Dove finiscono le parole, inizia la musica.
Così scriveva Heine, poeta romantico tedesco. Le canzoni sono infatti fedeli compagne delle nostre giornate, la più profonda espressione delle emozioni. Raccontano amore, indignazione, dolore, coraggio. I suoni dicono ciò che la lingua non osa.

Un luogo aperto a tutti i generi, democratico, libero. E quindi per i fondamentalisti haram, proibito. Sacrilego dunque anche il
denaro guadagnato con quegli spettacoli, immorali gli ebrei gestori del teatro francese. Nella sharia, legge islamica, la musica è vietata perché distoglie dalla preghiera. Chiunque dedichi tempo all’ascolto di qualsiasi melodia che non siano canti religiosi, verrà reso sordo da Allah stesso, con del piombo fuso nelle orecchie. Figuratevi se questo genere è il metal, considerato persino dagli occidentali più bigotti un’istigazione al male e alla violenza. Le sonorità heavy hanno invece salvato la vita di molti adolescenti. Lou Reed e Jim Morrison le consideravano una fuga dalla morale borghese, per i Nirvana erano la liberazione dal dolore e dalla sofferenza. Ma anche ribellione a ciò che veniva imposto, ai dogmi, alle regole incomprensibili e astruse.


Numerose star a livello mondiale hanno reso omaggio alle vittime di Parigi. Dai Foo Fighters, ai Coldplay, a Morrisey, tutti hanno abbracciato il silenzio di voci e strumenti per qualche giorno. Ma l’onda non si arresta. Le note rock, punk e metal continuano a sfidare l’autorità, come hanno sempre fatto. Gli stessi Eagles a luglio suoneranno a Tel Aviv.
Michael Muhammad Knight, giovane convertito all’Islam che ha girato il documentario Taqwacore: The Birth of Punk Islam, dichiara: «il profeta Maometto parlava solamente di distruggere gli idoli: cosa c’è di più punk rock di questo? ».
La potenza della musica per alleviare il dolore: il pianista che suona per le vittime del Bataclan...guarda il video:
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