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2Houses: divorzio all'italiana (e non solo)

Lezioni di danza, incontri a scuola, weekend con mamma o con papà. 
Gestire una famiglia è già difficile quando si è una coppia, figuriamoci per chi una volta si amava e ora riesce a stento a comunicare.  Forse non cancellerà il passato, ma 2Houses, sito web e app per Ios e Android, potrebbe facilitare la vita di genitori separati e divorziati. Già attiva in 117 Paesi, dà possibilità di aggiornarsi in tempo reale sulla vita dei figli. 
 
Orari della partita di calcetto, pagelle, aumento del numero di scarpe. Ogni genere di informazione viene registrata e aggiornata in tempo reale, così da evitare il classico « Non me l'avevi detto», fonte inesauribile di litigi. A metà tra un'agenda e una banca dati, è possibile inserire nella piattaforma anche nonni, baby sitter e chiunque si occupi della gestione della vita quotidiana tra figli e genitori. 
 
In Inghilterra e Usa esistevano già strumenti simili ( Our family wizard,Two happy homes.com, Cozi.com), in Italia invece è il primo sito del genere. 2Houses nasce grazie all'introduzione di Gill Ruidant, di origine belga, che ha creato la piattaforma spinto da un'esigenza personale: gestire al meglio la custodia del figlio. Risultato? L' app ha avuto un successo tale che ha preso piede anche  anche tra genitori che vivono sotto lo stesso tetto. 
 
La versione italiana ( fino ad oggi l'app era disponibile in inglese, francese e spagnolo), è invece iniziativa di Alfonso Negri, padre separato, esperto di marketing e gengle (fusione tra genitore e single) .  Alfonso era rimasto molto colpito dall'idea, tanto da proporla a Giuditta Pasotto, madre di due figli, separata  e già ideatrice di gengle. it. Il sito riunisce genitori soli che vogliono sostenersi a vicenda nel programmare la vita quotidiana dei figli, creando veri e propri spazi di co-working.  Negri ha individuato in Giuditta la donna giusta per mettere a punto la versione italiana di 2houses. 
 
 La vera forza della piattaforma è l'oggettivizzazione di determinati processi, poiché consente di gestire un gran numero di situazioni senza il rischio di messaggi subliminali. Per  esempio, anche inserire lo scontrino delle spese per il bambino su uno strumento apposito, può risultare meno minaccioso e colpevolizzante di una foto su whatsapp senza alcuna didascalia.
 
 A patto che le ripicche 2.0 non diventino disinstallare l'applicazione.
 
Irene
 
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ASCII ART: entra in Matrix

Vi ricordate quando non esistevano le emoticons e disegnavamo faccine con i caratteri del cellulare?
Non lo sapevamo, ma stavamo creando opere d’arte. L’ASCII (American Standard Code for Information Interchange art), ovvero   immagini create con i 95 simboli speciali della tastiera, è roba da intenditori. La strana tendenza ha avuto origine dalle scarse possibilità grafiche della prima generazione di stampanti. Era impossibile infatti una riproduzione vera e propria, perciò si ricorreva all’uso  di caratteri alfabetici come segni grafici.  All’inizio di ogni stampa era comune inserire una pagina speciale detta banner, contenente  il nome dell’utente-autore in caratteri ASCII. L’operatore poteva così distinguere facilmente a chi apparteneva l’opera. 
 
Dalle vecchie stampanti alla nuova tecnologia l’arte ASCII ne ha fatta di strada. Ci sono videogiochi che possono essere visualizzati in questa modalità o sistemi operativi con driver video che consentono di riprodurre l’output di qualsiasi applicazione in ASCII. Una chicca? Anche le foto che postiamo  ogni giorno su Facebook e Instagram, oltre a essere compresse e ridimensionate, vengono trasformate in codice ASCII. In poche parole diventano una specie di mosaico che utilizza le lettere di codifica dei caratteri. La scoperta è stata twittata qualche giorno fa da Mathias Bynens, appassionato di tecnologia, e sta diventando virale.
 
 Non è ancora chiaro il perché i nostri volti vengano trasformati in codice.  Su Facebook funziona solo con le immagini postate sul profilo  e da desktop. Basta selezionare "Apri immagine" in un’altra finestra e incollarla in un’altra scheda sulla barra degli indirizzi. L'’mportante è che l’Url termini con .jpeg. A questo punto basterà aggiungere .txt o. html in fondo alla stringaper ottenere la nostra immagine “stile Matrix”. Il procedimento su Instagram sembra essere più complesso e funziona con tutte le foto dei profili pubblici. È sufficiente cliccare con il tast destro, selezionare "ispeziona elemento", oppure "visualizza sorgente pagina" e  cercare sempre l’Url con la scritta .jpeg.
 
Un'altra curiosità del mondo nerd è il software open source Cowsay, che genera l’immagine ASCII di una mucca che dispensa perle di saggezza random. Tramite ulteriori parametri può generare anche altri animali. Esistono addirittura concorsi di ASCII art.
 
Il web è una miniera di stranezze e curiosità. Benvenuti nel mondo vero, cari Neo. Benvenuti in Matrix. 
 
 
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Quegli Oscar laccati di bianco

La cerimonia di assegnazione degli Academy Awards si svolgerà il 28 Febbraio al Kodak Theatre di Los Angeles.  
L’atmosfera che precede la premiazione però non è di certo rilassata. Un ampio movimento di protesta che parte dal cuore di Hollywood si sta scagliando contro le nomination sempre più wasp ( epiteto dispregiativo  per i bianchi di origine anglosassone e  di religione protestante). Spike Lee è furioso: « Com’è possibile che per il secondo anno consecutivo  gli attori candidati siano bianchi? Nessuno di colore o di diverse etnie? Non siamo capaci di recitare? ». Il regista afroamericano, indignato, ha dichiarato che non presenzierà alla cerimonia di quest’anno. Anche  Jada Pinkett Smith, moglie del più famoso Will, ha diffuso, tramite un video,il suo appoggio alla causa. La contestazione ha avuto forte eco sui social, con l’hashtag #OscarSoWhite.
 
Come ha risposto la Giuria
L’Academy, investita da un tale tumulto, ha risposto prontamente alle accuse di discriminazione. Cheryl Boone Isaacs, presidentessa dell’associazione ( afroamericana, dettaglio non trascurabile),ha sottolineato la delicatezza dell’argomento, promettendo presto dei cambiamenti.« Nei prossimi giorni, nelle prossime settimane condurremo una revisione del nostro sistema di reclutamento per introdurre la diversità di cui tanto necessitiamo nel gruppo del 2016, e in quelli successivi». E ancora: « Nel 2016 la missione è l’inclusione in tutte le sue sfaccettature: genere, colore della pelle, etnia e orientamento sessuale. Capiamo le preoccupazioni molto reali della nostra comunità». 
 
Accuse fondate?
 

Nonostante le candidature di personaggi/ protagonisti di colore, nessun attore o regista nero è stato messo in lizza. Quest’anno il regista messicano Alejandro Iñàrritu con il suo Revenant è l’unica nota esotica della competizione. Poco tempo fa il Los Angeles Times ha svolto un’inchiesta su chi fossero i membri  dell’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences, organizzazione fondata nel 1927 in California a sostegno del cinema statunitense. L’associazione non aveva mai rivelato l’identità dei propri iscritti; tramite un accurato studio ventiquattro giornalisti hanno scoperto che il giurato medio ha un’età di 66 anni, il 77% è maschio e il 94% di etnia bianca. Registi e attori afroamericani non hanno mica tutti i torti. Peraltro, per far parte della giuria ,si deve ottenere nel corso della propria carriera almeno una nomination alla statuetta dorata, ricevere la raccomandazione di due membri dell’ Academy e guadagnare  l’approvazione del comitato a capo di ogni settore per la partecipazione a un film di successo commerciale o di critica. A voler esser malpensanti, è più facile che membri bianchi eleggano professionisti della stessa etnia. 
 
Obiettivo raggiunto
Sembra che dopo settimane di protesta e attacchi online, l’Academy abbia ceduto, promettendo che entro il 2020 ci sarà non solo un aumento dei membri ( annualmente ne vengono scelti trenta),ma che verrà data una particolare attenzione all’aumento di quote nere e rosa. Nessuno però ha pensato che i candidati potessero essere in lista semplicemente per la loro bravura?
 
 
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