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E se volessi visitare la sede di Google?

Big G colpisce ancora.

Sede_GoogleGoogle per il terzo anno consecutivo si conferma la migliore azienda del mondo in cui lavorare
La ricerca è stata realizzata intervistando oltre 6.600 società in tutto il mondo, dalla fine del 2014 alla metà del 2015. Nella lista dei big numerose le aziende di information technology. Tra le prime venticinque anche NetApp, Emc, Microsoft, Autodesk, Cisco, Cadence. 
 
Il successo del gigante di Silicon Valley ha incuriosito  molti comuni mortali. Il web è  invaso di utenti  ansiosi di capire cosa ci sia di tanto speciale e che chiedono delucidazioni su come visitare il castello di cristallo californiano. 
 

Ahimè, esistono solo due modi per entrare nella sede dell’azienda 

Google

Essere assunti o avere un amico che ci lavora!

Cari nerd e curiosoni, mi dispiace per voi, a meno che  non conosciate un googler (così vengono chiamati i dipendenti) potrete ammirare la “gabbia dorata”  solo da lontano. I tour organizzati non prevedono visite interne; tuttavia noleggiando un’automobile si può percorrere la Sand Hill Road, una delle arterie principali della valle. Da questa strada si attraversa  Palo Alto, sede di Xerox Parc ( luogo dove nacque il mouse) e Facebook.  Qui si trova anche l’Università di Stanford, dove studiarono Brin e page, creatori di Google. In giro per Internet trovi testimonianze di chi c’è stato, che svela piccoli segreti.  Ammirare più da vicino il Googleplex è possibile: esiste infatti un piccolo parco pubblico da dove la vista è sicuramente migliore. Per ammirare la sede Apple bisogna invece arrivare a Cupertino, all’indirizzo Infinite Loope Street. Compagnie come Airshipventures consentono di fare un giro in dirigibile sull’intera valle.
 

Per chi non si accontenta facilmente

Google

Curiosando su Internet si scovano racconti di chi è riuscito a attraversare le barriere grazie a qualche caritatevole conoscenza.
  
Leggenda narra che il campus di Google possa essere assimilato a un piccolo villaggio. 
Ciascun dipendente ha a disposizione mini bar, uno spillatore di birra  insieme a servizi di lavanderia, cambio dell’olio e parrucchiere. Per non parlare di caffè e snack gratis no stop, sparsi nelle caffetterie di tutto il campus, e ristoranti che hanno menu di qualsiasi tipo di cucina, dalla vegana alla thailandese. 
Addirittura esistono i Google alveari, con miele di produzione locale.
 
Per chi invece volesse schiacciare un pisolino ci sono sdraio e amache su prenotazione. Se, nonostante i comfort, qualcuno si dovesse sentire stressato l’azienda dispone di  aree  relax e massaggi. 
 
Voglia di sgranchirsi le gambe? 
I googlers  fanno attività fisica in campi da tennis, piscine e  palestre. Se non si ha voglia di fare brain storming nel chiuso di un ufficio c’è possibilità di fare una sorta di risciò meeting, in cui si discute mentre tutti pedalano. Inoltre in giro per il campus si trovano  le Google bikes, che ciascun dipendente può utilizzare per raggiungere qualsiasi punto dell'azienda, lasciandole successivamente negli spazi appositi. Chi ama la danza potrà invece  fare lezioni di ballo di qualsiasi tipo, dalla salsa all’hip hop. 
 
 
La vera chicca dell’azienda però sono i bagni. 
Non solo sono provvisti di tavoletta riscaldata ma, ebbene sì, vi fanno pure il bidet. 
Io nel dubbio, un’occhiata alle posizioni vacanti la darei…
 
Irene
Blogger googlatissima
 

 
 

 

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Prostituzione: un bella camera e un copriletto pulito non cambiano nulla

Le mimose,  i complimenti alla nostra bellezza o alla nostra forza, i messaggi mielosi delle amiche.
Per molte di noi la Giornata Internazionale della donna è un’ occasione come un'altra per godere di  qualche attenzione in più. Proprio oggi però sento il bisogno di concentrarmi su un fenomeno su cui molto è stato detto: la prostituzione femminile, che in un giorno e in un periodo come questo calza a pennello .
 
Si parla tanto di diritti e  valore della donna in quanto essere pensante, con una dignità, a cui si deve rispetto in primis in quanto persona. Al di là di ogni pregiudizio mi sembra difficile riuscire a pensare alla prostituzione come un lavoro uguale agli altri. Provo un profonda indignazione mescolata ad amarezza nello scoprire che esistono siti in cui puoi scegliere una donna come fosse un prodotto per la casa. Siti come escortforumxxx.it o Spelndidecreature,  dove non solo si può indicare etnia, età e zona di provenienza, ma addirittura coppa di reggiseno, lunghezza dei capelli e colore degli occhi. La più bieca mercificazione insomma.
 
Ci sarà pure qualcuna contenta di esercitare il mestiere più vecchio del mondo. Ma anche nei  luoghi dove la prostituzione è legale, come l’Australia occidentale, i clienti trattano le donne come se fossero all’interno di un negozio di giocattoli, in cerca di una Barbie bionda o bruna.  Né le ragazze che ci lavorano ne vanno orgogliose. Qualche tempo fa ci fu una protesta  social di un gruppo di prostitute australiane che sostenevano di essere persone come tutte le altre, e per dimostrarlo postavano foto della loro vita normale. Allora perché nascondere il volto se ne vai tanto fiera?
 
È pur vero che esiste l'altra faccia della medaglia: il guadagno facile. In una settimana, secondo un’inchiesta fatta nel bordello australiano Langtrees, una prostituta “normale”, cioè non fra le più richieste, può guadagnare 7000 dollari. Spesso è il bisogno a spingere . Alina ad esempio lavorava come commessa, guadagnando solo 20 dollari all’ora nel negozio di Christian Dior. Ma quando il suo compagno l’ha lasciata a dover crescere il loro figlio da sola, ha iniziato a faticare e ha dovuto chiedere il sussidio: «Mi sentivo come una mendicante». Ora le cose sono diverse: va in vacanza, si compra cose di lusso e, quando non è via al Langtrees, passa del tempo con la sua famiglia a Sydney. Tutto questo è arrivato però dopo molti sacrifici: Alina ricorda di essere stata messa alle strette da un tizio strafatto, che era appena uscito di prigione, e  aveva provato a obbligarla a fare sesso senza preservativo. «Era uno stupro» dice. Ma questo non l’ha scoraggiata: «Vai a casa con 1.000 dollari in una mano e passi una buona serata. Perché no?».
 
«Vorrei concludere con una testimonianza di una ex prostituta, che, anche su Internet, ha preferito rimanere anonima. 
Quando ti prostituisci l’anormale diventa normale. Il sesso diventa banale come fare una tazza di tè. Tutti i confini che avevo dato per scontati sono stati demoliti ,come la capacità di controllare cosa succedeva al mio corpo e il diritto di dire di no. Gli obiettivi cambiano e il mio era la sopravvivenza. Ho fatto quello che dovevo fare: ho sorriso quando ho dovuto, massaggiando ego così come molte altre cose. Ho iniziato a lavorare in un bordello, pensando che questo mi avrebbe tenuta al sicuro. Non è stato così. Non è possibile esercitare la prostituzione al sicuro. Una bella camera e un copriletto pulito non cambiano nulla. La violenza e l’odio fanno parte della transazione: se i clienti ti rispettassero non ti userebbero.  Puzzavo di alcol, ero chiaramente un’alcolista. Ma gli acquirenti guardavano oltre, aggrappandosi alla fantasia che la consegna del denaro rendesse tutto OK. Noi ‘ragazze’ eravamo solo qualcosa da acquistare, utilizzare e poi gettare via.»
 
Irene
 
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Come eravamo: la vita prima di Facebook

Notifiche, richieste di amicizia, post su post. 
Oggi i ritmi quotidiani  sono scanditi da Big F, il gigante di Silicon Valley. Inutile resistere, prima o poi cadiamo tutti nelle grinfie di Facebook. Ma chi non appartiene alla schiera dei nativi digitali, ricorda com’era la vita prima della diffusione del social network più famoso del mondo? Ecco alcuni esempi di come sono cambiate le nostre abitudini. 
 
Quel tram chiamato desiderio:
Tutto era meno accessibile. Però, una volta arrivati all’obiettivo, che soddisfazione! Quanti gradi vi separavano dal vostro giornalista, scrittore, attore preferito? Sicuramente molti più di adesso. La semplicità di comunicazione azzera la fantasia. Come dimenticare l’amico di penna o le lettere spedite all' indirizzo del cantante del cuore, nella trepidante attesa di una risposta su carta?
 
Responsabilità, questa sconosciuta
 
Prima dell’esplosione social, l’unico modo per discutere con qualcuno era faccia a faccia, al massimo al telefono. Ma anche lì, c’erano sempre mamma e papà che ti sgridavano per le cifre in bolletta o fratello e sorella in coda. Facebook e simili sono oggi il regno degli opinionisti improvvisati, nonché della felicità esibita a tutti i costi. Come in un film, puoi mostrare una realtà fittizia. dove non esistono tristezza nè tempi morti. 
 
English is better
Caro italiano, prima di imparare termini aberranti come postare, taggare, twittare, loggare ti eravamo molto più affezionati. E poi l’Accademia della Crusca pensa a petaloso. 
 
La festa delle medie
Laura? Matteo? Giangiorgio? E chi erano? Prima dei social anche i compagni di scuola diventavano un lontano ricordo. Oggi ci arrivano richieste di amicizia anche da persone a cui ai tempi del liceo avremmo volentieri messo le puntine sulla sedia. Costringendoti a tristi riunioni in cui ripensi con amarezza all'acne giovanile e scopri che il figo della classe è diventato un irrecuperabile panzone.
 
Memento
 
Alzi la mano chi di voi non sbircia la home di Facebook per verificare la data di compleanno di amici e parenti. Stesso discorso per rubrica e numeri di telefono. Una volta era  il nostro cervello la migliore agenda, o al massimo  gli insuperabili post-it.
 
 
Opinion leader
I social network danno solo l’illusione della democrazia. Tutti siamo liberi di dire ciò che vogliamo , quando vogliamo. Ma spesso i post sono largamente più simili a un elogio presuntuoso e non richiesto della propria intelligenza. Senza mai ascoltare davvero l’opinione altrui. 
 
Più attività fisica
Quanto tempo perdiamo a scrollare la nostra bacheca? Se davvero verificassimo le ore che passiamo online, il risultato sarebbe impressionante. La stessa quantità di minuti potremmo utilizzarla per i nostri hobby o per fare più sport, senza diventare dei mollaccioni informi. 
 
E voi? Cosa facevate prima che Facebook cambiasse per sempre le nostre vite?
 
 
 
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