 probabilmente non avrebbe mai  scritto il Fu Mattia Pascal.
Perché? Non c’erano né Internet né social che disponevano a piacimento delle nostre identità. Il caro Mattia, se avesse fatto anche solo una transazione online per comprare un biglietto destinazione Germania, sarebbe stato rintracciato in un nanosecondo. La maggioranza delle persone  tende a dare poco valore ai propri dati personali. In realtà qualsiasi piattaforma li possieda, dall' home banking ai social network, ha in mano qualcosa che ha  molto più valore dei soldi: il potenziale di mercato. 
 
Le compagnie commerciali, assicurative, finanziarie, grazie alle informazioni che forniamo quotidianamente, possono creare pubblicità fatte su misura. Lo spunto d'analisi è stato la dichiarazione dei fondatori di Whatsapp: « Abbiamo lavorato in tutto vent' anni presso Yahoo!, facendo del nostro meglio per tenere in vita il sito. Ebbene sì, ci impegnavamo intensamente per vendere pubblicità, perché era quello che faceva Yahoo. Raccoglieva dati, serviva pagine e vendeva pubblicità. Oggi le aziende sanno letteralmente tutto su di voi, sui vostri amici, sui vostri interessi, e si servono di queste informazioni per fare advertising. Quando si parla di pubblicità il prodotto siete voi, gli utenti ».
 
La prospettiva è inquietante. Ogni volta che sottoscriviamo un accordo di privacy con qualsiasi sito firmiamo contemporaneamente la nostra protezione e la nostra condanna. Come una mamma premurosa che conosce anche i nostri “punti deboli”. Interessi, pagine che ci piacciono, amicizie non sono altro che dati di mercato.  
 
C’è un modo per sfuggire al controllo totale? In parte.  Ad esempio Google ha creato il servizio Take-out, meccanismo tramite  il quale  puoi recuperare molti dati forniti, anche a tua insaputa, alle applicazioni dell’azienda. Basterebbero solo gli accessi a Gmail, YouTube e Maps per ricostruire al 90% identità carattere, passioni, reti di amicizia, residenza,orari di sonno e veglia. 
 
L’obiettivo non è fare allarmismo. La volontà dell’utente di opporsi alla pubblicità selvaggia rimane, anche se poi, chissà quante cose facciamo senza esserne troppo consapevoli. Il punto è che ormai è impossibile sfuggire a questi meccanismi. Internet è la nuova anagrafe. La presenza in rete sancisce la tua esistenza. Perché abbiamo tutti un account Facebook? Perché se non lo avessimo, saremmo gli outsider della realtà virtuale ( e non solo).
 
Dal momento in cui crei la prima mail, non puoi più fuggire. In primis da te stesso. 
 
 
Irene Caltabiano
 
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Kiddle e Qwant, quei motori di ricerca "gender-fobici"

Nativi digitali, millenials, messi al mondo nell’era di Internet. 
Chiamateli come volete ma ormai la soglia di utilizzo della tecnologia si abbassa a una velocità vertiginosa. Trovare un bambino che rimane stregato dal suo ditino che muove immagini e apre nuovi mondi sugli smartphone di papà e mamma, è sempre più frequente.
 
Così facendo però, il piccolo nerd potrebbe incappare in qualche contenuto non adatto alla sua età. Google ha perciò deciso di schierarsi a favore del parental control creando Kiddle, motore di ricerca indirizzato ai più piccoli.  Google Safe Search e un team di editor sono costantemente al  lavoro per offrire  un web più sicuro. Kiddle funziona così: i primi tre risultati vengono selezionati da siti per bambini ad hoc, mentre i successivi, dal terzo al quarto, sono caratterizzati da contenuti semplici e alla loro portata. Dall’ottavo in poi  ci sono invece quelli più complicati ma sempre selezionati secondo i parametri di Google Safe Search. 
 
La grafica è adatta alla fascia d' età con font più leggibili  e anteprime più grandi e visivamente accattivanti. Nonostante l’iniziativa lodevole non sono mancati i primi commenti negativi riguardo ai contenuti oscurati. Termini come transgender o bisessuale sono il male; Kiddle mostra infatti  un messaggio che identifica i termini come bad words. Stessa cosa per ovaie, ciclo e  mestruazioni (?!?)
 
Nonostante la giovane età dell'ultimo nato di Google, sono già apparsi i primi rivali; Qwant Junior è stato presentato alla stampa come l’anti-Google. La priorità è sempre la tutela della privacy, ma il team di Qwant  non esercita un vero  e proprio monitoraggio sui termini. Ciascun utente può segnalare un contenuto giudicato  illecito con un modulo di contatto, che verrà successivamente vagliato dal team. 
 
I contenuti “illeciti” sono diversi da Paese a Paese. Ad esempio la parole bisessuale si trova in italiano, ma bandita in inglese; presenti aborto e pubertà ma in generale ciò che emerge è che molti Paesi hanno problemi con tutto ciò che richiama il termine sesso. Masturbazione? Neanche la traccia. È pur vero che certi argomenti, tendenzialmente, sono esclusiva dei genitori . Ma anche quando i motori di ricerca non esistevano, i nostri Google erano gli amici più grandi.  
 
I siti di contenuti hard è giusto censurarli. Ma perchè nascondere certi fenomeni per crescere bambini disinformati in partenza?
 
 
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Quando l'ignoranza linguistica è anche colpa del doppiaggio

I doppiatori italiani sono i migliori del mondo. 
Quanto ci piacciono un Kurt Russell o un George Clooney che parlano nella lingua di Dante. Si, ma a quale prezzo?  L’ignoranza e il tentennamento nel fare un discorso di senso compiuto in un’altra lingua. Pensateci, il primo consiglio che viene dato a chi vuole imparare un idioma diverso  è cominciare a vedere film e serie tv in lingua originale. Fortunatamente qualche cinema fa proiezioni di questo tipo, ma nella maggioranza sono sale d’essai, cineteche o festival. 
 
Il doppiaggio è un retaggio dell’epoca fascista, in cui la priorità era mantenere la purezza della lingua italiana, la censura di scene in lingua originale era più complicata e si doveva certamente finanziare l’industria cinematografica, all’epoca in via di sviluppo. Ma adesso? È ancora necessario? 
 
 L’Olimpo dei bravi doppiatori è sempre più ristretto. Certo, impossibile pensare a Woody Allen senza la voce di Oreste Lionello o il genio della lampada di Aladdin privato dell’inconfondibile timbro di Gigi Proietti. Per non parlare di Alberto Sordi, che ha cominciato come doppiatore di Ollio. Tuttavia il problema è che i professionisti del doppiaggio  devono essere in primis attori, capaci di reinterpretare emozioni e espressioni di un personaggio. Oggi l'ambiente pullula di VIP, provenienti da tutt'altro campo, che si improvvisano tali ( vedi Belen, Arisa, Micaela Ramazzotti). E l’azienda risparmia. La tendenza attuale è spendere meno a discapito della qualità ; gli stessi addetti ai lavori si lamentano di turni sempre più serrati  e ricorso al lavoro non regolamentato. Luca Ward (voce di Keanu Reeves, Hugh Grant, Russell Crowe, Robert Downey Jr) e tantissimi altri sottolinea come sacrificare la qualità dell’interpretazione in nome  di parametri come quantità e velocità, non ha fatto altro che trasformare l’arte in sfruttamento. 
 
La verità sta nel mezzo? Si tratta di capire quali film vale la pena doppiare o meno? Non lo so. Ma onestamente credo che, se la situazione si rovesciasse, ovvero se cominciassero a circolare solo film  in lingua originale, gli italiani non protestebbero. Probabilmente dopo un po’ l’abitudine avrebbe la meglio. 
 
Un esercito di cultori ormai va raramente al cinema solo perché è stufo di vedere attori fuori sincro , con la stessa passione di un bradipo stanco. Meglio scaricare in versione originale e vedere il film ancora prima che esca nelle sale. Tanto di cappello ad alcuni mostri di bravura, ma forse, da una decisione del genere, non si avrebbero più vantaggi che svantaggi? 
 
 
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