Il tempo è denaro.
Questo il concetto base che ha portato alla formazione delle
banche del tempo.
Ma che succede se il meccanismo viene trasferito sul web? Karim Varini e Gabriele Donati, fondatori di Time Republik, hanno dato risposta a questa e molte altre domande. Siamo nel pieno della
sharing economy, in cui spopolano piattaforme come Bla Bla car o Air Bnb, strumenti che garantiscono scambio di conoscenze senza bisogno di denaro.
Ore e competenze sono l’unica forma di retribuzione.
«Time Republik è piuttosto unica nel suo genere, su scala globale ci sono poche piattaforme online di questo tipo » spiega Karim. Esempio di cloud co-working, consente lo scambio di domanda e offerta da remoto. La differenza rispetto alle banche del tempo tradizionali è innanzitutto il target; quelle fisicamente presenti sul territorio sono spesso popolate da persone di una certa età, vicine alla pensione. Time Republik invece raccoglie un’utenza tra i 25 e i 35 anni; ad oggi la piattaforma ha raggiunto i 50. 000 iscritti ed è in continua crescita.
Le competenze messe in gioco sono le più disparate.
Time Republik conta infatti ben
400 categorie, che vanno dal baby sitting al giardinaggio.
Tuttavia le professionalità che popolano maggiormente la piattaforma sono web designer, grafici, traduttori, programmatori e web deveoper, blogger e giornalisti, publisher freelance. Entrare a far parte della community è semplice: basta creare un profilo, geolocalizzarsi e specificare il proprio talento. Nel momento in cui
offri un servizio vieni pagato in unità temporali spendibili, che finiscono nel portafoglio del tempo, quindi riutilizzabili per altre mansioni. Attenzione però! Al momento dell’iscrizione hai a disposizione sul conto solo tre ore, quindi meglio sfruttare da subito i propri talenti.
Altro punto forte di una banca che viaggia sul web è la possibilità di essere valutati in base al servizio che offri. Commenti e apprezzamenti sono spesso diventati veicolo di assunzioni a tempo pieno. « Offrire le proprie competenze diventa una sorta di stage, un banco di prova per cui, anziché essere sfruttato come spesso accade, ricevi del tempo » afferma Varini.
Molte storie di successo sono raccolte sul sito della piattaforma.
Cristel Schächter, studentessa messinese, grazie al concorso
Share & win, indetto da
Time Republik, ha avuto possibilità di trascorrere un weekend a Milano, confrontandosi con le maggiori realtà della
sharing economy. O
Eligio Iannetti, dottorando in Biologia cellulare, da due anni in Olanda, ha scoperto il progetto
Rent a Ph student, sistema che permette scambio di conoscenze tra dottorandi per risolvere problematiche che da soli sembrerebbero insormontabili.
Il tempo è dunque una risorsa preziosa e, elemento non da poco, accessibile a tutti. «Ci piacerebbe che Time Republik venisse utilizzata come strumento per attivare collaborazioni tra persone che altrimenti non potrebbero permetterselo. Basta mettersi a servizio della community. Ci sono poi meccanismi di agevolazione per cui se inviti una persona a diventare utente e questa accetta, guadagni un bonus di trenta minuti. Ciò stimola ad aiutare e farsi aiutare».
C’è di più. Time Republik sta diffondendo un sistema che potrebbe risolvere il problema di molte start-up: trovare le competenze giuste per far partire il proprio progetto, senza dover correggere continuamente il piano finanziario. Come? Attraverso il time-funding. Evoluzione di meccanismi come Kick Starter o IndieGogo, consente a chiunque creda nella tua idea di donarti tempo, spendibile per cercare le risorse necessarie di cui avvalerti. Stefano Zanon e Stefano Bortot, due studenti di Belluno, sono riusciti attraverso questa metodologia a realizzare ClevPay, applicazione che consente i pagamenti tramite Qrcode. «La strategia è andare da chi non ce l’ha fatta tramite le piattaforme tradizionali e dargli una seconda chance ».
Prossimi obiettivi della Repubblica del tempo? Arrivare a 500.000 utenti entro l’estate del 2017. «Stiamo sperimentando strategie di cloud co-working anche all’interno delle aziende, per creare collaborazioni non basate sul denaro, che alimentino le relazioni tra dipendenti ».
Non essere più schiavi dei soldi insomma. Credere che la vera ricchezza si nasconda nelle relazioni umane, partendo dalla condivisione e dal rispetto delle qualità di ognuno. Una sharing economy, adottata non solo come modello economico, ma come stile di vita.
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