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Mondo smartphone: la sim "dimagrirà" fino a sparire

Sempre più piccoli, smart e ricchi di funzioni.
Il cellulare è l’unico oggetto il cui valore è direttamente proporzionale alla piccolezza. Sembra che nel 2016 i nostri smartphone “dimagriranno” ancora. Apple e Samsung sono in accordi avanzati con Gsma, associazione mondiale per operatori mobili, per introdurre l’e-sim, scheda elettronica gestibile direttamente da software.
 
 Molti operatori  si sono mostrati disponibili a supportare il "cambio di direzione": Vodafone, H3G, AT &T, Orange, Telefonica, Deutsche Telekom, Etisalat. Già quest’anno dunque si potrebbe passare agilmente da un operatore all’altro, evitando interminabili file in negozio.  Ancora non sono chiari i dettagli del funzionamento, ma i vantaggi dell’e-sim sono evidenti. Una volta acceso il dispositivo, un’entità virtuale  ti guida nella scelta di operatore e tariffa, senza doversi procurare materialmente uns scheda ( e quindi evitando spreco di plastica). I benefici  per gli utenti non riguardano  però solo la rapidità di attivazione. Banalmente, quando ci troviamo all’estero, potremmo cambiare operatore con un click, senza imbarazzanti spiegazioni in inglese maccheronico.  E chissà, forse arriveremo a usare non due, ma persino tre operatori sul nostro cellulare ( e addio dual sim).  
 
La virtualizzazione delle schede è una possibilità sempre più concreta.  Google ProjectFi, recente progetto di Big G,  fa navigare preferenzialmente su Wi-Fi e non tramite connessione dati.  Infatti il collegamento avviene via software e il servizio consente di passare con agilità da una rete all’altra, sfruttando la prima Wi-fi disponibile.
 
Cosa ne pensano i principali operatori dell'operazione? Purtroppo al momento nessuna sede italiana si è mostrata d’accordo con il cambio. I Paesi  che hanno aderito al progetto sono solo Inghilterra e USA.  La maggioranza è ostile anche all’utilizzo di dual sim e sicuramente non ama le soluzioni che permettono di “passeggiare” fra un compagnia e l’altra. La conseguenza sarebbe infatti una perdita di profitto, causata dalla consegna all’utente ai Super-big, senza avere più grande capacità di controllo. 
 
Probabilmente alcuni hanno già cominciato a sfruttare l’opportunità per evitare che comincino a spopolare servizi super partes o a vantaggio dei soli produttori. Ulteriore vantaggio sono i costi di realizzazione azzerati, alimentando la diffusione di Internet nei paesi in via di sviluppo, dove è più difficile trovare il materiale per un’industrializzazione di massa. 
 
Il prossimo cellulare lo metteremo forse al dito?
 
Irene
 
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Poker face, il volto dell'inferno sulla terra

C’erano una volta centri scommesse, sale bingo e slot machine.

Il gioco d’azzardo, che sia online o in luoghi appositi, continua a mietere vittime. Molti cominciano a scopo ludico. Che c’è di male a tentare la fortuna ogni tanto? È  il miraggio della ricchezza ad abbindolare. Ma, sotto sotto, c’è qualcosa di più. Le testimonianze di persone che hanno attraversato il tunnel e ne sono uscite hanno un elemento comune: l’insoddisfazione. Il disagio di una vita di risparmi e stenti o semplicemente un malcontento generale nei confronti della propria esistenza. 
 
Vite come quella di  Aldo, operaio originario del Nord barese, che ha cominciato a giocare quando aveva vent’anni. Adesso ne ha quarantacinque e da poco è  riuscito a ricostiruirsi una vita. «Si è convinti di controllare il gioco, ma è il contrario ». Partite su partite, ogni giorno, fino a stordirsi,  fino a non riconoscere più il valore dei soldi. Ha toccato il fondo, delapidando il suo stipendio e non solo; è diventato vittima degli usurai, mentendo a moglie, famiglia e amici. «Ho vissuto a mille con l’illusione del paradiso, mentre era solo l’ascensore per l’inferno». Tra scommesse, gratta e vinci e giochi online è arrivato a spendere fino a trentamila euro in un giorno. «Quando si gioca si accettano anche tutte le umiliazioni. Uscivo con gli amici e chiedevo gli spiccioli per potermi pagare una pizza».
 

Una lenta distruzione

Altra caratteristica condivisa dai malati del gambling è la meticolosità nel distruggersi lentamente. Le partite diventano un secondo lavoro, con orari e modalità precise. Stesso posto, stessa ora, banconota dopo banconota, reale o virtuale che sia. Si è disposti a tutto pur di racimolare quei venti euro che ti consentono di risalire sulla terribile giostra. Concetta, quarantasei anni,  pratica rapporti orali in una nota sala bingo di Napoli pur di raccogliere ciò che perde una volta varcata la soglia del girone. Il “servizio”, in certe serate particolarmente sfortunate, viene ripetuto più di una volta. Basta che il cliente si mostri facoltoso e si avvicini ai bagni. Concetta capisce l’antifona. «Questa è una brutta droga – spiega sconsolata – non giocate, non fate la mia fine. A me, però, piace proprio giocare alle macchinette. Che ci posso fare».
 
Tante le strade che portano alla dipendenza. Superare  le difficoltà economiche, , fuggire dai problemi, la voglia di fare soldi facili. Quest’ultimo motivo ha portato Maurizio, ex giocatore patologico, a spendere tutti i suoi risparmi e chiudere il negozio in cui lavorava.  Ora ne è uscito, grazie all’aiuto della sua famiglia. « Mai più entrerò in una sala giochi. Oggi quando vado in un bar e vedo qualcuno che gioca alle macchinette, mi si stringe il cuore, provo pena e un senso di vergogna».
 

Stato o mafia?

Non è un caso che vicino a centri scommesse e sale bingo fiocchino i compro oro o attività di prestito a persone in difficoltà. Stesso discorso per i banner pubblicitari sui siti di poker online .  Il paradosso italiano  è che lo Stato sovvenziona progetti  per aiutare a uscire dal tunnel, ma permette ugualmente che ogni venti metri si trovino slot machine in bar e tabaccherie.  Per non parlare degli esercizi che ne hanno più di una, nascoste in salette abusive. Un’ipocrisia legalizzata, su cui mafia e camorra lucrano da anni. C’è chi ha creato apposite società per il noleggio delle macchinette, chi impone che debbano essere installate solo in determinate attività e chi riscuote il pizzo tutti i mesi. Alcuni clan quantificano in tempo reale le partite effettuate online, grazie alla centralizzazione delle informazioni su un  server, e calcolano subito il guadagno.
 
Uno dei tanti orrori nascosti sotto il rassicurante velo dello Stato protettore e interessato al cittadino. Tuttavia nulla è perduto. Esistono molti centri di recupero per le patologie legate al gioco, come le Associazioni Giocatori Anonimi, presenti in tutte le regioni italiane. 
 
Testimoniare e capire di non essere soli è importante. È il primo passo per uscire dall’inferno e camminare verso la redenzione. 
 
 
 
 
 
 
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Bocconi e Cattolica: l'università va presa " di petto"!

Stamattina, mentre consumavo la mia colazione e facevo il classico giro su mail e social, una foto ha attirato la mia attenzione. Un seno con in bella vista la scritta Bocconi. Sono rimasta con il cucchiaio a mezz’aria e i cereali che tornavano a fare il bagno nel latte. La domanda è: perché tu, giovane e promettente mente dell’Università italiana, fai tutto ciò? Proseguendo nella gallery ho scoperto che la famosa istituzione milanese non era l’unica “fortunata” a sbucare dai reggiseni di procaci pulzelle. Nella lista erano comprese anche Statale, Cattolica, Politecnico e Bicocca. 
 
Una volta il nome dell’università lo trovavi su carta stampata o a troneggiare su targhe e stendardi. Ora viene esposto sui…balconcini. Sicuramente le studentesse di economia e marketing hanno dimostrato di aver appreso la lezione: niente infatti fa più presa di décolleté e lato B. La sfida sembra abbia radici lontane, prendendo piede dal famoso hashtag #escile, tormentone di un po’ di tempo fa dedicato alla modella Emily Ratajkowski. Il filone è poi continuato fino ad approdare alle pagine Spotted Bocconi Milano e Spotted Polimi. Le pagine sono ritrovi virtuali non ufficiali delle varie facoltà in cui si cerca di rincontrare la ragazza carina vista in biblioteca o il tipo di Giurisprudenza che vi ha offerto il  caffè al distributore. Francesco ( il cognome rimane sconosciuto), amministratore della pagina, ha lanciato la sfida e in poco tempo ecco comparire sulle bacheche del popolo Facebook tali sublimi visioni. I commenti della tribù maschile non hanno tardato ad arrivare, inneggiando alla piacevole pausa studio. 
 
Le opinioni sull’argomento sono contrastanti. C’è chi ha accolto il nuovo trend con ironia e chi  si è mostrato indignato. Qualcuno ha persino urlato a femminismo e mercificazione del corpo femminile.  Affermazione che è stata prontamente smentita  dall’invito ai maschietti a far lo stesso. La sfida, neanche a dirlo, è stata subito accettata. Così, accanto al catalogo homemade di Yamamay ecco spuntare pettorali, glutei e addominali del viril sesso.
 
Vorrei sapere cosa ne pensano rettori e professori di questa storia. A me sembra l’ennesima moda destinata a esaurirsi nell’arco di due giorni.  D’altronde si sa, Facebook e simili non sono mai stati il regno di eleganza e buon gusto. Sarà un messaggio cifrato per dire che l’università italiana è una presa per…i fondelli? 
 
Irene
 
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