We are Social. Be social ☮
I giovani italiani sono da tempo abituati a queste frasi, moniti si ripetono mentalmente appena messo piede fuori dall’università. Anche Dario Anelli la pensava così. Fin quando non ha fatto le valigie per vivere a AguaCalientes, Messico.
Ci sono momenti nella vita in cui sembra sia la destinazione a sceglierci e non il contrario . E così è stato per questo tecnico forestale veronese, che ha scoperto l’America ( latina) grazie al Servizio civile. Come molti, per non restare inattivo dopo la laurea, ha scelto di dedicare il suo tempo al bene comune, in attesa dell’occasione giusta. Si è reso conto dopo poco che l’occasione era proprio lì, esattamente dove si trovava. Dario sapeva poco inglese, ma lavorava con volontari internazionali e colleghi che avevano vissuto in Bolivia, Madagascar, Brasile, portando avanti progetti di grande impatto sociale. Comincia così a sognare una vita frugale , impiegando il proprio tempo in azioni che potessero davvero fare la differenza. Così quando un gruppo di volontari messicani gli propone di passare tre mesi in terra latino-americana, coglie la palla al balzo.
La gioventù nostrana, come dimostra questa storia, non sempre si sposta perché costretta da precarie condizioni lavorative. A volte è solo la voglia di mettersi alla prova e conoscere altri stili di vita a spingerli. Dario vive a Aguacalientes dal 2012 e oggi racconta la sua esperienza attraverso il blog Dalle foreste messicane. Quattro anni di vita sudamericana gli hanno insegnato molto, sia sull’integrazione con gli autoctoni che sull’essere un italiano espatriato.
I lati positivi del vivere latino sono parecchi. I gringos sorridono spesso e sono più rilassati, nonostante le condizioni economiche e sociali siano peggiori rispetto a quelle del Bel Paese. Affrontano la vita più serenamente e si gustano i piccoli piaceri quotidiani. Ogni cosa però è questione di punti di vista. « Lo stesso atteggiamento può rivelarsi un’arma a doppio taglio durante un colloquio», afferma Dario. I datori di lavoro possono infatti mostrarsi entusiasti anche se non hanno la minima intenzione di assumerti.
La guardia forestale veronese racconta come sia facile fare amicizia con la gente del luogo. Il costo della vita è più basso e quindi è anche meno impegnativo andare a cena fuori o bere qualcosa dopo il lavoro. Sotto questo aspetto anche il blog è stato veicolo di contatti e fonte di nuove conoscenze. « Se sei spinto dal desiderio di socializzare è sufficiente entrare in uno dei tanti café e bar del centro, se ti piace ballare non c'è che da scegliere fra le proposte di musica e di ambiente ».
Tuttavia, nonostante le condizioni sociali favorevoli, dimenticatevi la leggenda del giovane talento che emigra perché il suo genio non viene riconosciuto in patria. Altrove non avviene il miracolo. Cambiare continente infatti non è una passeggiata e ci vuole spirito di sacrificio, pazienza, determinazione. Non sempre trasferimento significa successo.
Il Messico non è la miniera d’oro per chi cerca lavoro, quanto piuttosto una via di fuga per chi è stufo di capitalismo e vita frenetica. Chi pensa di vivere in panciolle guardando i tramonti accanto al suo chioschetto di street food è fuori strada. Chi ce l’ha fatta sono uomini con almeno quindici anni di esperienza nella terra dei sombreros. Gente che sa come muoversi evitando fregature e abbagli. Accanto ai veterani ci sono invece i nuovi espatriati, quelli che si arrabbattano per integrarsi. Professori, impiegati, ragazzi in cerca di un’occupazione. Gente che fa gavetta insomma.
Se trovare il proprio posto non è così semplice, ci sono comunque tante altre cose che il Messico può offrire. Clima mite, giornate di sole, paesaggi incontaminati, gente semplice, fascino di civiltà antiche, sonorità della lingua spagnola. Dario però ha trovato oltreoceano qualcosa di ancora più prezioso: un cambio di mentalità.
Chi cerca sé stesso o chi vuole avere grandi rivelazioni sulla vita, si deve allontanare dal posto in cui è. Libri e film, da On the road a Into the wild, ci insegnano che i veri viaggiatori sono nomadi barbuti che vivono per strada e evitano gli alberghi come la peste. A volte però bastano un divano rosso e un foglio di carta per avere un’epifania. « In un giorno di noia, con la forbice ho ritagliato un poligono da un foglio e l'ho appoggiato su un altro: una forma bianca su una superficie candida; fin qui niente di strano.Ho poi fatto scivolare la forma bianca dal foglio al tavolo di legno e l'ho osservata ancora. Si trattava della stessa forma solo che ora potevo apprezzarne meglio i contorni: erano più definiti, c'era più contrasto. Fu allora che capii come il Messico aveva agito su di me. Sono un italiano che vive fra i messicani; posso percepire tutta la mia italianità con pregi e difetti e questomi arricchisce ».
La più grande lezione imparata in terra latino-americana è che ciò che fai definisce chi sei. Se in Italia non si ottiene qualcosa è sempre colpa di governo, burocrazia, sistema. «In tutto il mondo civilizzato ci sono bollette da pagare, colloqui di lavoro e difficoltà burocratiche. Solo quando accetti che sono parte della vita come il corpo, gli affetti e i sogni allora senti la rivoluzione dentro di te. Ti senti forte anche se vai al lavoro in autobus. Sei un signore anche se ti pagano per ora di lezione senza contratto ».
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Igers, come liberarsi dalla cattiva fotografia sui social
04.01.2016 15:25Selfie, immagini di pranzo, colazione, cena, fotografie in bagno o a letto appena svegli. Tante, forse troppe.
Addio a rullini e proliferare di smartphone hanno dato il via all’impellente bisogno di immortalare qualsiasi cosa. Risultato? Perdita di qualità e importanza del soggetto. Nonostante oggi tutti si improvvisano novelli Cartier Bresson, c’è ancora qualcuno che crede che la fotografia sia un’arte e come tale abbia determinate regole e canoni estetici. Ma soprattutto esistono ferventi sostenitori di una crescita del settore che derivi dal confronto fra diverse professionalità.
Gli igers ( o instagramers) sono in costante aumento. Patiti di fotografia il cui obiettivo è creare realtà locali e stimolare gli utenti a conoscersi personalmente, organizzando incontri e eventi esclusivi dentro e fuori la rete. Si va così oltre la sfera online , creando una sana competizione che alza il livello qualitativo. In Italia ne esistono circa trenta gruppi e da Aprile è nato InstagramersItalia, sito che li raccoglie tutti. La gestione è affidata a Ilaria Barbotti, 28 anni, esperta di comunicazione digitale e social.
I partecipanti condividono immagini di tutti i tipi. Ci sono streetographers, chi pubblica foto di denuncia sociale o semplicemente immortala i propri gatti. Scopo comune è diffondere contenuti di qualità e raggruppare gli appassionati per territorio, coinvolgendoli in attività fotografiche di gruppo. Una piattaforma che regola insomma la smodata condivisione di contenuti, creando identità e suggerendo come sfruttare al meglio le app a disposizione.
Strumenti del genere si fanno spesso veicolo di tendenze curiose, come la fotografia di brand. Chi fa scatti di questo tipo vuole sicuramente ostentare un certo status
sociale, elemento facilmente sfruttabile dalle aziende. Ulteriore trend è creare condivisioni a tema, diffondendole attraverso hashtag particolari. C’è chi gioca con filtri e modi diversi di pubblicare la stessa foto. #Bwcollaboration, per esempio, è l’hashtag che constraddistingue un gruppo di igers che ogni lunedì posta la medesima immagine sviluppata con editing diversi. Oppure ci sono le sfide a tema , come il concorso ai cappelletti più appetitosi, idea natalizia di alcuni ragazzi romagnoli, promossa con l’hashtag #tuttofabrodo. La competizione culinaria ha stimolato iniziative simili anche in gruppi di igers di regioni diverse.
La community ha già organizzato le prime mostre. Le foto vengono stampate da local manager e esposte in location specifiche. La selezione avviene spesso tramite hashtag che definiscono il tema e danno il via alla sfida. Successivamente si scelgono le immagini migliori.
Non sempre cìò che nasce sul web è destinato a rimanere nei suoi confini. La rete può diventare veicolo di comunicazione interpersonale e crescita del settore.
In un mondo dominato dall' amatoriale, potremmo forse riscoprirci esteti?
Irene
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In Iran la gentilezza passa attraverso i muri
29.12.2015 13:08
Il vero spirito delle Feste, nonostante ci troviamo nell'era del consumismo, non è morto. In giro per il mondo esistono ancora animi nobili che pensano a chi non solo non può permettersi regali, ma nemmeno ha la sicurezza di un pasto al giorno.
In Iran la soglia di povertà è in costante aumento. Si parla solo a Teheran di 15mila senzatetto, di cui un terzo donne. Così per le vie di Mashad, cittadina a Nord-Est della regione medio-orientale, hanno cominciato a apparire muri colorati, ribattezzati wall of kindness. Una scritta in persiano riassume chiaramente la loro funzione: "Se non ne hai bisogno lascialo, se ne hai bisogno prendilo”. Chiunque può portare in questi spazi vestiti, scarpe, beni di prima necessità. Autore dell'iniziativa? Ha scelto di rimanere anonimo, proprio per non privare il muro della gentilezza della sua funzione solidale, rifuggendo qualsiasi merito personale.
Grazie ai social e alla potenza della rete l'iniziativa si è diffusa molto rapidamente. In poco tempo un arcobaleno di walls of kindess ha colorato le città medio-orientali.
Evidentemente i muri non sempre servono a dividere, ma possono essere anche strumento di pace.
Irene
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